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Il progetto riabilitativo nelle gravi disabilità: il paradigma dell'empowerment

La riabilitazione deve operare sempre più secondo il paradigma dell’empowerment del disabile rispetto al paradigma della riparazione e del recupero funzionale d’organo. Il concetto di empowerment considera la persona nella sua completezza socio-relazionale e la vede come titolare piena di propri poteri o diritti.


Importanti conquiste scientifiche ed applicazioni tecnologiche hanno segnato negli ultimi cinquant’anni i sorprendenti progressi che in materia di diagnosi e terapia, hanno permesso e permettono guarigioni una volta insperate e, soprattutto, sopravvivenze fino a pochi anni fa sconosciute. Si è tuttavia presa piena consapevolezza che la medicina non può guarire tutto e la qualità delle sopravvivenze è spesso pesantemente segnata da gravi di - sagi e condizioni di marcata non autosufficienza.

La dipendenza rappresenta una frustrazione della libertà, una riduzione delle possibilità di scelta e spesso un pregiudizio della dignità dell’uomo che sono fra i beni più preziosi acquisiti a caro prezzo dall’umanità. L’organizzazione sanitaria si è conseguentemente trovata di fronte a “nuovi bisogni” a cui rispondere, che con una maggiore conoscenza e presa di coscienza da parte della popolazione si è tramutata in una domanda pressante di interventi riabilitativi.

Le organizzazioni sanitarie dei paesi più avanzati, d’altro canto, si sono da anni rese conto che:

  • il problema sanitario principale oggi è rappresentato dalla gestione delle condizioni di “cronicità” in continuo aumento, come anche richiamato più volte dall’OMS;

  • un efficace ed efficiente funzionamento di un “ospedale per acuti” dipende pesantemente dalla presenza di una buona riabilitazione ospedaliera e territoriale;

  • la presenza di adeguati percorsi di cura riabilitativi determina, oltre ad una migliore qualità di vita delle persone prese in carico, una riduzione dei costi sanitari complessivi determinati da un minore ricorso alle riospedalizzazioni nelle strutture per acuti e ad una minore comparsa di complicanze.

Tutto ciò ha portato alla necessità di sviluppare la rete delle strutture sanitarie e sociali della riabilitazione e delineare in modo moderno la “mission” e la “vision” della Medicina Riabilitativa, quest’ultima realizzata con la predisposizione e l’emanazione delle Linee guida ministeriali per le attività di riabilitazione pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nel 1998. La Medicina Riabilitativa, o fisiatria, rappresenta quella branca della medicina che cura le conseguenze delle malattie disabilitanti approcciate nelle tre diverse dimensioni finora identificate e classificate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – menomazioni, limitazioni delle attività e restrizione della partecipazione – al fine di favorire il massimo recupero della dignità e della qualità di vita di tutte le persone disabili.

La riabilitazione si caratterizza come un processo di sviluppo di una persona finalizzato alla realizzazione dell’intero potenziale fisico, psicologico, sociale, professionale, occupazionale ed educativo compatibile con le menomazioni relative alle varie funzioni e strutture corporee e le limitazioni ambientali. Obiettivi realistici devono essere individuati per la singola persona e questi guidare in modo coerente, combinato ed integrato i vari interventi preventivi, curativi, educativi ed assistenziali realizzati secondo la metodica del problem solving e il principio dell’empowerment. Per le disabilità più gravi il processo coinvolge anche la famiglia del disabile, le persone per lui significative e l’ambiente di vita. In tal modo si opera per raggiungere la funzione ottimale indipendentemente dalla disabilità residua, anche se le menomazioni causate dal processo patologico non possono essere emendate. In tale processo entrano in gioco tutte le risorse a disposizione della persona disabile, sia di tipo biologico che non biologico come le risorse culturali, formative, esperienziali, familiari, economiche, ambientali, sociali, ecc. La riabilitazione deve operare sempre più secondo il paradigma dell’empowerment del disabile rispetto al paradigma della riparazione e del recupero funzionale d’organo. Il concetto di empowerment si basa sul considerare la persona nella sua completezza socio-relazionale e vederla come titolare piena di propri poteri o diritti, come indicato nel lontano 1978 nella dichiarazione di Alma Ata dell’OMS che definiva l’empowerment come educazione sanitaria e promozione dei comportamenti favorevoli alla salute, per ridurre le diseguaglianze e fornire alle persone gli strumenti critici per prendere le decisioni migliori per il loro benessere, e promuovere politiche pubbliche rispettose degli obiettivi di salute.

In ambito socio-sanitario italiano la riabilitazione, intesa complessivamente come attività sanitarie ed interventi sociali, è stata definita come un processo di soluzione dei problemi e di educazione nel corso del quale si porta una persona disabile a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, affettivo, emozionale, relazionale, lavorativo e sociale, con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative, pur nell’ambito delle limitazioni delle sue menomazioni e della quantità e qualità di risorse disponibili.

Le attività sanitarie di riabilitazione, denominate Medicina Riabilitativa o Medicina Fisica e Riabilitativa, sono orientate al recupero funzionale e al reinserimento sociale della persona temporaneamente o definitivamente disabile e sono definite come “il complesso di interventi valutativi, diagnostici, terapeutici ed altre procedure finalizzati a portare il soggetto disabile a muoversi, camminare, parlare, vestirsi, mangiare e comunicare efficacemente e, soprattutto, farlo ritornare attivo nel proprio ambiente familiare, lavorativo, scolastico e sociale”.

GraficaGli “interventi di riabilitazione sociale” rappresentano il complesso di azioni, attività ed interventi finalizzati a garantire al disabile la massima partecipazione possibile alla vita sociale ed economica con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative, indipendentemente dalla gravità delle menomazioni e delle restrizioni delle attività inemendabili, al fine di contenere la condizione di svantaggio sociale e di restrizione della partecipazione. In tale ambito devono essere continuati gli sforzi per il completamento del passaggio da sistemi di riabilitazione istituzionalizzata, fondata sulla dipendenza della persona svantaggiata, ad un sistema aperto di società, in cui l’accento è posto sulla più ampia indipendenza possibile della persona disabile e che si basa sul pieno riconoscimento del diritto di essere diverso e sulla cultura dell’accettazione.

Spetta in massima parte alla società adeguarsi ai bisogni delle persone più deboli ed adoperarsi per la loro piena valorizzazione. Una moderna riabilitazione deve quindi prevedere un percorso integrato socio-sanitario che contempli l’intima connessione dei programmi di intervento sanitario finalizzati a sviluppare tutte le risorse potenziali dell’individuo in abilità funzionali con gli interventi sociali orientati a sviluppare e rendere disponibili le risorse e le potenzialità ambientali, per amplificare e rinforzare l’intervento abilitativo consentendo l’inserimento o il reinserimento del disabile nei diversi cicli della vita sociale (scuola, lavoro, famiglia, tempo libero, etc.). In questo ambito vanno collocate anche le risposte per la “tutela a vita” di soggetti completamente non autosufficienti, in stato vegetativo cronico o a responsività minimale, tetraplegici, SLA in fase avanzata, etc. Tali tipologie di gravissima disabilità pongono problematiche nuove e sono in progressivo aumento, come emerge dai più recenti dati epidemiologici relativi alle gravi disabilità quali quelle derivanti dagli esiti di gravi danni cerebrali come i traumi cranio-encefalici, i comi post-anossici, le malformazioni vascolari e le lesioni midollari cervicali complete.

svantaggio sociale e di restrizione della partecipazione. In tale ambito devono essere continuati gli sforzi per il completamento del passaggio da sistemi di riabilitazione istituzionalizzata, fondata sulla dipendenza della persona svantaggiata, ad un sistema aperto di società, in cui l’accento è posto sulla più ampia indipendenza possibile della persona disabile e che si basa sul pieno riconoscimento del diritto di essere diverso e sulla cultura dell’accettazione. Spetta in massima parte alla società adeguarsi ai bisogni delle persone più deboli ed adoperarsi per la loro piena valorizzazione. Una moderna riabilitazione deve quindi prevedere un percorso integrato socio-sanitario che contempli l’intima connessione dei programmi di intervento sanitario finalizzati a sviluppare tutte le risorse potenziali dell’individuo in abilità funzionali con gli interventi sociali orientati a sviluppare e rendere disponibili le risorse e le potenzialità ambientali, per amplificare e rinforzare l’intervento abilitativo consentendo l’inserimento o il reinserimento del disabile nei diversi cicli della vita sociale (scuola, lavoro, famiglia, tempo libero, etc.).

In questo ambito vanno collocate anche le risposte per la “tutela a vita” di soggetti completamente non autosufficienti, in stato vegetativo cronico o a responsività minimale, tetraplegici, SLA in fase avanzata, etc. Tali tipologie di gravissima disabilità pongono problematiche nuove e sono in progressivo aumento, come emerge dai più recenti dati epidemiologici relativi alle gravi disabilità quali quelle derivanti dagli esiti di gravi danni cerebrali come i traumi cranio-encefalici, i comi post-anossici, le malformazioni vascolari e le lesioni midollari cervicali complete. La riabilitazione medica approccia il soggetto disabile nella sua globalità fisica, psichica, affettiva e relazionale tramite l’utilizzo di un insieme di trattamenti e sistemi specializzati di rieducazione tendenti a ridurre al minimo i postumi della lesione e a massimizzare le residue abilità funzionali, fisiche e mentali.

Nell’ambito della medicina riabilitativa distinguiamo tre principali tipologie di interventi:

  • terapeutici, volti a modificare le menomazioni e/o il livello di disabilità e a loro volta distinguibili in:
    • preventivi delle menomazioni e disabilità secondarie;
    • emendativi delle menomazioni e disabilità;
    • compensatori delle menomazioni e disabilità;

  • assistenziali, volti a mantenere e a promuovere le migliori condizioni concesse dalla malattia disabilitante e dalla disabilità;

  • educativi, volti a consegnare alla persona disabile e/o alle persone a lui vicine strumenti conoscitivi utili alla accettazione della disabilità inemendabile e alla sua gestione.

Parte importante dell’armamentario fisiatrico è rappresentato dalla cosiddetta “rieducazione funzionale”, intesa come una serie combinata di interventi e di tecniche interprofessionali finalizzate a migliorare la prognosi funzionale delle conseguenze di patologie disabilitanti localizzate o generali. In generale essa comprende:

  • la rieducazione motoria che, con l’utilizzo dell’esercizio terapeutico e l’applicazione di vari e complessi metodi e mezzi fisioterapici, mira al recupero dell’uso funzionale di muscoli e segmenti corporei colpiti dalla patologia e al rafforzamento di quelli rimasti integri;

  • la rieducazione delle turbe cognitive e del comportamento finalizzata al recupero intrinseco e/od adattivo di alterazioni di funzioni come la memoria, l’attenzione, la pianificazione, le prassie, il linguaggio, etc;

  • la rieducazione delle turbe disfagiche e disartriche, per consentire all’individuo di recuperare e sviluppare le capacità di deglutizione e di comunicazione;

  • la rieducazione delle turbe sfinteriche legate prevalentemente alle funzioni vescico-minzionali e ano-rettali;

  • il recupero delle abilità necessarie ad una vita autonoma sia per quanto riguarda la cura di sé sia per quanto necessario a vivere in comunità;

  • la riabilitazione professionale che, sfruttando le abilità motorie e cognitive recuperate e studiando l’eventuale applicazione di ausili tecnici e di modifiche ambientali, ha per scopo l’apprendimento e il massimo recupero di tutte le attività funzionali necessarie all’inserimento o al reinserimento scolastico e/o lavorativo;

  • una riabilitazione per evitare o ridurre la necessità di cure continue.

I moderni orientamenti culturali ed interventi clinici riconoscono nel bagaglio tecnico della Medicina Riabilitativa capacità specifiche nell’ambito della prevenzione delle lesioni e menomazioni secondarie a diverse tipologie di patologie, agendo soprattutto nella primissima fase dell’evento morboso a rischio di disabilità, nonché strumenti valutativi e terapeutici indispensabili per un corretto e completo intervento rieducativo di menomazioni e disabilità importanti. Questo ha comportato una concentrazione massiva di risorse operative nella prima fase della malattia, a rischio di sviluppare disabilità e nell’intervento precoce sulle menomazioni e sulla condizione disabilitante, quando è maggiore il potenziale di modificabilità del deficit e più efficace l’intervento terapeutico riabilitativo.

Oggi, nell’ambito di una appropriatezza organizzativa, possiamo richiedere ad una struttura organizzativa di riabilitazione medica che si organizzi ed operi in modo tale da garantire che:

  • il percorso di presa in carico sia attivato per tutte le persone che ne hanno necessità nel rispetto dei criteri di “accessibilità” e “copertura della rete”;

  • gli interventi siano effettuati in tempi adeguati in rapporto al tipo di bisogno e nel rispetto dei tempi d’intervento in funzione delle fasi biologiche del recupero e delle necessità socio-ambientali, nel rispetto del criterio di “tempestività”;

  • vi sia garanzia di una coerente successione ed integrazione dei diversi interventi e tipologie di setting in funzione delle fasi del processo morboso, delle condizioni cliniche della persona, delle situazioni familiari ed ambientali, nel rispetto del criterio di “continuità” del percorso di cura;

  • ogni intervento della presa in carico riabilitativa sia guidato da un progetto riabilitativo individuale e conseguentemente orientato all’outcome globale della persona servita, nel rispetto del criterio della “presa in carico omnicomprensiva” della persona disabile e delle persone per lei significative;
  • vengano effettuati interventi di validità riconosciuta e condivisa nel rispetto del criterio di “efficacia” o dell’“Evidence Based Medicine”;

  • sia facilitata la partecipazione attiva e consapevole al percorso di cura al paziente e alla sua famiglia, se necessario, da perseguire con azioni di educazione, supporto, formazione ed informazione durante tutto il periodo della presa in carico riabilitativa, nel rispetto del criterio del “coinvolgimento attivo dell’utente”, indispensabile nell’ambito dei processi riabilitativi;

  • sia realizzato un sistema indipendente, imparziale ed obiettivo di valutazione dell’efficacia e dell’efficienza delle singole prese in carico e complessiva della rete integrata dei servizi di riabilitazione sanitaria e sociale, nel rispetto dei criteri di “valutazione efficacia” e “valutazione efficienza”.

La riabilitazione di una persona affetta dagli esiti di un danno disabilitante è caratterizzata quindi da un “processo”, un percorso, più o meno lungo, che vede come compagni di viaggio diverse tipologie di professionisti e si snoda in diverse tipologie di strutture organizzative o di setting in base agli specifici bisogni ed obiettivi. Quando più professionisti, più specialisti e diverse strutture organizzative intervengono nel processo riabilitativo di un disabile risulta essenziale che tutti operino in sinergia per raggiungere lo stesso obiettivo: il migliore recupero di autonomia e di partecipazione ed autodeterminazione possibile, ossia la migliore qualità di vita permessa dalle menomazioni. La Medicina Riabilitativa si caratterizza per uno spiccato carattere di lavoro in “gruppo” e con modalità “interdisciplinari”. Per questo motivo le linee guida ministeriali per le attività di riabilitazione del 1998 riportano la seguente forte raccomandazione: “in Medicina Riabilitativa la presa in carico avviene obbligatoriamente mediante la realizzazione del progetto di riabilitazione, mentre i singoli interventi vengono realizzati nell’ambito di specifici programmi terapeutici”, in analogia con quanto avvienenei paesi con più lunga esperienza riabilitativa. Fisiatria: una squadra di professionisti al servizio del disabile e della sua famiglia. Questo implica la necessità di sviluppare ben definiti strumenti organizzativi ed adeguate modalità d’intervento basate sulle evidenze scientifiche disponibili e l’esperienza qualificata maturata.

Strumenti particolarmente efficaci e moderni sono i cosiddetti “percorsi di cura” o “clinical/care pathway” intesi come un complesso intervento formato da diverse componenti, che costituiscono un piano di cura con l’obiettivo di promuovere una presa in carico multidisciplinare efficiente ed organizzata basata sulle migliori evidenze e linee guida disponibili per una specifica condizione, come definite da Campbell e Collaboratori nel 2000 sul BMJ. La “care pathway” rappresenta una metodologia per una presa di decisione collegiale tra i professionisti che operano nell’ambito del progetto riabilitativo ed una organizzazione degli interventi orientati ad una ben definita tipologia di pazienti durante un periodo ben definito.

Ogni percorso di cura, o “clinical pathway”, deve possedere le seguenti caratteristiche:

  • un’esplicita definizione degli obiettivi e degli elementi cruciali dell’assistenza basati sull’evidenza, sulla migliore pratica e sulle aspettative di pazienti;

  • la facilitazione della comunicazione, l’individuazione del ruolo di coordinamento e una definizione della sequenza delle attività del team multiprofessionale di assistenza nei confronti del paziente e dei suoi familiari;

  • una adeguata documentazione, monitoraggio e valutazione di ogni variazione del paziente e degli outcome;

  • l’individuazione delle risorse appropriate necessarie a realizzare il percorso di cura.

Altro strumento essenziale è rappresentato dal modello organizzativo delle reti dei presidi e strutture sanitarie per l’acuzie e per la riabilitazione. Uno dei modelli di riferimento più utilizzato è quello a reti integrate di servizi di livello regionale e/o sovraregionale a tipo “Hub and Spoke”. La rete ospedaliera così organizzata ed in particolare le strutture organizzative complesse e semplici ospedaliere o territoriali di Medicina Riabilitativa, durante la fase riabilitativa fino alla fase degli esiti, sono chiamate ad assicurare specifici sistemi di coordinamento e integrazione tra i servizi di riabilitazione e i servizi distrettuali territoriali e dei Comuni che dovranno garantire la continuità assistenziale nella fase degli esiti.


Bibliografia/letture consigliate

  • Basaglia N. Trattato di Medicina Riabilitativa, Vol. I – Principi generali, valutazione e diagnosi riabilitativa. Napoli, Gnocchi Ed., 2009.

  • Basaglia N. Progettare la Riabilitazione, il lavoro in team interprofessionale. Milano, Edi-Ermes, 2002.

  • World Health Organization (WHO). International Classification of Functioning, Disability, and Health: ICF. Genèva: WHO, 2001; edizione italiana della Edizioni Erickson, Trento, 2002.

  • Linee-guida del Ministero della sanità per le attività di riabilitazione. Provvedimento 7 maggio 1998. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, anno 139, n. 124, 1998.

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