Vai direttamente ai contenuti

Copertina della rivista

 

Immagine: Veduta di Porto Marghera con condotte e stabilimenti industrialiImmagine: Titolo Continuare a fare chimica a Porto Marghera

 



Segretario, sul piano occupazionale che cosa significa riqualificare e riconvertire un’area industriale?
Quali sono i contraccolpi per i lavoratori e quali garanzie sono previste dal protocollo d’intesa recentemente siglato?

All’interno di un’area industriale ci sono processi di riconversione che naturalmente richiedono la riqualificazione del personale. Nel primo caso si riconverte la tecnologia impiantistica alle nuove e migliori tecnologie attraverso l’applicazione delle cosiddette B.A.T. Best Avoible Tecnology. In questo modo si possono cambiare le tipologie produttive, in qualche caso vetuste, con l’inserimento di nuovi prodotti e nuove materie prime frutto dello sfruttamento di processi di ricerca sempre alla base della politica dei nuovi mercati. Nel secondo caso occorre procedere a iniziative di riqualificazione del personale per adattarlo ai nuovi processi produttivi con adeguati percorsi formativi.

Sono processi a volte lunghi ma necessari per il mantenimento delle capacità industriali di un territorio e per contrastare le emergenze occupazionali che si potrebbero verificare. Nel protocollo firmato il 14 Dicembre 2006, si evidenzia la necessità che le imprese che continueranno ad operare dentro all’area industriale di Porto Marghera dovranno farsi carico della ricollocazione del personale e che le Istituzioni dovranno controllare che questo processo si realizzi.


Si parlava di referendum sul mantenimento degli impianti chimici a Marghera. Qual è il Suo parere in proposito?
In linea generale non si possono affrontare queste questioni con un referendum, non fosse altro che le questioni di politica industriale non ricadono soltanto sugli interessi delle popolazioni limitrofe agli insediamenti. A questo va aggiunto che non c’è stato contraddittorio e che le ragioni di entrambe le parti non hanno avuto nessuna possibilità di confronto.

Le grandi emergenze ambientali di questo paese non possono essere gestite attraverso la naturale preoccupazione delle popolazioni, ma attraverso il confronto sulle possibili soluzioni alternative che devono essere individuate tenendo conto delle ragioni dello sviluppo sostenibile e delle capacità di applicazione di progetti ecocompatibili. L’alternativa è il puro scontro ideologico senza nessuna soluzione di prospettiva. In nessun tipo di lavorazione industriale potrà mai esistere il rischio zero.


La chimica può continuare a vivere a Marghera? E quale chimica?
Porto Marghera è l’area industriale più importante d’Italia e nel settore chimico è una delle più importanti d’Europa; per le attività chimiche del Petrolchimico è stato riconosciuto il più alto standard applicativo delle normative europee in materia ambientale e di sicurezza.

Questo evidenzia la possibilità di continuare a fare chimica a Porto Marghera, anche se i processi devono essere sempre più indirizzati alla individuazione di nuove produzioni, nuovi materiali, nuove tecnologie al minor impatto ambientale possibile.


l protocollo d’intesa prevedeva l’attivazione di un Osservatorio sui fabbisogni occupazionali dell’area chimica di Porto Marghera. Quali sono gli obiettivi?

Quelli di non impoverire un’area importante come questa di professionalità altamente specifiche; non consegnare altre braccia al precariato che sarebbe la conseguenza della perdita delle grandi aziende insediate in questi territori; gestire col controllo anche pubblico i programmi di formazione necessari al riutilizzo della forza lavoro che potrà essere messa a disposizione.


Quali sono le prospettive per nuove opportunità occupazionali nell’area?
Ci sono già oggi centinaia di ettari di terreni su cui possono essere insediate attività varie che vanno dalla logistica alla cantieristica, dal terziario avanzato ai servizi e all’interno di queste attività ci sono buone prospettive occupazionali. Il vero problema è che i terreni sono inquinati in buona parte e che i progetti di bonifica sono ancora ben lontani dell’essere individuati.

La complessa gestione delle competenze e la loro frammentazione fra Enti Locali e Governativi hanno di fatto fino ad oggi impedito che le operazioni di bonifica potessero partire. In ultima analisi va ricordato però che le operazioni di bonifica costano e costeranno un mare di denaro, circa 10 miliardi di euro, e che questo denaro il Pubblico non ce l’ha. In prospettiva le possibili nuove opportunità sono ancora molto lontane nel tempo.


Come si svilupperà l’azione sindacale nei confronti del Governo per sollecitarlo ad attivare i necessari investimenti?
Il ruolo del sindacato dovrà essere di estrema propositività dentro al processo di reindustrializzazione di Porto Marghera e della Provincia di Venezia in generale.

E’ una partita troppo importante per essere affrontata con distinguo di pura matrice ideologica, ma al tempo stesso ci sono dei paletti, dei punti fermi che sono l’occupazione, la compatibilità ambientale, il mantenimento di una vocazione industriale ben precisa ed una chiara visibilità del senso di responsabilità delle Istituzioni, che non potranno essere svenduti a nessun obiettivo strategico che il Comune, la Provincia o soprattutto la Regione possano proporre.