Cambiano le strategie delle informazioni, del capitale relazionale, intellettuale e tecnologico e deve cambiare la gestione della creatività e dell’innovazione con impatti rilevanti sui processi di crescita e sviluppo economico che si vogliono sempre più sostenibili e socialmente responsabili.
Il processo di globalizzazione dei mercati,
termine brutto dal punto di vista
linguistico ma ormai entrato nell’uso
comune, ha cominciato a modificare
i sistemi economici nazionali e locali
a partire dalla metà degli anni ‘90.
Le opportunità offerte da Cina e India,
a Est e da Brasile a Ovest, hanno
generato inoltre una nuova forma di
divisione internazionale del lavoro,
con una nuova distribuzione delle attività
produttive. Un fenomeno epocale,
dunque, che non riguarda solo
le grandi multinazionali, ma anche le
piccole e medie imprese, che vedono
crescere il volume d’affari nei nuovi
mercati. Questa nuova mappa internazionale
delle attività economiche
porterà a quello che gli economisti
definiscono un “riequilibrio internazionale
delle competenze”.
La nuova ricchezza prodotta nei mercati
emergenti ha stimolato la domanda
interna al punto in cui i nuovi
mercati stanno diventando veri consumatori
e motori di crescita mondiale.
L’esempio più eclatante è senz’altro
quello della Cina. Chiunque abbia
fatto una visita anche solo turistica
a Shangai quindici anni fa e vi sia
tornato oggi, non potrà non rendersi
conto di quale incredibile mercato sia
diventato oggi quello cinese, con oltre
300 milioni di cittadini con un reddito
multimilionario.
Le attività economiche dominanti,
nei principali settori dell’industria,
perdono progressivamente la caratteristica
di bilateralità tra paese industrializzato
e paese in via di sviluppo
(ricorderete il vecchio incontro-scontro
Est Ovest e poi Nord Sud degli
anni Ottanta, ipotizzato da un grande
statista come Willy Brandt) per prendere
una forma molto più articolata
e complessa, alla ricerca di nuove opportunità
globali.
Le imprese dei mercati emergenti
hanno spesso accumulato il capitale
necessario per investire in nuove
attività d’innovazione. Interessante
l’esempio della penetrazione di aziende
cinesi in Italia, con l’acquisizione
di alcuni moli del vecchio porto di
Taranto e investimenti per riconvertirlo
entro pochi anni nel maggiore
terminal mediterraneo per super cargo.
Esperienza già fatta dai cinesi col
porto del Pireo ad Atene. Una nuova
sfida competitiva, dunque, di carattere
planetario.
Nuove opportunità, quindi, ad essa
legate, cui occorre rispondere con
strategie basate sui moderni processi
innovativi, caratterizzati da
multidimensionalità, interdisciplinarità,
interdipendenza, molteplicità di
conoscenze, di competenze, di effetti,
di costi e di benefici economici, sociali,
ambientali e territoriali.
I modelli di impresa cambiano con
rapidità impressionante.
Essi sono
contraddistinti sempre più da interattività
e integrazione di risorse e
processi produttivi, da un sempre
maggiore impegno del management
nell’aggiornamento delle proprie
competenze, da una aumentata complessità
organizzativa, da imprevedibilità
e, soprattutto, dalla instabilità
dei mercati, sempre più globalizzati,
che richiedono una costante ricerca
della massima flessibilità ed efficienza.
Questo scenario futuro, che è comunque
in parte già presente, richiede
nuovi modelli d’impresa. In questo
ha ragione l’ad di Fiat, Marchionne,
nel definire l’azienda torinese come
un punto di “svolta storica” per l’imprenditoria
italiana. Cambiano infatti
le strategie delle informazioni, del
capitale relazionale, intellettuale e
tecnologico e deve cambiare la gestione
della creatività e dell’innovazione
con impatti rilevanti sui processi di
crescita e sviluppo economico che si
vogliono sempre più sostenibili e socialmente
responsabili.
Una sfida che non è, non può essere,
solo degli imprenditori e dei manager
ma che vede, o meglio, dovrebbe vedere
l’impegno di una rinnovata classe
politica e di nuove relazioni sindacali.
Sul punto, soprattutto per quello
che riguarda la situazione italiana, mi
permetto qui di chiudere lasciando
trasparire il mio realistico pessimismo.
Chi perderà questa sfida, però,
non solo avrà perso il campionato ma
anche la possibilità di accedere alla
Champions.