Oggi, si impone all’attenzione del pubblico e degli amministratori soprattutto per il problema della bonifica di aree e di canali industriali che nel passato sono stati contaminati da varie attività produttive che, grazie a leggi permissive, o per effetto dell’assenza di leggi, hanno prodotto danni ingenti all’ecosistema lagunare e hanno messo a rischio la salute pubblica. Senza dubbio è importante continuare
nella ricerca delle cause e dei comportamenti
che hanno dato origine all’attuale
situazione e tuttavia è necessario
guardare al futuro, alle bonifiche e alle
opportunità che possono aprire.
Le
bonifiche delle aree inquinate non
sono solo l’occasione di risanamento e
ripristino ambientale ma sono anche
opportunità per avviare nuovi comportamenti
e nuove scelte a sostegno di
uno sviluppo più dinamico, innovativo
e ambientalmente sostenibile.
La bonifica e il recupero delle aree
industriali vanno integrati e vanno
pensati come una nuova opportunità
per mettere in moto uno sviluppo più
sostenibile, risanando l’ambiente naturale,
salvaguardando gli elementi
distintivi della laguna e le sue funzioni
ecologiche, assunte come base per un
rilancio della funzionalità della laguna
e base per un miglioramento socio-economico.
I tempi e i modi della decisione sono
importanti: più passa il tempo e più la
diffusione dell’inquinamento continuerà
a produrre effetti negativi non
solo sull’ambiente, qui inteso come
ecosistema naturale, ma anche sulla
salute della popolazione residente, e
non ultimo sulle capacità di risposta e
di azione del sistema socio economico
locale.
I costi del non fare e del non
decidere hanno effetti di lungo periodo
difficilmente reversibili.
Certo i costi
sono imponenti ma anche non fare le
bonifiche costa molto sia in termini di
qualità della vita e della salute, sia in
termini più strettamente ambientali,
sia in termini di inerzia e depauperamento
delle risorse imprenditoriali.
Il
DM 468/2001 prevedeva un finanziamento
statale per avviare le bonifiche
nei primi 41 siti di interesse nazionale1
pari a circa 1060 miliardi di lire (circa
547 milioni di euro); per esempio al
Veneto erano stati destinati 144,4
miliardi lire, pari a circa 75 milioni di
euro.
Il Master Plan per la bonifica dei
siti inquinati di Porto Marghera presentato
nel 2004 aveva però stimato un
costo complessivo necessario per l'esecuzione
o per il completamento dell'intervento
in tutte le aree per un
ammontare superiore a 1.860 milioni
di euro, di cui 511 milioni di euro solo
per interventi ritenuti prioritari ed
urgenti nei primi 237 ettari dei quasi
3.600 ettari perimetrati come sito di
interesse nazionale2. La stima delle
risorse da mettere a disposizione, già così elevate sulla carta, probabilmente
non sarà definitiva, e dunque si porrà il
problema di come sarà possibile reperire
altre forme di finanziamento per
completare le opere.
L’impegno finanziario
per le bonifiche appare poi in
tutta la sua rilevanza se consideriamo
che l’area di Porto Marghera è importante,
ma è uno tra i 50 siti di interesse
nazionale.
I modi con cui reperire i finanziamenti
vanno dall’imporre alle imprese che
hanno inquinato il pagamento dei
danni che hanno generato, a destinare
più risorse pubbliche alle opere di bonifica
e recupero ambientale, a promuovere
politiche innovative di sviluppo
che integrino e sostengano l’azione dei
privati nel recupero e quindi nella
bonifica delle aree. Per quanto concerne
la prima opzione, la strada è stata
già parzialmente percorsa dal Ministero
dell’Ambiente e dall’Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Venezia
attraverso l’avvio di transazioni extra-giudiziali3 con le aziende proprietarie
delle aree, per ottenere parte dei finanziamenti
necessari per la costruzione
dei marginamenti delle macroisole,
necessari per evitare il perpetuarsi del
dilavamento delle sostanze inquinanti
in laguna.
Un ulteriore sostegno pubblico
alle bonifiche, incontra difficoltà
perché lo Stato opera in condizioni di
scarsità di risorse finanziarie da destinare
a una domanda molto varia di iniziative
di interesse pubblico. Proprio
perché i fondi pubblici sono scarsi e
limitati potremmo provocatoriamente
porci la domanda se sia lecito spendere
così tanto per la bonifica dei siti inquinati.
Non è forse un ciclo che si continuerà
ad auto-generare? Le attività
industriali potranno mai smettere di
generare inquinamento e di consumare
risorse naturali senza coprirne i costi
in modo adeguato?
Pensare a modi innovativi di reperire
risorse deve dunque essere la risposta
alla necessità di procedere speditamente
nelle bonifiche pensando a piani industriali per il futuro che incentivino
lo sviluppo di attività ambientalmente
compatibili e soprattutto a più elevato
valore aggiunto, così da creare spazio
per la copertura di costi di bonifica, in
relazione alle specifiche destinazioni di
uso dei suoli. Sicuramente andrebbe
presa seriamente in considerazione una
ipotesi che porti a considerare il ciclo
di vita delle attività che si intende promuovere,
pensando anche a forme di
assicurazione e/o utilizzo o concessione
che tengano esplicitamente in
conto, nel momento stesso della nascita
di una nuova attività, delle implicazioni
derivanti dal suo ciclo di vita, evidenziandone
gli eventuali costi di
bonifica e di recupero dell’area oggetto
di ri-sviluppo.
Ciò renderebbe esplicito
il calcolo economico (inteso come i
costi e i benefici della scelta di destinazione
d’uso del suolo) e questo promuoverebbe
un comportamento non
solo più responsabile, con un miglior
adempimento agli obblighi imposti
dalle normative, ma aiuterebbe le
imprese stesse e la pubblica amministrazione
a collocare le proprie scelte
localizzative e autorizzative in un contesto
di più lungo periodo. Si avvierebbe
un processo di riciclo del suolo,
risorsa che ora sempre più ci appare
come limitata e fondamentale negli
equilibri naturali e socio-economici.
Perchè una ricerca sulla valutazione
economica dei benefici della
bonifica
Il nostro lavoro di ricerca prende spunto
dalle osservazioni riportate più
sopra.
E’ necessario avviare processi
decisionali che tengano debitamente
in conto dei vincoli imposti dalle risorse,
finanziarie e naturali, mostrando ai
cittadini il significato e le implicazioni
delle scelte fatte dai decisori pubblici,
per favorire maggior consapevolezza e
maggior partecipazione.
Esperienze in
tal senso viene da altri paesi, segnatamente
quelli americani ed inglesi, ove
per motivazioni diverse si effettuano
analisi sistematiche di come è più
opportuno spendere soldi pubblici,
destinandoli selettivamente in funzione
dei loro costi e dei loro benefici.
Nel caso della regolazione riguardante
le bonifiche, il focus è sulla protezione
della salute umana.
La valutazione di
politiche o regolazioni pubbliche
miranti ad elevare la qualità della vita e
a ridurre il rischio per la salute umana
utilizza tecniche economiche particolari
che permettono di ottenere la stima
del valore di una vita statistica, che
costituisce la misura massima dei benefici
ottenibili in termini di difesa della
salute umana.
La valutazione di una
vita statistica mira ad assegnare un
valore monetario non alla vita di una
persona specifica ma alla vita di una
persona la cui identità non è nota,
all’interno di una particolare comunità
e in un determinato arco temporale.
Non è questo il luogo per dibattere
questioni morali o etiche che possono
sorgere in questo contesto; queste
tecniche economiche basate sulla disponibilità
a pagare delle persone per
una riduzione marginale del rischio fisico hanno i loro limiti, ma permettono
di confrontare i costi dell’investimento
con i benefici legati ad una
riduzione marginale del rischio di
mortalità.
Nel nostro lavoro di economisti ci siamo posti il problema di esplicitare i
benefici della bonifica (benefici economici,
sociali ed ambientali) con l’attenzione,
in particolare, al valore monetario
di un miglioramento delle condizioni
di salute delle persone residenti in aree contaminate grazie alla bonifica
e al recupero ambientale.
Le domande di ricerca a cui abbiamo
tentato di rispondere, indagando le
preferenze delle persone residenti in
prossimità di siti contaminati sono:
quali sono i principali benefici raggiungibili
con la bonifica e maggiormente
percepiti dalla popolazione residente?
Considerato che i costi della bonifica
sono più facilmente quantificabili,
come procedere invece a definire il
valore monetario dei benefici?
Quanto
si deve “pulire”?
Quanta importanza
ha il fattore tempo nella realizzazione
delle bonifiche?
La bonifica è percepita
come un’operazione che ridà sicurezza
ai residenti?
Qual è il rischio percepito
per coloro che vivono vicino a siti contaminati?
La ricerca conclusa dal Dipartimento di
Pianificazione dell’Università IUAV di
Venezia e finanziata dal CO.RI.LA ha
permesso di ottenere risposte interessanti
a queste domande, sia attraverso
l’organizzazione di diversi focus group4
sia grazie alla somministrazione di un
questionario alla popolazione.
Quest’ultimo è stato un mezzo efficace
per raccogliere dati ma anche per fornire
alle persone con cui siamo entrati
in contatto informazioni sulla numerosità
e distribuzione dei siti contaminati
in Italia, sulle principali sostanze tossiche
che sono state rinvenute più spesso
in queste realtà, su alcuni degli effetti
sanitari più comuni nell’uomo e
associabili all’esposizione a queste
sostanze, sulla possibilità di realizzare
bonifiche e sulle principali tecnologie
di bonifica che sono adottate nei diversi
paesi industrializzati, integrandole
con alcune informazioni su costi,
tempi e modalità di intervento.
L’indagine e la
somministrazione del
questionario di analisi congiunta
Nel maggio 2005, abbiamo intervistato
circa 800 persone residenti a Venezia,
Milano, Bari e Napoli raccogliendo
informazioni sulle loro conoscenze,
preferenze e percezioni, in merito alla
presenza dei siti contaminati e ai loro
possibili effetti in termini di sicurezza
per la salute umana, e in relazione ad
altre questioni quali le possibili politiche
pubbliche auspicate dalle persone
per gestire il problema. L’intervista durava in media 40 minuti durante i
quali i intervistati procedevano autonomamente
lungo un questionario
elettronico installato su computer in
alcune sedi opportunamente allestite.
Gli intervistati quindi non erano
influenzati dall’esterno e con il tempo
necessario leggevano le informazioni
fornite ed elaboravano le loro scelte.
Le persone intervistate hanno mostrato
di conoscere in grande maggioranza il
tema dei siti contaminati (90%) e ben
la metà di loro ha affermato di avere
esperienza diretta di siti contaminati in
quanto collocati in prossimità della
loro abitazione o del loro posto di lavoro.
Quasi l’80% dei nostri intervistati
ha sentito parlare di bonifica e il 37%
ha nozione di siti contaminati che sono stati già bonificati. I nostri intervistati
si sono rivelati molto sensibili
agli effetti della contaminazione
ambientale sulla salute umana e hanno
ritenuto che le persone che vivono in
prossimità di siti contaminati abbiano
elevata possibilità di contrarre qualche
forma di malattia (allergie, danni temporanei
o permanenti alle vie respiratorie
e ad altri organi, cancro e altre
malformazioni genetiche nei nascituri).
Di conseguenza quasi l’89% ha ritenuto
molto importante ridurre gli
effetti negativi sulla salute causati dall’esposizione
a sostanze pericolose.
Oggetto specifico della nostra ricerca
tuttavia era la valutazione economica
dei benefici che si possono realizzare
attraverso la bonifica dei siti contaminati;
nello specifico volevamo ricavare
il valore monetario assegnato dai residenti
ad una determinata riduzione del
rischio di mortalità connessa all’esposizione
all’inquinamento.
Come noto,
nel caso di inquinamento del suolo, la
migrazione degli inquinanti può avvenire
attraverso molteplici vie e quindi
l’esposizione dell’uomo può avvenire
ad esempio attraverso il contatto dermico,
bevendo l’acqua attinta dalle
falde acquifere, respirando polveri contenenti
sostanze tossiche e mangiando
cibi coltivati in terreni contaminati.
Gli effetti negativi per la salute umana
di questa esposizione agli inquinanti,
pur ammettendo le cautele di attribuire
in modo certo le diverse patologie ai
fattori esclusivamente ambientali5,
possono essere più o meno gravi e più
o meno permanenti, fino all’evento
estremo della morte.
Nel questionario, abbiamo chiesto ai
nostri intervistati di pensare ad una
politica pubblica che riguardasse interventi
di bonifica che, se attuati, avrebbero
permesso di ridurre il rischio di
mortalità e quindi avrebbero potuto
salvare un certo numero di vite umane
di persone residenti in aree contaminate.
Gli intervistati erano informati del
fatto che la bonifica è un’operazione
molto costosa e complessa, che in alcune
circostanze è anche molto difficile
individuare il responsabile dell’inquinamento
o il proprietario del sito, e
che la bonifica può spesso ricadere
sulle spalle dello Stato.
Proprio l’impossibilità
di rintracciare il responsabile o
il proprietario dell’area, con la generazione
di un grande numero di siti orfani
a livello nazionale, era vista come
l’occasione per proporre agli intervistati
una simulazione di policy: lo Stato
doveva farsi carico direttamente di tutti
i costi di bonifica in condizione di
fondi limitati, con la necessità di sostenere
con un contributo monetario
delle famiglie un’azione di risanamento
del maggior numero possibile di siti
in Italia.
La tecnica che abbiamo utilizzato per la
valutazione dei benefici per una riduzione
del rischio di mortalità si chiama
analisi congiunta. Tale metodologia
permette di concepire un bene, oggetto
di valutazione, come caratterizzato da
un insieme di caratteristiche, o attributi
che lo descrivono, e sono queste caratteristiche nel loro insieme che
definiscono il valore del bene. Con le
opportune tecniche è possibile calcolare
anche individualmente il valore di
ciascuna caratteristica e il suo peso nel
determinare la valutazione complessiva
del bene da parte del rispondente.
Nel nostro caso, il bene oggetto di valutazione
è il beneficio della politica pubblica
prescelta. Questa veniva caratterizzata
dai seguenti attributi: numero
di vite salvate in un anno, entità della
popolazione beneficiaria dell’intervento,
tempo di attesa, espresso in anni,
necessario per il completamento delle
operazioni di bonifica, numero di anni
durante i quali si continuano a realizzare
i benefici, vale a dire si continuano
a salvare vite umane grazie all’intervento
e, ovviamente, il contributo
monetario una tantum che i nuclei
familiari dovrebbero versare per consentire
la realizzazione degli interventi
di bonifica in questione. Ciascuno di
questi attributi si differenziava per
almeno due diversi livelli, dando luogo
ad una combinazione elevata di diverse
possibili politiche pubbliche di bonifica
tra cui scegliere. Ogni intervistato
doveva completare 4 esercizi di scelta
congiunta e doveva quindi scegliere,
manifestando così le proprie preferenze,
tra coppie di politiche aventi caratteristiche
e livelli diversi.
I risultati dell’indagine
L’analisi econometrica delle risposte
ottenute ha permesso di valutare la
disponibilità a pagare delle persone
(WTP) per specifiche politiche di bonifica.
Questo valore varia in considerazione
del tempo di attesa necessario
per il completamento della bonifica e
anche della durata dei benefici. Infatti,
ipotizzando durate diverse dei benefici,
ma tenendo costante il tempo di attesa
di due anni per il completamento della
bonifica e il numero totale di vite salvate,
è possibile stimare per una durata
di 10 anni dei benefici una WTP di 340
euro; per una durata di 20 anni dei
benefici la WTP sale a 500 euro e per
una durata pari a 45 anni dei benefici
la WTP è di circa 620 euro.
Dal valore della WTP, è possibile ricavare
il valore di una vita statistica; questo
valore va inteso come quella parte
di reddito che una persona è disposta a
dare in cambio di una riduzione marginale
del rischio di mortalità. Il valore di
una vita statistica secondo i risultati
dell’indagine, nell’anno corrente e per
una riduzione del rischio ad esempio di
1 su 1 milione, è stata calcolata essere
pari a 5,6 milioni di euro. E’ stato stimato
un tasso di sconto delle persone
intervistate pari a 7,41%, ed esso rappresenta
il valore del tempo per le persone
intervistate influenzando in tal
modo, a parità di altre condizioni, la
stima del valore di una vita statistica.
Infatti, se la manifestazione dei benefici,
ovvero le vite salvate, si concretizzerà
solo tra 10 anni, la VSL si riduce a
2,66 milioni di euro; se i benefici si
manifesteranno tra 20 anni, il VSL si
riduce ancora sino a 1,26 milioni di
euro.
Per concludere, la valutazione che è
possibile ottenere è di massima utilità
nei casi in cui sia obbligatoria, o semplicemente
auspicata, l’analisi costibenefici
di determinati piani di bonifica,
tenendo in adeguato conto sia i
benefici che i costi degli interventi.
A nostro avviso, l’introduzione e la successiva
applicazione delle nuove
norme dettate dal D. Lgs 152/2006
metteranno in nuova evidenza l’analisi
di rischio sanitaria e ambientale specifica
per le aree contaminate; l’uso di
tecniche e valutazioni costi benefici
risulteranno particolarmente utili in
tale nuovo contesto. Tali tecniche
vanno usate non solo con le necessarie
competenze ma anche con le necessarie
qualificazioni: va precisato che
l’obiettivo di queste tecniche non è
quello di usare strumentalmente i valori
che si possono ottenere, quanto evidenziare
che esse permettono di raccogliere
le preferenze e le scelte delle persone
riguardo temi di rilevante interesse
pubblico.
E’ dunque possibile tenere
in conto la percezione delle persone
riguardo le priorità di intervento, il
riconoscimento generale dell’esistenza
di un rischio sanitario e l’attenzione
per gli interessi delle generazioni future.
La nostra ricerca mostra che le preferenze
delle persone indicano una
disponibilità a pagare di più per bonifiche
più durature, una certa propensione
a incentivare politiche pubbliche
miranti a bonificare i siti orfani ed infine
una volontà di contribuire insieme
allo Stato ad una soluzione efficace per
il problema dell’inquinamento causato dai siti contaminati.
Dobbiamo altresì
considerare che le persone sentono
l’urgenza della situazione e la necessità
di operare presto e comunque ridurre
anche temporaneamente le conseguenze
negative sulla salute: questo è il
senso di scelte effettuate dai rispondenti
che sono particolarmente attenti ai
tempi di realizzazione della bonifica,
preferendo interventi che riducono i
tempi di attesa per la manifestazione
dei benefici, consentendo di salvaguardare
da subito le vite umane.
Riferimenti bibliografici
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dei siti inquinati di Porto Marghera,”
www.regione.veneto.it (accesso 31
Marzo, 2007).
Note
1 Attualmente in Italia sono stati identificati 53
siti di interesse nazionale. L’art. 15 del DM
471/99 recitava che gli interventi di interesse
nazionale fossero individuabili in relazione alle
caratteristiche del sito inquinato, alla quantità
e pericolosità degli inquinanti presenti nel sito
medesimo, al rilievo dell'impatto sull'ambiente
circostante al sito inquinato in termini di
rischio sanitario ed ecologico nonché di pregiudizio
per i beni culturali ed ambientali.
2 L'area perimetrata con decreto del 23 febbraio
2000 si estende per 3595 ettari, di cui
479 ettari rappresentati da canali e 3116 ettari
da suoli.
3 La transazione più nota all’opinione pubblica
è il cosiddetto lodo Montedison, stipulato tra
la società Montedison SpA e il Ministero
dell’Ambiente nel 2001 poco prima della
conclusione del procedimento penale n.
115/98 a carico di Cefis + altri davanti al
Tribunale di Venezia (meglio noto come processo
Petrolchimico di Porto Marghera). In
quell’occasione la società Montedison SpA si
impegnava a versare 550 miliardi di lire alle
casse dello Stato per la bonifica di Porto
Marghera in cambio dello stralcio della sua
posizione di parte civile nel processo.
4 Il Focus group è una forma di ricerca qualitativa
in cui un gruppo di persone è invitato a
discutere di alcuni temi scelti dal moderatore,
seguendo una traccia di intervista adeguatamente
preparata. I focus group sono molto
utili per ottenere informazioni, preferenze e
analizzare le percezioni delle persone su un
determinato argomento. Inoltre, sono molto
utilizzati dai ricercatori per testare parti di un
questionario, verificare la comprensibilità del
linguaggio utilizzato e l’efficacia degli strumenti
utilizzati per l’indagine (vedi Malhotra,
1996).
5 Scrive Iavarone in ISTISAN 06/19: “Le patologie
attribuibili all’inquinamento ambientale,
sebbene potenzialmente accresciute nella frequenza
e distribuzione, sono indistinguibili
sotto il profilo clinico e morfologico da quelle
causate da fattori di rischio associati alla dieta,
all’attività lavorativa, allo stile di vita o ad abitudini
voluttuarie come fumo di sigaretta e
consumo di alcolici. In altre parole la sfida che
si pone oggi è stimare quanta parte dell’eccesso
di rischio riscontrato in un determinato
contesto ambientale sia effettivamente attribuibile
all’inquinamento.