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Immagine: Titolo Indicatore energia

Il settore civile:
aspetti energetici L’Italia, che comprende l’1% degli abitanti del pianeta, consuma il 2% dell’energia mondiale ed è un paese caratterizzato da una bassa intensità energetica, la minore fra i grandi paesi industrializzati. Il fabbisogno totale annuale di energia è oggi di circa 190 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) ed aumenta di circa l’1% all’anno. Questa considerazione non deve indurre un atteggiamento di trascuratezza nei confronti dei problemi energetici, in quanto l’Italia importa l’84% dell’energia che consuma ed è contemporaneamente un paese ambientalmente fragile.





Giustamente, il nostro Paese ha aderito all’Accordo di Kyoto, assumendo importanti impegni. Nonostante ciò, se il settore industriale ha ridotto progressivamente la propria intensità energetica, lo stesso non si può dire per il settore civile e soprattutto dei trasporti. Lo sviluppo e l’innovazione tecnologica stanno recitando, per contro, una parte molto importante e la possibilità di mettere in pratica politiche di efficienza energetica sono molto concrete. Riferendosi al settore civile oggetto di questo articolo, materiali, tecnologie, sistemi e componenti migliorano le prestazioni proprie ed indotte così da migliorare anche quelle del sistema edificio-impianto.


L’indicatore energetico
In termini di intensità energetica (energia consumata per produrre una unità di Prodotto Interno Lordo), l’Italia appare un paese virtuoso. La nostra intensità energetica (meno di 0,2 kg equivalenti di petrolio per ogni euro prodotto) è la più bassa fra i paesi sviluppati, pari a metà di quella degli USA. Il miglioramento nel civile (residenziale e terziario), è soprattutto apparente. C’è da considerare che tutti i consumi energetici negli usi finali di energia vengono sommati alla pari: un kWh (kilowatt ora) elettrico consumato dagli elettrodomestici conta quanto un kWh termico ottenuto bruciando gas nella caldaia domestica. In realtà i consumi in termini primari, e quindi l’inquinamento globale prodotto, dipendono dai rendimenti di produzione e distribuzione dei diversi vettori energetici.

Per esempio, per il metano che viene usato nell’edificio (p. es. nella caldaia per il riscaldamento) tale rendimento si aggira sul 90%, ma per l’energia elettrica non supera il 30%. Il mix dei vettori energetici usati nel civile ha avuto una forte evoluzione temporale nell’ultimo trentennio. La percentuale di elettricità, dell’11% nel 1971, è passata al 26% nel 2000, quando la diffusione dei condizionatori elettrici stava solo iniziando. L’uso dell’energia rappresenta uno degli indicatori primari per valutare il miglioramento energetico, ambientale e funzionale del Sistema edificio/impianto/utenza/clima, sia perché è direttamente correlato all’ottimizzazione del sistema stesso, sia perché molti degli impatti ambientali derivano da usi energetici. Il consumo dell’ambiente, alla pari di quello energetico, va annoverato nella categoria degli insostenibili.

Per rimanere nel settore civile possiamo pensare alla produzione dei rifiuti non riutilizzati o alla spoliazione dei materiali di cava. I consumi di energia di origine fossile (petrolio, gas, carbone), oltre a consumare una risorsa esauribile producono, secondo la quasi totalità degli esperti, danni ambientali forse irreversibili attraverso il meccanismo dell’effetto serra. Un fattore di criticità nel settore degli edifici è rappresentato da una crescente e non governata diffusione del condizionamento estivo realizzato con macchine a compressore elettrico in edifici abitativi il cui involucro è privo di isolamento termico. Realisticamente, un programma nazionale minimo nella direzione della sostenibilità deve prevedere interventi massicci in ambedue i settori. Da non sottovalutare, in questa ottica, il fenomeno che investe la riqualificazione degli edifici, dal punto di vista architettonico, impiantistico ed energetico-ambientale, che rappresenta più dell’80% del mercato e che necessita di maggiori attenzioni per adeguarlo alle nuove esigenze di comfort e qualità della vita. Un processo importante e faticoso per il nostro Paese, che recependo la Direttiva 2002/92/CE sull’efficienza energetica degli edifici ha promosso il DLgs.192/05 e smi, con cui si sta avviando il processo di certificazione energetica degli edifici, anche se solo indirizzata sui consumi energetici per il condizionamento invernale e sulle prestazioni dell’involucro.

Case e famiglie
Un problema spesso sottovalutato è quello delle trasformazioni socio-economiche della società. Il numero delle famiglie aumenta con un tasso annuo dell’1% e contemporaneamente diminuisce il numero medio dei membri che le compongono, ma aumenta l’esigenza della superficie utile dell’alloggio. Aumenta anche l’età media della popolazione. Oggi gli ultrasessantacinquenni sono un italiano su cinque e fra trent’anni saranno uno su tre. Le esigenze e la domanda di comfort e sicurezza si diversificano. Oggi le famiglie italiane sono quasi 21 milioni ed hanno a disposizione circa 27,5 milioni di abitazioni di cui circa 9 milioni mono o bifamiliari. Fra queste abitazioni, circa 17,5 milioni sono di costruzione anteriore al 1973, e quindi sono state progettate senza attenzione ai problemi energetici e con bassa qualità.

Ne deriva che, in termini primari, cioè con riferimento ai 190 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, al 2005) che rappresentano il fabbisogno nazionale, la gestione del civile è responsabile di oltre 70 Mtep. Tale quantità sta aumentando con un tasso annuo del 2%, mentre il totale nazionale aumenta con un tasso dell’1%. E’ ovvio pensare ad ulteriori aumenti, elettrici e primari, legati alla diffusione dei condizionatori per il raffrescamento estivo. Il tema del riscaldamento invernale, regolato prima dalla L. 373/76 e poi dalla successiva L. 10/91 e decreti ad essa collegate, trova una sua “evoluzione” nel DLgs 192/05. Si tratta di leggi valide ma con molte ombre: la L. 10/91 è in gran parte inapplicata in quanto non sono stati emessi molti dei regolamenti di attuazione, e soprattutto 2/3 del parco edilizio è rappresentato da edifici realizzati prima dell’entrata in vigore di queste leggi, ed il 192/05 trova difficoltà di attuazione per motivi che riguardano aspetti istituzionali e tecnici. Il riscaldamento è ancora il maggiore consumo energetico del civile (61% del totale degli usi finali nel residenziale).

Ognuna dei circa 16 milioni di unità abitative dotate di impianto fisso di riscaldamento consuma in media una tonnellata di petrolio all’anno per questa funzione. Si tratta di una media fra valori molto diversi, in buona misura proporzionali ai gradi-giorni delle località. Si è valutato che in cinque anni si consuma, per il solo riscaldamento nelle case, una quantità di energia pari a quella necessaria per la costruzione dell’unità abitativa. Gli anni scendono a tre considerando anche gli altri consumi. Gli sprechi nell’illuminazione, valutabili nel 20% dei consumi relativi, corrispondono ad un risparmio potenziale di 2 Mtep primari. Il condizionamento estivo, sempre più diffuso, e non governato, può da solo mettere in crisi la sostenibilità del settore civile e la capacità della rete nazionale di fornire energia elettrica agli utenti.

Criticità e prospettive
L’edificio è parte di un sistema complesso che si può chiamare edificioimpianto- utente-clima-territorio. Raramente il sistema viene considerato e progettato in tutti i suoi componenti. L’attuale tendenza di mercato di attività integrate di valorizzazione, gestione e manutenzione costituisce un modesto passo avanti nella giusta direzione, purché una delle parole chiave sia sostenibilità. Fra l’edificio e l’ambiente urbano nel quale è situato esistono flussi di materia ed energia. L’attuale deriva climatica verso temperature maggiori, insieme alle più frequenti tipologie di arredo urbano, che favoriscono l’assorbimento della radiazione solare (asfalti, coperture, facciate, ventilazione ostacolata) producono temperature urbane di diversi gradi più alte che nel territorio aperto, fino ad arrivare all’isola di calore.

Il fenomeno viene esaltato dagli scarichi di calore dei condizionatori che immettono nell’ambiente urbano sia il calore estratto dagli edifici che l’energia necessaria al funzionamento della macchina, trasformata in calore. Il microclima urbano e quello interno agli edifici si influenzano a vicenda nel modo peggiore. Da ciò l’esigenza che ogni azione di risanamento sia il più possibile integrata. Come da molte parti ribadito l’involucro costituisce il grande problema del parco edilizio esistente, per le carenze di sistemi di isolamento termico adeguati. Anche, ma non solo, per l’inevitabile ulteriore diffusione della climatizzazione estiva, va ricordato l’effetto che ha la massa termica interna all’involucro nello smussare i picchi di temperatura, migliorando il comfort e quindi attenuando la domanda di condizionamento. Pertanto la progettazione deve curare sia l’involucro che la massa termica, utilizzando tecnologie e materiali eco-compatibili e disponibili, moderni o tradizionali. I serramenti e le vetrature, la cui sostituzione è molto agevole, vanno particolarmente promossi in quanto veicoli di potenziali elevate dispersioni ed anche per i problemi acustici in ambito urbano.

Vanno incentivate caratterizzazioni e classificazioni dei prodotti, come già si fa all’estero, per orientare le scelte di progettisti e utenti che attualmente vengono fatte secondo criteri estetici anziché energetici. Malgrado incentivazioni di vario tipo, intense campagne promozionali e indiscutibili vantaggi energetici, il mercato delle fonti rinnovabili per l’edilizia occupa uno spazio inadeguato nel nostro Paese. Il massimo sforzo va esercitato, in un Paese come l’Italia, per aumentare la diffusione di queste fonti energetiche, integrate nell’edilizia e negli spazi urbani, vera risorsa per l’efficienza energetica. Queste fonti si inseriscono bene in un futuro scenario di generazione di energia distribuita sul territorio che permetterà riduzioni di sprechi, recuperi ed autosufficienza locale. I decreti di promozione dell’efficienza energetica del 24 aprile 2001 del Ministero delle Attività Produttive ed i successivi disposti di cui alla G.U. 8 ottobre 2003, rappresentano un importante iniziativa per il risparmio energetico. I titoli di efficienza energetica, classificati al Titolo IV art.17 delle Linee Guida - All. A, sono un incentivo che potrà portare al conseguimento di obiettivi di risparmio energetico molto significativi.

graficaDi seguito si elencano le tecnologie e gli interventi che trovano maggior applicazione per il raggiungimento di questi obiettivi.

• La cogenerazione (produzione combinata di elettricità e calore) e la trigenerazione (elettricità, caldo e freddo) saranno tecnologie molto utilizzate.

• L’illuminazione, artificiale e mista, ha fruito nell’ultimo decennio dell’importante innovazione delle CFL (lampade a fluorescenza compatte) e stanno per penetrare nel settore dei sistemi di controllo e gestione automatici. Le CFL non sono ancora abbastanza diffuse per l’elevato costo, peraltro compensato dalla lunga vita, ma l’unione delle due innovazioni promette risparmi fino al 30% dell’energia elettrica spesa nell’illuminazione.

• L’innovazione dei generatori di calore (caldaie) si è sviluppata nell’ultimo ventennio, alla ricerca di rendimenti sempre più alti. Si è imposto il concetto di rendimento stagionale che ha portato a una riduzione della potenza media degli impianti. Si vieta l’uso della medesima caldaia per produrre riscaldamento ed acqua calda per il sovradimensionamento che ne deriverebbe. Si sono affermate tecnologie nuove come i sistemi a condensazione, quelli a temperatura scorrevole, quelli modulari. Si può dire che il parco caldaie italiano abbia mediamente un discreto rendimento, anche grazie alle sostituzioni, e comunque gli sprechi di energia derivano più dagli involucri e dalla gestione. La sostituzione del gasolio con il gas ha ridotto drasticamente la polluzione di inquinanti dannosi per la salute e, in misura minore, anche le emissioni di CO2. La gestione “intelligente” introdurrà altri miglioramenti. Va ribadito che un rendimento globale di combustione più alto si avrebbe da una produzione di calore centralizzata con contabilizzazione del calore individuale anziché dalle caldaiette autonome. Soluzione corretta che il DLgs 192/05 richiede per le nuove costruzioni. Il condizionatore ha il compito di ritrattare l’aria dell’ambiente abitato e quella proveniente dall’esterno riducendone la temperatura e l’umidità. L’aria esterna estiva contiene un forte quantitativo di vapor d’acqua che va eliminato per evitare che, abbassando la temperatura dell’aria si creino condizioni di discomfort per eccesso di umidità relativa.

Appare evidente l’assurdità di utilizzare condizionatori portatili usando l’anta socchiusa della finestra per il passaggio del tubo che scarica il calore all’esterno. Attraverso lo spazio comunicante con l’esterno entra aria calda ed umida che vanifica l’azione dell’apparecchio. Viene usata pregiata energia elettrica con ingenti costi energetici primari. Analogamente, è assurdo condizionare un edificio se le dispersioni termiche attraverso l’involucro sono eccessive. Cominciano ad essere presenti sul mercato le macchine ad assorbimento il cui funzionamento – una pompa di calore – è basato su un ciclo termico alimentato a gas. Il consumo di energia nobile e l’impatto sul clima sono minori. Non sono ancora diffuse taglie adatte a normali abitazioni, ma solo al terziario. Un ulteriore vantaggio è quello della reversibilità: la stessa macchina può rinfrescare la casa d’estate e scaldarla d’inverno, con elevati rendimenti: 30% di risparmio di combustibile per il riscaldamento invernale rispetto alla caldaia tradizionale.

Anche le macchine a compressore elettrico dette split (a due corpi, uno interno, l’altro esterno) possono realizzare la stessa funzione. Anche sulla distribuzione dei fluidi caldi e freddi si possono realizzare miglioramenti. Stanno tornando di moda, dopo la soluzione di alcuni problemi, i sistemi di distribuzione a bassa differenza di temperatura (pavimento radiante) che economizzano energia nobile. La maggiore innovazione nell’edilizia del 2000 si chiama genericamente casa intelligente e prende i nomi più precisi di domotica nella versione per il residenziale e di sistema di automazione d’edificio per il terziario. Nell’edificio sono integrati sensori, attuatori ed un sistema intelligente (microprocessore) che controlla tutte le funzioni dell’edificio, ed in particolare quelle energetiche, ottimizzandole. Sono possibili risparmi di energia fino al 25% e ne deriva un miglioramento generale della qualità della vita interna, importante per alcune categorie deboli (anziani). Questa innovazione risponde molto bene alle crescenti esigenze di qualità dell’abitare. Sulla ventilazione esistono severe prescrizioni mai osservate in pratica, soprattutto nel residenziale. La ventilazione è necessaria per il rispetto della qualità dell’aria interna (IAQ), potenzialmente inquinata da agenti nocivi o sgradevoli. E’ nota una sindrome dell’edificio malato. Un edificio ventilato a norma consuma per il riscaldamento il 15% di energia in più di un edificio realizzato secondo i criteri del risparmio energetico, se questo è sigillato. In pratica, i ricambi d’aria sono affidati alle imperfezioni dei serramenti. La domotica potrebbe efficacemente gestire la ventilazione automatica controllata.

La certificazione energetica degli edifici
L’evolversi del quadro di riferimento tecnologico nel settore e la scarsa applicazione delle nuove tecnologie sono stati i punti di riferimento per l’emanazione della Direttiva Europea 91 del 2002, nota anche come EPBD, sul contenimento dei consumi energetici negli edifici. L’idea alla base della direttiva era quella di migliorare le prestazioni energetiche degli edifici attraverso la valutazione globale dei consumi (riscaldamento, climatizzazione estiva, ventilazione, illuminazione, uso di fonti rinnovabili) ed il processo di certificazione energetica degli edifici stessi. Gli stati membri hanno implementato, ovvero stanno implementando, ciascuno con specificità locali, le indicazioni della Direttiva.

In Italia, con l’emanazione del decreto legislativo 192/2005 ed il successivo 311/2006, il Ministero delle attività produttive si è posto i seguenti obiettivi:

• il miglioramento dell’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni inquinanti del settore civile (residenziale e terziario) che assorbe oltre il 30% dell’energia utilizzata dal Paese, orientando le modalità costruttive verso soluzioni caratterizzate da elevato risparmio economico nell’esercizio degli edifici e degli impianti ad essi associati;

• la minimizzazione ed una più equa distribuzione degli oneri a carico dei cittadini;

• un diverso e più equilibrato assetto dei compiti degli enti locali;

• l’utilizzo, a questo fine, dei meccanismi di raccordo e cooperazione tra lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli Enti locali;

• una maggiore competitività e sviluppo per le imprese italiane del comparto.

Il decreto di attuazione della direttiva 2002/91/CE aggiorna la legislazione in vigore, tenendo conto delle problematiche, delle difficoltà e dei casi di successo incontrati in questi anni di attuazione, dello sviluppo tecnologico nel frattempo intervenuto, nonché del mutato quadro dei costi di investimento ed esercizio correlati al tema energetico ed ambientale. In considerazione delle potenzialità della certificazione energetica degli edifici, il decreto legislativo 311/06 semplifica la preesistente normativa (legge 10/91) e modula nel tempo la sua applicazione, con l’obiettivo di rimuovere tutti i possibili ostacoli fino ad oggi incontrati e favorire la crescita culturale e l’apprezzamento dell’attestato di “qualità energetica” degli edifici da parte dei cittadini e degli operatori del mercato. Inoltre, consapevoli che risultati significativi possono essere raggiunti soprattutto con interventi sugli edifici esistenti, il provvedimento affianca alle predette misure alcune disposizioni immediatamente operative.

Il decreto legislativo, infatti, impone il rispetto di specifici parametri e prescrizioni, oltre che nelle nuove costruzioni, anche nelle ristrutturazioni degli edifici esistenti, nel rifacimento degli impianti termici e nelle sostituzioni dei generatori di calore, modulando i vincoli e gli oneri in funzione dell’importanza degli interventi previsti. Parallelamente, individuando nella certificazione energetica degli edifici un mezzo per valorizzare economicamente, anche in sede di vendita o locazione, gli investimenti effettuati dai proprietari, proprio in occasione della riqualificazione degli edifici esistenti, il decreto legislativo promuove una certificazione energetica su base volontaria, da realizzare attraverso metodi semplificati a basso costo.

In sintesi il decreto legislativo:

• fissa livelli di isolamento termico degli edifici da conseguirsi in sede di nuova costruzione o ristrutturazione e quindi a fronte di costi aggiuntivi molto contenuti rispetto al risparmio economico conseguibile dagli utenti;

• promuove l’utilizzo di apparecchiature a maggior rendimento per gli impianti nuovi e ristrutturati nonché per le nuove caldaie installate in sostituzione delle precedenti, anche in questo caso con margini di risparmio economico elevati rispetto agli extra costi;

• prevede una graduale applicazione della certificazione energetica degli edifici: obbligatoria per i nuovi edifici e per le ristrutturazioni complete di edifici di notevole dimensione, e volontaria in tutti gli altri casi;

• consente una razionalizzazione dei tempi di ispezione, controllo ed eventuale manutenzione, ai fini dell’efficienza energetica, di tutti gli impianti termici esistenti, attraverso la riduzione degli impegni e lo snellimento delle procedure burocratiche a cura degli enti locali e una diversa tempistica degli adempimenti a carico dei cittadini, al fine di:
- favorire una più estesa applicazione della normativa sul territorio e di conseguenza la crescita della domanda di manutenzione e di efficienza complessiva del parco impianti termici nazionale;
- finalizzare e rendere più efficaci gli adempimenti ispettivi sugli impianti di riscaldamento da parte di comuni e province (attraverso un’adeguata selezione degli impianti cui, per motivi tecnici, è opportuno dedicare maggiore attenzione) anche nella prospettiva di un futuro ampliamento dei compiti degli enti locali alla verifica sugli impianti di climatizzazione estiva e alla certificazione energetica degli edifici;
- individuare specifiche responsabilità professionali in merito alla conformità al progetto delle opere realizzate, contribuendo a rendere più efficace il lavoro di accertamento ed ispezione a carico dei Comuni.

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In relazione alla materia, per la quale è prevista una legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni, nella stesura del decreto legislativo 192/05 è stata posta particolare attenzione al coinvolgimento di queste amministrazioni, attraverso la Conferenza Unificata e il Coordinamento interregionale per l’energia, per cui oggi, le Regioni e le Province autonome possono adottare propri regolamenti specifici all’interno della cornice tracciata dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, differenziando l’applicazione, se lo riterranno necessario, in relazione alle diverse caratteristiche, condizioni e opportunità presenti nei rispettivi ambiti territoriali.

In particolare si ritiene opportuno sottolineare che, indipendentemente dai prossimi decreti attuativi, già oggi sono operative le seguenti misure:

• nuovi requisiti minimi obbligatori per il fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento invernale per tutte le nuove costruzioni e per le ristrutturazioni complete di edifici di media-grande dimensione);

• requisiti minimi obbligatori per gli elementi costruttivi che sono oggetto di ristrutturazione, anche singolarmente, (coperture, serramenti, …), indipendentemente dalla dimensione degli immobili e dall’importanza degli interventi. I livelli di qualità energetica imposti sono comparabili con quelli degli edifici nuovi (se tutti gli elementi costruttivi dell’edificio presentassero tali requisiti la prestazione energetica sarebbe equivalente a quella prescritta per l’edificio nuovo). Questa disposizione va oltre le indicazioni della direttiva europea che nel caso di ristrutturazioni prevede requisiti per i grandi edifici e per interventi di considerevole entità (ad esempio quando riguardano più del 25% della superficie dell’involucro edilizio). Ad oggi non risulta che altri paesi europei abbiano attuato questa estensione, che è invece presente nel Libro verde della Comunità europea tra le opportunità da implementare in un prossimo aggiornamento della direttiva europea 2002/91.

• stimolo all’installazione di caldaie a più alta efficienza e a condensazione (tre e quattro stelle) in tutte le sostituzioni dei generatori di calore (oltre un milione di apparecchi all’anno).

E’ infine importante ricordare le attività poste in essere a vari livelli per lo sviluppo di strumenti atti a verificare la prestazione energetica e definire le procedure di certificazione energetica degli edifici. Le linee guida del Ministero per lo Sviluppo Economico, attualmente in fase di preparazione, forniranno delle indicazioni su quali strumenti ed in che contesto utilizzarli. Vale la pena ricordare, visto l’impatto che il costruito ha sulle prestazioni energetiche a scala territoriale, il software DOCET, sviluppato congiuntamente da ENEA e ITC-CNR, che definisce una procedura semplificata di certificazione energetica su edifici residenziali esistenti.

Conclusioni
Il panorama tecnico e normativo del settore civile è in piena evoluzione con la finalità di attuare gli obiettivi posti a livello nazionale ed internazionale in tema di efficienza energetica. L’influenza del parco edilizio esistente è di gran lunga predominante rispetto alle nuove edificazioni. Il problema della riqualificazione energetica è dunque prioritario. È importante notare che, per l’entità del problema, il passo dalla riqualificazione dell’edificio a quella del tessuto urbano è più breve di quanto si potrebbe immaginare.

Ampie porzioni di territorio urbano vivono, insieme ad altre forme di degrado, quello energetico ed ambientale. L’applicazione dei nuovi indirizzi normativi, insieme all’evoluto quadro di riferimento tecnologico e ad azioni di supporto finanziario, consentirebbero il recupero di vaste aree in tempi limitati.