Giustamente, il nostro
Paese ha aderito all’Accordo di Kyoto, assumendo
importanti impegni. Nonostante ciò, se
il settore industriale ha ridotto progressivamente
la propria intensità energetica, lo stesso
non si può dire per il settore civile e soprattutto
dei trasporti.
Lo sviluppo e l’innovazione tecnologica stanno
recitando, per contro, una parte molto importante
e la possibilità di mettere in pratica politiche
di efficienza energetica sono molto concrete.
Riferendosi al settore civile oggetto di questo
articolo, materiali, tecnologie, sistemi e componenti
migliorano le prestazioni proprie ed indotte
così da migliorare anche quelle del sistema
edificio-impianto.
L’indicatore energetico
In termini di intensità energetica (energia consumata
per produrre una unità di Prodotto
Interno Lordo), l’Italia appare un paese virtuoso.
La nostra intensità energetica (meno di 0,2 kg
equivalenti di petrolio per ogni euro prodotto) è
la più bassa fra i paesi sviluppati, pari a metà di
quella degli USA.
Il miglioramento nel civile (residenziale e terziario),
è soprattutto apparente. C’è da considerare
che tutti i consumi energetici negli usi finali di
energia vengono sommati alla pari: un kWh
(kilowatt ora) elettrico consumato dagli elettrodomestici
conta quanto un kWh termico ottenuto
bruciando gas nella caldaia domestica. In
realtà i consumi in termini primari, e quindi l’inquinamento
globale prodotto, dipendono dai
rendimenti di produzione e distribuzione dei
diversi vettori energetici.
Per esempio, per il
metano che viene usato nell’edificio (p. es. nella
caldaia per il riscaldamento) tale rendimento si
aggira sul 90%, ma per l’energia elettrica non
supera il 30%. Il mix dei vettori energetici usati
nel civile ha avuto una forte evoluzione temporale
nell’ultimo trentennio. La percentuale di
elettricità, dell’11% nel 1971, è passata al 26%
nel 2000, quando la diffusione dei condizionatori
elettrici stava solo iniziando.
L’uso dell’energia rappresenta uno degli indicatori
primari per valutare il miglioramento energetico, ambientale e funzionale del Sistema
edificio/impianto/utenza/clima, sia perché è
direttamente correlato all’ottimizzazione del
sistema stesso, sia perché molti degli impatti
ambientali derivano da usi energetici.
Il consumo dell’ambiente, alla pari di quello
energetico, va annoverato nella categoria degli
insostenibili.
Per rimanere nel settore civile possiamo
pensare alla produzione dei rifiuti non
riutilizzati o alla spoliazione dei materiali di cava.
I consumi di energia di origine fossile (petrolio,
gas, carbone), oltre a consumare una risorsa esauribile
producono, secondo la quasi totalità degli
esperti, danni ambientali forse irreversibili attraverso
il meccanismo dell’effetto serra.
Un fattore di criticità nel settore degli edifici è
rappresentato da una crescente e non governata
diffusione del condizionamento estivo realizzato
con macchine a compressore elettrico in edifici
abitativi il cui involucro è privo di isolamento
termico. Realisticamente, un programma nazionale
minimo nella direzione della sostenibilità
deve prevedere interventi massicci in ambedue i
settori.
Da non sottovalutare, in questa ottica, il fenomeno
che investe la riqualificazione degli edifici,
dal punto di vista architettonico, impiantistico
ed energetico-ambientale, che rappresenta più
dell’80% del mercato e che necessita di maggiori
attenzioni per adeguarlo alle nuove esigenze di
comfort e qualità della vita.
Un processo importante e faticoso per il nostro
Paese, che recependo la Direttiva 2002/92/CE
sull’efficienza energetica degli edifici ha promosso
il DLgs.192/05 e smi, con cui si sta avviando
il processo di certificazione energetica degli edifici,
anche se solo indirizzata sui consumi energetici
per il condizionamento invernale e sulle
prestazioni dell’involucro.
Case e famiglie
Un problema spesso sottovalutato è quello delle
trasformazioni socio-economiche della società. Il
numero delle famiglie aumenta con un tasso
annuo dell’1% e contemporaneamente diminuisce
il numero medio dei membri che le compongono,
ma aumenta l’esigenza della superficie
utile dell’alloggio. Aumenta anche l’età media
della popolazione. Oggi gli ultrasessantacinquenni
sono un italiano su cinque e fra trent’anni
saranno uno su tre. Le esigenze e la
domanda di comfort e sicurezza si diversificano.
Oggi le famiglie italiane sono quasi 21 milioni
ed hanno a disposizione circa 27,5 milioni di
abitazioni di cui circa 9 milioni mono o bifamiliari.
Fra queste abitazioni, circa 17,5 milioni
sono di costruzione anteriore al 1973, e quindi
sono state progettate senza attenzione ai problemi
energetici e con bassa qualità.
Ne deriva che,
in termini primari, cioè con riferimento ai 190 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti
di petrolio, al 2005) che rappresentano
il fabbisogno nazionale, la gestione
del civile è responsabile di oltre 70
Mtep. Tale quantità sta aumentando
con un tasso annuo del 2%, mentre il
totale nazionale aumenta con un tasso
dell’1%. E’ ovvio pensare ad ulteriori
aumenti, elettrici e primari, legati alla
diffusione dei condizionatori per il raffrescamento
estivo.
Il tema del riscaldamento invernale,
regolato prima dalla L. 373/76 e poi
dalla successiva L. 10/91 e decreti ad
essa collegate, trova una sua “evoluzione”
nel DLgs 192/05. Si tratta di leggi
valide ma con molte ombre: la L. 10/91
è in gran parte inapplicata in quanto
non sono stati emessi molti dei regolamenti
di attuazione, e soprattutto 2/3
del parco edilizio è rappresentato da edifici
realizzati prima dell’entrata in vigore
di queste leggi, ed il 192/05 trova difficoltà
di attuazione per motivi che
riguardano aspetti istituzionali e tecnici.
Il riscaldamento è ancora il maggiore
consumo energetico del civile (61% del
totale degli usi finali nel residenziale).
Ognuna dei circa 16 milioni di unità abitative
dotate di impianto fisso di riscaldamento
consuma in media una tonnellata
di petrolio all’anno per questa funzione.
Si tratta di una media fra valori molto
diversi, in buona misura proporzionali
ai gradi-giorni delle località. Si è valutato
che in cinque anni si consuma, per
il solo riscaldamento nelle case, una
quantità di energia pari a quella necessaria
per la costruzione dell’unità abitativa.
Gli anni scendono a tre considerando
anche gli altri consumi.
Gli sprechi nell’illuminazione, valutabili
nel 20% dei consumi relativi, corrispondono
ad un risparmio potenziale
di 2 Mtep primari. Il condizionamento
estivo, sempre più diffuso, e non governato,
può da solo mettere in crisi la
sostenibilità del settore civile e la capacità
della rete nazionale di fornire energia
elettrica agli utenti.
Criticità e prospettive
L’edificio è parte di un sistema complesso
che si può chiamare edificioimpianto-
utente-clima-territorio.
Raramente il sistema viene considerato
e progettato in tutti i suoi componenti.
L’attuale tendenza di mercato di attività
integrate di valorizzazione, gestione
e manutenzione costituisce un modesto
passo avanti nella giusta direzione,
purché una delle parole chiave sia
sostenibilità.
Fra l’edificio e l’ambiente urbano nel
quale è situato esistono flussi di materia
ed energia. L’attuale deriva climatica
verso temperature maggiori, insieme
alle più frequenti tipologie di arredo
urbano, che favoriscono l’assorbimento
della radiazione solare (asfalti,
coperture, facciate, ventilazione ostacolata)
producono temperature urbane
di diversi gradi più alte che nel territorio
aperto, fino ad arrivare all’isola di
calore.
Il fenomeno viene esaltato dagli
scarichi di calore dei condizionatori
che immettono nell’ambiente urbano
sia il calore estratto dagli edifici che l’energia
necessaria al funzionamento
della macchina, trasformata in calore.
Il microclima urbano e quello interno
agli edifici si influenzano a vicenda nel
modo peggiore. Da ciò l’esigenza che
ogni azione di risanamento sia il più
possibile integrata.
Come da molte parti ribadito l’involucro
costituisce il grande problema del
parco edilizio esistente, per le carenze
di sistemi di isolamento termico adeguati.
Anche, ma non solo, per l’inevitabile
ulteriore diffusione della climatizzazione
estiva, va ricordato l’effetto
che ha la massa termica interna all’involucro
nello smussare i picchi di temperatura,
migliorando il comfort e
quindi attenuando la domanda di condizionamento.
Pertanto la progettazione
deve curare sia l’involucro che la
massa termica, utilizzando tecnologie e
materiali eco-compatibili e disponibili,
moderni o tradizionali. I serramenti e
le vetrature, la cui sostituzione è molto
agevole, vanno particolarmente promossi
in quanto veicoli di potenziali
elevate dispersioni ed anche per i problemi
acustici in ambito urbano.
Vanno incentivate caratterizzazioni e classificazioni dei prodotti, come già si
fa all’estero, per orientare le scelte di
progettisti e utenti che attualmente
vengono fatte secondo criteri estetici
anziché energetici.
Malgrado incentivazioni di vario tipo,
intense campagne promozionali e indiscutibili
vantaggi energetici, il mercato
delle fonti rinnovabili per l’edilizia
occupa uno spazio inadeguato nel
nostro Paese.
Il massimo sforzo va esercitato, in un
Paese come l’Italia, per aumentare la diffusione
di queste fonti energetiche, integrate
nell’edilizia e negli spazi urbani,
vera risorsa per l’efficienza energetica.
Queste fonti si inseriscono bene in un
futuro scenario di generazione di energia
distribuita sul territorio che permetterà
riduzioni di sprechi, recuperi ed
autosufficienza locale.
I decreti di promozione dell’efficienza
energetica del 24 aprile 2001 del
Ministero delle Attività Produttive ed i
successivi disposti di cui alla G.U. 8
ottobre 2003, rappresentano un importante
iniziativa per il risparmio energetico.
I titoli di efficienza energetica,
classificati al Titolo IV art.17 delle
Linee Guida - All. A, sono un incentivo
che potrà portare al conseguimento di
obiettivi di risparmio energetico molto
significativi.
Di seguito si elencano le
tecnologie e gli interventi che trovano
maggior applicazione per il raggiungimento
di questi obiettivi.
• La cogenerazione (produzione combinata
di elettricità e calore) e la trigenerazione
(elettricità, caldo e
freddo) saranno tecnologie molto
utilizzate.
• L’illuminazione, artificiale e mista,
ha fruito nell’ultimo decennio dell’importante
innovazione delle CFL
(lampade a fluorescenza compatte)
e stanno per penetrare nel settore
dei sistemi di controllo e gestione
automatici. Le CFL non sono ancora
abbastanza diffuse per l’elevato
costo, peraltro compensato dalla
lunga vita, ma l’unione delle due
innovazioni promette risparmi fino
al 30% dell’energia elettrica spesa
nell’illuminazione.
• L’innovazione dei generatori di
calore (caldaie) si è sviluppata nell’ultimo
ventennio, alla ricerca di
rendimenti sempre più alti. Si è
imposto il concetto di rendimento
stagionale che ha portato a una
riduzione della potenza media degli
impianti. Si vieta l’uso della medesima
caldaia per produrre riscaldamento
ed acqua calda per il sovradimensionamento
che ne deriverebbe.
Si sono affermate tecnologie
nuove come i sistemi a condensazione,
quelli a temperatura scorrevole,
quelli modulari. Si può dire
che il parco caldaie italiano abbia
mediamente un discreto rendimento,
anche grazie alle sostituzioni, e
comunque gli sprechi di energia
derivano più dagli involucri e dalla
gestione. La sostituzione del gasolio
con il gas ha ridotto drasticamente
la polluzione di inquinanti dannosi
per la salute e, in misura minore,
anche le emissioni di CO2. La gestione “intelligente” introdurrà
altri miglioramenti. Va ribadito che un
rendimento globale di combustione
più alto si avrebbe da una produzione
di calore centralizzata con contabilizzazione
del calore individuale anziché
dalle caldaiette autonome. Soluzione
corretta che il DLgs 192/05 richiede per
le nuove costruzioni.
Il condizionatore ha il compito di ritrattare
l’aria dell’ambiente abitato e quella
proveniente dall’esterno riducendone
la temperatura e l’umidità. L’aria esterna
estiva contiene un forte quantitativo
di vapor d’acqua che va eliminato per
evitare che, abbassando la temperatura
dell’aria si creino condizioni di discomfort
per eccesso di umidità relativa.
Appare evidente l’assurdità di utilizzare
condizionatori portatili usando l’anta
socchiusa della finestra per il passaggio
del tubo che scarica il calore all’esterno.
Attraverso lo spazio comunicante
con l’esterno entra aria calda ed umida
che vanifica l’azione dell’apparecchio.
Viene usata pregiata energia elettrica
con ingenti costi energetici primari.
Analogamente, è assurdo condizionare
un edificio se le dispersioni termiche
attraverso l’involucro sono eccessive.
Cominciano ad essere presenti sul mercato
le macchine ad assorbimento il cui
funzionamento – una pompa di calore –
è basato su un ciclo termico alimentato
a gas. Il consumo di energia nobile e
l’impatto sul clima sono minori. Non
sono ancora diffuse taglie adatte a normali
abitazioni, ma solo al terziario. Un
ulteriore vantaggio è quello della reversibilità:
la stessa macchina può rinfrescare
la casa d’estate e scaldarla d’inverno,
con elevati rendimenti: 30% di
risparmio di combustibile per il riscaldamento
invernale rispetto alla caldaia
tradizionale.
Anche le macchine a
compressore elettrico dette split (a due
corpi, uno interno, l’altro esterno) possono
realizzare la stessa funzione.
Anche sulla distribuzione dei fluidi caldi
e freddi si possono realizzare miglioramenti.
Stanno tornando di moda, dopo
la soluzione di alcuni problemi, i sistemi
di distribuzione a bassa differenza di
temperatura (pavimento radiante) che
economizzano energia nobile.
La maggiore innovazione nell’edilizia
del 2000 si chiama genericamente casa
intelligente e prende i nomi più precisi
di domotica nella versione per il residenziale
e di sistema di automazione
d’edificio per il terziario. Nell’edificio
sono integrati sensori, attuatori ed un
sistema intelligente (microprocessore)
che controlla tutte le funzioni dell’edificio,
ed in particolare quelle energetiche,
ottimizzandole. Sono possibili risparmi
di energia fino al 25% e ne deriva un
miglioramento generale della qualità
della vita interna, importante per alcune
categorie deboli (anziani). Questa innovazione
risponde molto bene alle crescenti
esigenze di qualità dell’abitare.
Sulla ventilazione esistono severe prescrizioni
mai osservate in pratica,
soprattutto nel residenziale. La ventilazione
è necessaria per il rispetto della
qualità dell’aria interna (IAQ), potenzialmente
inquinata da agenti nocivi o
sgradevoli. E’ nota una sindrome dell’edificio
malato. Un edificio ventilato a
norma consuma per il riscaldamento il
15% di energia in più di un edificio realizzato
secondo i criteri del risparmio
energetico, se questo è sigillato. In pratica,
i ricambi d’aria sono affidati alle
imperfezioni dei serramenti. La domotica
potrebbe efficacemente gestire la
ventilazione automatica controllata.
La certificazione energetica degli
edifici
L’evolversi del quadro di riferimento
tecnologico nel settore e la scarsa applicazione
delle nuove tecnologie sono
stati i punti di riferimento per l’emanazione
della Direttiva Europea 91 del
2002, nota anche come EPBD, sul contenimento
dei consumi energetici negli
edifici. L’idea alla base della direttiva era
quella di migliorare le prestazioni energetiche
degli edifici attraverso la valutazione
globale dei consumi (riscaldamento,
climatizzazione estiva, ventilazione,
illuminazione, uso di fonti rinnovabili)
ed il processo di certificazione
energetica degli edifici stessi.
Gli stati membri hanno implementato, ovvero stanno implementando, ciascuno
con specificità locali, le indicazioni
della Direttiva.
In Italia, con l’emanazione
del decreto legislativo 192/2005
ed il successivo 311/2006, il Ministero
delle attività produttive si è posto i
seguenti obiettivi:
• il miglioramento dell’efficienza
energetica e la riduzione delle emissioni
inquinanti del settore civile
(residenziale e terziario) che assorbe
oltre il 30% dell’energia utilizzata
dal Paese, orientando le modalità
costruttive verso soluzioni caratterizzate
da elevato risparmio economico
nell’esercizio degli edifici e
degli impianti ad essi associati;
• la minimizzazione ed una più equa
distribuzione degli oneri a carico dei
cittadini;
• un diverso e più equilibrato assetto
dei compiti degli enti locali;
• l’utilizzo, a questo fine, dei meccanismi
di raccordo e cooperazione
tra lo Stato, le Regioni, le Province
autonome e gli Enti locali;
• una maggiore competitività e sviluppo
per le imprese italiane del
comparto.
Il decreto di attuazione della direttiva 2002/91/CE aggiorna la legislazione in
vigore, tenendo conto delle problematiche,
delle difficoltà e dei casi di successo
incontrati in questi anni di attuazione,
dello sviluppo tecnologico nel
frattempo intervenuto, nonché del
mutato quadro dei costi di investimento
ed esercizio correlati al tema energetico
ed ambientale.
In considerazione delle potenzialità
della certificazione energetica degli edifici,
il decreto legislativo 311/06 semplifica
la preesistente normativa (legge
10/91) e modula nel tempo la sua
applicazione, con l’obiettivo di rimuovere
tutti i possibili ostacoli fino ad
oggi incontrati e favorire la crescita culturale
e l’apprezzamento dell’attestato
di “qualità energetica” degli edifici da
parte dei cittadini e degli operatori del
mercato.
Inoltre, consapevoli che risultati significativi
possono essere raggiunti soprattutto
con interventi sugli edifici esistenti,
il provvedimento affianca alle
predette misure alcune disposizioni
immediatamente operative.
Il decreto
legislativo, infatti, impone il rispetto di
specifici parametri e prescrizioni, oltre
che nelle nuove costruzioni, anche
nelle ristrutturazioni degli edifici esistenti,
nel rifacimento degli impianti
termici e nelle sostituzioni dei generatori
di calore, modulando i vincoli e gli
oneri in funzione dell’importanza degli
interventi previsti.
Parallelamente, individuando nella
certificazione energetica degli edifici
un mezzo per valorizzare economicamente,
anche in sede di vendita o locazione,
gli investimenti effettuati dai
proprietari, proprio in occasione della
riqualificazione degli edifici esistenti, il
decreto legislativo promuove una certificazione
energetica su base volontaria,
da realizzare attraverso metodi semplificati
a basso costo.
In sintesi il decreto legislativo:
• fissa livelli di isolamento termico
degli edifici da conseguirsi in sede di
nuova costruzione o ristrutturazione
e quindi a fronte di costi aggiuntivi
molto contenuti rispetto al
risparmio economico conseguibile
dagli utenti;
• promuove l’utilizzo di apparecchiature
a maggior rendimento per gli
impianti nuovi e ristrutturati nonché
per le nuove caldaie installate in
sostituzione delle precedenti,
anche in questo caso con margini di
risparmio economico elevati rispetto
agli extra costi;
• prevede una graduale applicazione
della certificazione energetica degli
edifici: obbligatoria per i nuovi edifici
e per le ristrutturazioni complete
di edifici di notevole dimensione,
e volontaria in tutti gli altri casi;
• consente una razionalizzazione dei
tempi di ispezione, controllo ed
eventuale manutenzione, ai fini dell’efficienza
energetica, di tutti gli
impianti termici esistenti, attraverso
la riduzione degli impegni e lo snellimento
delle procedure burocratiche
a cura degli enti locali e una diversa
tempistica degli adempimenti a carico
dei cittadini, al fine di:
- favorire una più estesa applicazione
della normativa sul territorio e di
conseguenza la crescita della
domanda di manutenzione e di efficienza
complessiva del parco
impianti termici nazionale;
- finalizzare e rendere più efficaci gli
adempimenti ispettivi sugli impianti
di riscaldamento da parte di comuni e province (attraverso un’adeguata
selezione degli impianti
cui, per motivi tecnici, è opportuno
dedicare maggiore attenzione)
anche nella prospettiva di un futuro
ampliamento dei compiti degli enti
locali alla verifica sugli impianti di
climatizzazione estiva e alla certificazione
energetica degli edifici;
- individuare specifiche responsabilità
professionali in merito alla conformità
al progetto delle opere realizzate,
contribuendo a rendere più
efficace il lavoro di accertamento ed
ispezione a carico dei Comuni.
In relazione alla materia, per la quale è
prevista una legislazione concorrente
tra lo Stato e le Regioni, nella stesura
del decreto legislativo 192/05 è stata
posta particolare attenzione al coinvolgimento
di queste amministrazioni,
attraverso la Conferenza Unificata e il
Coordinamento interregionale per l’energia,
per cui oggi, le Regioni e le
Province autonome possono adottare
propri regolamenti specifici all’interno
della cornice tracciata dal decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 192, differenziando
l’applicazione, se lo riterranno
necessario, in relazione alle
diverse caratteristiche, condizioni e
opportunità presenti nei rispettivi
ambiti territoriali.
In particolare si ritiene opportuno sottolineare
che, indipendentemente dai
prossimi decreti attuativi, già oggi sono
operative le seguenti misure:
• nuovi requisiti minimi obbligatori
per il fabbisogno di energia primaria
per il riscaldamento invernale per
tutte le nuove costruzioni e per le
ristrutturazioni complete di edifici
di media-grande dimensione);
• requisiti minimi obbligatori per gli
elementi costruttivi che sono oggetto
di ristrutturazione, anche singolarmente,
(coperture, serramenti, …),
indipendentemente dalla dimensione
degli immobili e dall’importanza
degli interventi. I livelli di qualità
energetica imposti sono comparabili
con quelli degli edifici nuovi (se tutti
gli elementi costruttivi dell’edificio
presentassero tali requisiti la prestazione
energetica sarebbe equivalente
a quella prescritta per l’edificio
nuovo). Questa disposizione va oltre
le indicazioni della direttiva europea
che nel caso di ristrutturazioni prevede
requisiti per i grandi edifici e
per interventi di considerevole entità
(ad esempio quando riguardano
più del 25% della superficie dell’involucro
edilizio). Ad oggi non risulta
che altri paesi europei abbiano
attuato questa estensione, che è
invece presente nel Libro verde della
Comunità europea tra le opportunità
da implementare in un prossimo
aggiornamento della direttiva europea
2002/91.
• stimolo all’installazione di caldaie a
più alta efficienza e a condensazione
(tre e quattro stelle) in tutte le sostituzioni
dei generatori di calore (oltre
un milione di apparecchi all’anno).
E’ infine importante ricordare le attività
poste in essere a vari livelli per lo sviluppo
di strumenti atti a verificare la
prestazione energetica e definire le procedure
di certificazione energetica degli
edifici. Le linee guida del Ministero per
lo Sviluppo Economico, attualmente in
fase di preparazione, forniranno delle
indicazioni su quali strumenti ed in
che contesto utilizzarli.
Vale la pena ricordare, visto l’impatto
che il costruito ha sulle prestazioni energetiche
a scala territoriale, il software
DOCET, sviluppato congiuntamente da
ENEA e ITC-CNR, che definisce una procedura
semplificata di certificazione
energetica su edifici residenziali esistenti.
Conclusioni
Il panorama tecnico e normativo del
settore civile è in piena evoluzione
con la finalità di attuare gli obiettivi
posti a livello nazionale ed internazionale
in tema di efficienza energetica.
L’influenza del parco edilizio esistente
è di gran lunga predominante rispetto
alle nuove edificazioni. Il problema
della riqualificazione energetica è dunque
prioritario. È importante notare
che, per l’entità del problema, il passo
dalla riqualificazione dell’edificio a
quella del tessuto urbano è più breve di
quanto si potrebbe immaginare.
Ampie
porzioni di territorio urbano vivono,
insieme ad altre forme di degrado,
quello energetico ed ambientale.
L’applicazione dei nuovi indirizzi normativi,
insieme all’evoluto quadro di riferimento
tecnologico e ad azioni di supporto
finanziario, consentirebbero il recupero
di vaste aree in tempi limitati.