La Laguna di Venezia attrae l’interesse di numerosi ricercatori italiani
e stranieri in quanto rappresenta una vera e propria area campione per
la determinazione dell’inquinamento chimico di varia origine e dell’impatto
conseguente.
IDPA svolge da anni attività di ricerca sui processi che hanno luogo in
Laguna riguardanti la diffusione, la distribuzione, la trasformazione,
ecc. di specie chimiche inorganiche ed organiche allo scopo di approfondire
i fenomeni che condizionano il loro comportamento e ne
determinano l’impatto.
Le attività di ricerca svolte in Laguna di Venezia sono:
1) Speciazione e biodisponibilità
di elementi.
Sin dagli anni ’80 il termine “speciazione”
era piuttosto diffuso in ambito chimico,
ma non aveva ancora un significato
univoco e spesso veniva utilizzato
in maniera impropria o “personale” da
diversi autori, creando confusione e
ambiguità.
Solo nel 2000 sono state
pubblicate dalla IUPAC le linee guida
per un corretto impiego dei termini
legati alla speciazione chimica. Oggi
perciò tali termini risultano chiari e
univoci.
Innanzi tutto vengono considerati
come specie chimiche distinte tutti i
composti chimici che si differenziano
per composizione isotopica, conformazione,
stato elettronico, o ancora per la
natura dei gruppi (sostituenti) ad essi
complessati o legati covalentemente; in
particolare, a livello di elemento, per
specie chimica si intende la specifica
forma che assume un elemento che sia
caratterizzato da specifiche caratteristiche
di composizione isotopica, stato di
ossidazione e/o struttura della molecola
(o del complesso) di cui fa parte.
In chimica analitica vengono indicate
come analisi di speciazione tutte quelle
procedure analitiche volte all’identificazione
e/o quantificazione di una o
più singole specie chimiche all’interno
di un campione.
Infine, per speciazione di un elemento
o, in generale, speciazione, si intende la
distribuzione di un elemento tra definite
specie chimiche all’interno di un
certo sistema (ad esempio all’interno di
un certo campione o matrice).
Speciazione e tossicità.
La speciazione
può assumere una notevole
importanza in alcuni campi quali, ad
esempio, la chimica ambientale, le
scienze biologiche e la tossicologia. La
speciazione di un elemento, infatti,
influenza la sua mobilità nell’ambiente,
la sua biodisponibilità (ovvero la frazione
disponibile ad essere assimilata
da un organismo vivente), le biotrasformazioni
e i meccanismi di assorbimento
ed eliminazione a cui l’elemento è
sottoposto nell’interazione con un
organismo. Poiché la tossicità spesso è
la conseguenza del bioaccumulo dell’elemento
nei tessuti grassi e della sua penetrazione attraverso le membrane
cellulari, risulta evidente lo stretto legame
tra tossicità e speciazione: uno stesso
elemento può risultare estremamente
tossico oppure completamente innocuo
nei confronti degli stessi organismi,
“semplicemente” al variare della
forma che assume, e quindi in base alla
sua speciazione. Basti pensare che la
tossicità di alcuni metalli pesanti, e
quindi il loro impatto ambientale,
dipende dal loro stato di ossidazione;
un chiaro esempio è il noto caso del
cromo: nello stato di ossidazione +6 è
estremamente tossico e cancerogeno
ma nello stato di ossidazione +3 risulta
un micronutriente essenziale nei
viventi, coinvolto nel normale metabolismo
del glucosio.
Ciò premesso, risulta evidente che soltanto
attraverso studi di speciazione è
possibile comprendere al meglio il
comportamento chimico di un analita
ed attribuire al valore della sua concentrazione
totale il giusto significato.
La
Laguna di Venezia è un ambiente
fortemente antropizzato in cui sono
insediate numerose attività produttive
che, soprattutto in passato, hanno portato
all’immissione nella laguna di una
notevole quantità di inquinanti, una
buona parte dei quali sono sedimentati
nel fondo della laguna stessa. La presenza
di queste specie inquinanti ha
prodotto un peggioramento nella qualità
delle acque con effetti sugli organismi
che vivono nelle acque lagunari.
Una classe importante di microcomponenti
che influenzano le caratteristiche
e la qualità delle acque lagunari è costituita
da metalli pesanti che quando
superano determinati livelli di concentrazione
si comportano come inquinanti
con notevoli effetti tossicologici.
La distribuzione di questi elementi è
regolata da processi, che prevedono la
interazione con le altre componenti
acquatiche, sia di natura inorganica
che biologica. Comprendere gli effetti
dei metalli sull’ambiente richiede un
attento studio di questi processi, che
vengono citati come cicli biogeochimici
degli elementi.
E’ noto che il comportamento
dei metalli negli ambienti
acquatici, in particolare l’assimilazione
da parte degli organismi, la interazione
con il materiale solido sospeso (che
influenza la loro distribuzione spaziale
e la loro sedimentazione) sono fortemente
influenzati dalla forma chimica
che questi elementi assumono nelle
acque. Differenziare le forme chimiche
mediante specifiche analisi viene normalmente
definita speciazione chimica
degli elementi nelle acque.
I ricercatori dell’IDPA hanno intrapreso
da diversi anni indagini che tendono a
differenziare le forme chimiche stabili
di elementi di particolare interesse
ambientale e a studiare i processi che
controllano la interazione di microelementi
metallici con componenti umiche
nelle acque lagunari, anche in relazione
con i processi che regolano la
distribuzione tra componenti disciolte
e particolate. Sono state messe a punto metodologie
analitiche che fanno ricorso a tecniche
accoppiate; metodologie che utilizzano
tecniche che provvedono alla separazione
di forme chimiche stabili di elementi,
come arsenico e mercurio, e ne
determinano la concentrazione con
tecniche selettive ed estremamente
sensibili (HPLC-ICP-MS).
E’ stata messa a punto la procedura per
la determinazione simultanea di cinque
specie stabili dell’arsenico in acque
naturali mediante una tecnica accoppiata
HPLC-ICP-MS con l’obbiettivo di
differenziare forme dell’arsenico che
presentano una notevole differenza di
tossicità.
Le specie separate sono: arsenobetaina,
arsenico(III), acido dimetilarsinico,
acido dimetilarsonico e arsenico(
V) mediante cromatografia a
scambio anionico ed uno spettrometro
di massa con sorgente di ioni al plasma
(ICP-MS). La metodologia ha i limiti di
rilevabilità che consentono la determinazione
delle specie di arsenico presenti
in campioni di acque naturali.
La metodologia è stata utilizzata per
determinare la speciazione dell’arsenico nelle acque della laguna di Venezia
ed i risultati hanno messo in evidenza
che nelle acque prossime alla zona
industriale della laguna il contenuto
medio dell’arsenico è 1.6 µg/L, corrispondente
al valore guida fissato dalle
norme vigenti che definiscono lo standard
di qualità delle acque lagunari,
circa il 40% dell’arsenico è presente in
forma di arsenico (V), la forma che
risulta più tossica.
E’ stata a messa a punto una metodologia
per la determinazione delle più
importanti specie chimiche assunte dal
mercurio nelle acque naturali (Hg2+ e
metil-mercurio).
La metodologia prevede
una fase di preconcentrazione e la
separazione mediante cromatografia
liquida accoppiata ad un rivelatore
selettivo (ICP-MS) e consente di rilevare
concentrazioni inferiori a 0.03 ng/L.
Mediante questa metodologia è stato
stimato il contenuto di mercurio e
metil mercurio nelle acque della laguna
centrale e nel microstrato superficiale
delle acque della laguna di Venezia;
quest’ultima parte delle acque naturali
riveste un ruolo particolarmente
importante perché è quella coinvolta
negli scambi di componenti tra acqua e
atmosfera.
Sono stati eseguiti studi sul complessamento
di cadmio, rame e zinco con
leganti organici naturali in matrici
acquose mediante tecniche elettroanalitiche.
Le metodologie sono state
applicate per valutare la relazione tra
speciazione e la partizione tra fase
disciolta e la fase particellata dei metalli
nelle acque della laguna.
Le indagini
condotte per alcuni anni hanno messo
in evidenza un ruolo particolarmente
importante del materiale organico
nella sedimentazione di cadmio e
rame. L’applicazione di queste tecniche
ha inoltre consentito di studiare gli
effetti del complessamento con materiale
umico sulla tossicità di cadmio e
rame utilizzando particelle sub-cellulari
come sensori biochimici.
Lo studio della speciazione dello zinco
nelle acque della laguna di Venezia ha
messo in evidenza che meno del 5% di
questo è in forma inorganica, il rimanente
è presente in forma complessata
con leganti organici macromolecolari.
Il complessamento dello zinco con
leganti organici può avere un ruolo
particolarmente importante nei processi
che regolano la sua distribuzione e la
sua biodisponibilità, un ruolo essenziale
per valutare gli effetti ambientali dell’inquinamento
da parte di questo elemento.
Questi risultati dimostrano la necessità
che il legislatore si avvalga dei più
recenti saperi scientifici nella elaborazione
delle normative ambientali sulla
qualità delle acque.
2) Microinquinanti organici
Nell’ultimo decennio, a partire dal progetto
“Sistema Lagunare Veneziano”,
sono state condotte numerose indagini
che, nonostante abbiano prodotto una
notevolissima massa di dati, non
hanno ancora consentito di chiarire
alcuni processi chiave quali: trasporto
di inquinanti entro il sistema; mobilità
degli inquinanti in funzione della speciazione;
previsione degli effetti di fattori
naturali ed antropici sulla disponibilità
dei contaminanti; bioaccumulo in specie chiave della laguna; effetti dei
contaminanti sia sulla fauna che sulla
popolazione umana; valutazione su
basi scientifiche dei valori di soglia.
D’altra parte, per un sistema come la
laguna di Venezia, che in passato è
stata oggetto di notevoli apporti di
specie inquinanti, è necessario sviluppare
una strategia di salvaguardia
basata su rigorose valutazioni
scientifiche. I policlorobifenili
(PCB), e le policlorodibenzodiossine
policlorodibenzofurani (PCDD/PCDF)
sono gli inquinanti organici persistenti
tra i più pericolosi.
Essi sono presenti in
laguna, specialmente nei canali dell’area
industriale. I PCB sono microinquinanti
ubiquitari di origine esclusivamente
antropica non più in produzione,
caratterizzati da elevata stabilità
chimica e, a causa del loro elevato
carattere lipofilico, hanno tendenza al
bioaccumulo ed entrano nella catena
alimentare. Alcuni congeneri, infine,
hanno mostrato un elevato grado di
tossicità per le forme di vita evolute.
Per questi motivi i PCB possono essere
usati come traccianti di contaminazione
e sono adatti allo studio della caratterizzazione
delle matrici ambientali,
allo studio dei processi di trasporto tra
aree geografiche diverse, allo studio dei
flussi di inquinanti all’interfaccia
acqua-sedimento, allo studio dei flussi
acqua-aria, ecc. I PCDD/PCDDF, sono
composti chimici che si possono ottenere
da combustioni incontrollate
coinvolgenti sostanze organiche contenenti
anelli aromatici e sostanze clorurate
(ad esempio plastiche), e sono tristemente
famosi per rari ma gravissimi
episodi di contaminazione ambientale
ed avvelenamento.
La linea di ricerca attuale di IDPA ha
come obbiettivo principale l’analisi di
tali composti nei vari comparti
ambientali, con lo scopo di ottenere
una conoscenza del comportamento
del sistema e della sua reazione a cambiamenti.
Per raggiungere questo obiettivo
è necessario aumentare le conoscenze
sui meccanismi che controllano
il movimento dei contaminanti attraverso
le componenti ambientali (aria,
acqua, sedimenti, biota, uomo) e integrare
queste conoscenze mediante lo
sviluppo di modelli multicompartimentali
che descrivano i bilanci di
massa ed il destino di diverse specie
chimiche. Il modello sarà uno strumento
di fondamentale valore che
consentirà ai decisori ed Enti preposti
al monitoraggio dell’ambiente di promuovere
iniziative per la salvaguardia
della laguna dalla contaminazione. In
particolare, la possibilità di stabilire un
legame quantitativo tra input, distribuzione,
esposizione e rischio, ci mette
nella posizione di controllare quanto
funzionali siano gli attuali limiti di
legge per gli scarichi.
Nell’ambito di questi progetti, è stato
possibile mettere a punto e/o perfezionare
metodologie analitiche e strumentali
sempre più efficienti atte alla determinazione
di questi composti nei vari
comparti ambientali (sedimenti, acque
sub-superficiali, acque di microlayer,
materiale particellare sospeso, biota).
Le conoscenze analitiche e ambientali
acquisite nell’ambito di questi studi su
un sistema così complesso come quello
lagunare, hanno consentito di estendere
gli studi a sistemi ambientali simili (lagunari, marino-costieri), presenti in
aree remote del pianeta.
L’obbiettivo è
quello di ottenere informazioni sui
livelli di contaminazione a livello planetario
e, sulla base dell’acquisizione di
tali informazioni, confrontare le dinamiche
di contaminazione delle varie
aree e fornire gli input necessari per l’elaborazione
di un modello globale.
Particolarmente interessanti sono gli
studi in quei Paesi ove lo sviluppo
tecnologico/industriale è da poco iniziato,
e quindi sono particolarmente
esposti alle problematiche relative alla
contaminazione chimica, anche in
virtù di una legislazione locale in materia
decisamente arretrata. Attualmente,
sono avviati progetti di studio con il
Vietnam, con il Marocco e con il
Messico.
3) Aerosol
Le attività di ricerca dell’IDPA nella
laguna di Venezia riguardano anche lo
studio dei processi e dei meccanismi di
trasporto e diffusione di inquinanti
inorganici ed organici sia a livello locale-
regionale che a livello globale soprattutto
dovuto al ruolo svolto dall’aerosol.
In particolare viene valutata la
composizione chimica delle polveri
sottili (PM10 e PM2,5); vengono quantificati
gli apporti di microinquinanti
organici (policlorobifenili, idrocarburi
policiclici aromatici; idrocarburi alifatici)
e di elementi metallici nella laguna
di Venezia dovuti all'aerosol; vengono
stimati i flussi all’interfaccia acquaatmosfera
di inquinanti inorganici
(metalli in traccia) ed organici persistenti
(idrocarburi policiclici aromatici,
policlorobifenili) veicolati dalle deposizioni
atmosferiche secche ed umide e
dalla frazione fine dell’aerosol atmosferico
(PM2,5). Allo scopo di ottenere dati
affidabili vengono adottate rigorose
procedure di controllo della metodologia
analitica, tese alla valutazione dell’accuratezza,
della precisione e all’identificazione
di fonti di contaminazione
dei campioni.
Queste procedure
sono fondamentali in questi studi date
le concentrazioni degli analiti a livelli
di tracce ed ultratracce che necessitano,
per la loro determinazione, di strumentazioni
sofisticate (quali ICP-MS,
HRGC-HRMS e LC-MS/MS) e di
metodologie analitiche avanzate.
I risultati ottenuti permettono di individuare
le principali fonti di contaminazione
delle polveri sottili e di quantificare
gli apporti di inquinanti organici
(PCB, IPA ecc..) ed inorganici (Pb, Cd,
Zn, Cu ecc..) al sistema acquatico della laguna di Venezia. Gli studi effettuati e
soprattutto i risultati ottenuti rappresentano
un importante contributo a
disposizione degli organi decisionali
per il controllo dell’inquinamento
atmosferico.
IDPA è fortemente impegnato nell’attività
di formazione e di diffusione della
cultura scientifica in stretta collaborazione
con l’Università, il Ministero
dell’Istruzione e le scuole medie superiori
soprattutto per quanto riguarda
l’inquinamento atmosferico da polveri
sottili.
L’IDPA inoltre effettua studi sugli effetti
dei cambiamenti climatici sulla laguna
di Venezia.
In particolare viene
indagata l’influenza dei cambiamenti
climatici sulla produzione marina di
composti organici solforati volatili
importanti per la formazione di aerosol
atmosferico. L’indagine viene condotta
nell’ecosistema marino delle lagune di
Venezia, Grado e Marano e del nord
Adriatico.
4) Scambi acqua/sedimento
La Laguna di Venezia è un ambiente
particolare, antropizzato a causa di
impatti industriali, agricoli e civili e nel
quale si sono insediate numerose attività
produttive che, specie per il passato,
hanno immesso nella laguna rilevanti
quantità di inquinanti la cui presenza
ha comportato un lento e progressivo
degrado dell’ambiente lagunare.
È perciò importante conoscere gli
scambi che avvengono tra i vari comparti
ambientali (bacino scolante,
acqua, sedimento) per capire il destino
degli elementi che arrivano in laguna
dalle aree circostanti ed il loro potenziale
effetto negativo sia su flora e
fauna lagunare che sull’uomo. Nei sedimenti
della laguna infatti si accumulano
molti elementi potenzialmente
pericolosi e, anche se tali possibili
inquinanti sono al momento bloccati
nel sedimento, essi possono essere
riportati nelle acque lagunari e quindi
costituire un rischio per la salute in
seguito al variare di alcune condizioni
del sistema lagunare o di interventi di
rimozione di sedimento o di apertura
di canali.
I ricercatori dell’IDPA da diversi anni
svolgono indagini sul sistema “Laguna
di Venezia” proprio allo scopo di conoscere
gli scambi che avvengono tra
acqua e sedimento.
A questo scopo
sono stati effettuati degli esperimenti
nell’ambito del progetto CORILA per la
salvaguardia della Laguna di Venezia
che hanno portato al prelievo di una
serie di campioni di acqua e sedimento
da una zona confinata della Laguna. In
tale zona è stato possibile simulare condizioni
particolari di ossigenazione,
salinità, acidità delle acque (pH), temperatura,
allo scopo di studiare il progressivo
rilascio di elementi in traccia
(Al, As, Cd, Cu, Fe, Mn, Mo, Sb, U, V e
Zn) dal sedimento verso l’acqua qualora
si dovessero verificare, come purtroppo
è gia avvenuto per il passato,
situazioni in cui gli scambi con il mare
siano ridotti e lo sviluppo abnorme di
alghe porti ad uno stato di anossia o
ipo-ossigenazione delle acque.
I risultati ottenuti hanno messo in evidenza
come sia la risospensione del
sedimento che la variazione di condizioni
chimico-fisiche (ossigeno disciolto,
salinità, temperatura, pH) possano
portare ad una rimobilizzazione verso
l’acqua di elementi inquinanti temporaneamente
intrappolati nel sedimento.
Il sedimento dunque può essere
considerato un’importante sorgente di
contaminanti sia per quanto riguarda
la rimobilizzazione “meccanica” (ad
opera dell’uomo o di particolari eventi
naturali) che per variazioni di ossigenazione,
temperatura e pH legati ad eventi
stagionali (scarsità di ricambio con il
mare aperto e/o di precipitazioni, temperature
eccessive).
La complessità del sistema lagunare
veneziano richiederà un ulteriore
impegno da parte della comunità
scientifica e di IDPA per affrontare le
nuove emergenze generate dai cambiamenti
climatici ed in particolare per
monitorare gli effetti sui cicli biogeochimici
degli inquinanti.
La messa a punto di tecniche di risanamento
e di recupero dei sedimenti contaminati
presenti in quantità considerevoli
nei fondali della laguna rappresenta
per IDPA un obiettivo immediato.
Naturalmente le attività di ricerca
descritte, peraltro non le uniche (citiamo
ad esempio quelle di grande attualità
riguardanti il global change),
hanno prodotto risultati scientifici da
noi pubblicati sulle più qualificate riviste
scientifiche internazionali.