Che direzione prenderà lo sviluppo socio-economico-ambientale
del pianeta? Lester R. Brown, Presidente dell’Earth Policy Institute
(Washington), sostiene che in tempi brevi bisognerà imporre un
nuovo paradigma dello sviluppo mondiale: bisognerà rendersi
conto che non è vero che l’ambiente è una parte dell’economia
ma piuttosto è vero il contrario e cioè l’economia è una parte
dell’ambiente.
In un contesto nazionale caratterizzato
da un sostanziale collasso delle iniziative
pubbliche di sostegno e promozione
delle attività di ricerca, sia di
base che finalizzata, la probabile ed
auspicata ripresa economica rischia di
trovare il sistema Italia in sostanziale
ritardo rispetto ai Paesi tradizionalmente
concorrenti ed anche rispetto
alle economie emergenti.
La crisi economica mondiale, che colpisce
il nostro Paese non meno pesantemente
degli altri, ci trova in una
situazione molto pesante sul versante
del finanziamento delle attività di
ricerca. Tutte le iniziative di promozione
della ricerca programmate per il
periodo 2007-2013, nazionali e/o
regionali, sono sostanzialmente ferme
al palo, per cui alla fine del 2009,
quando saranno già passati tre dei
sette anni del periodo, solo una minima
parte dei fondi sarà stata spesa o
impegnata in iniziative rendicontabili.
Un ritardo inconcepibile ed inaccettabile
perché una parte considerevole
dell’innovazione delle imprese italiane
passerà attraverso lo sfruttamento di
quelle risorse.
Tutti riconoscono un nesso tra sviluppo
economico ed innovazione tecnologica.
E tuttavia questo ruolo è complesso
e non totalitario in quanto altri
fattori hanno un peso non marginale e
la correlazione tra questi fattori è altamente
non lineare. Ne risulta una
ricetta globale che ancor oggi è di difficile
comprensione e sicuramente di
delicato governo. Tra questi fattori
vanno citati l’innovazione gestionale,
la vivacità del mercato di riferimento,
la presenza nel territorio di adeguate
infrastrutture, l’accesso al credito e
relativi costi, la legalità ed il rispetto
delle regole, per citare i più facilmente
riconoscibili. Assieme all’innovazione
tecnologica ed alle collaborazioni con
i centri di ricerca, questi fattori, tutti
insieme, possono determinare il successo
dell’impresa anche in momenti
drammatici come quelli attuali in cui
molte imprese italiane rischiano di
perdere quote sostanziali dei mercati
abitualmente visitati.
Cosa c’è dopo la crisi? Sapremo trarre
vantaggio da questa impasse internazionale?
L’Ing. Pasquale Pistorio, past
A.D. della STMicroelectronics, ama
dire che le imprese del settore microelettronico
sono frequentemente investite
da crisi più o meno gravi e che
quelle più sane, più proiettate al futuro
ed all’innovazione, nelle fasi successive
alla crisi, quando il mercato
“torna a tirare”, guadagnano posizioni
rispetto alle altre, aumentando la loro
penetrazione nei mercati. Così come
nelle gare di Formula Uno, dice ancora
Pistorio, dove la maggior parte dei
sorpassi ha luogo in frenata alla fine di
un rettilineo, le imprese debbono
approfittare della crisi dei mercati (la
frenata) che interviene dopo una fase
di mercato in espansione (il rettilineo)
per sorpassare le altre. Le Imprese
microelettroniche, quindi, sono vere
“specialiste delle crisi” (loro malgrado!),
in quanto il loro mercato ne soffre
periodicamente ed hanno imparato
che le opportunità offerte dalla
ripartenza del mercato dopo una crisi
vanno colte tempestivamente programmando
con lungimiranza nuovi
prodotti e nuove strategie che tengono
conto delle mutate condizioni dei
mercati e ne assecondano il divenire.
Ma quale potrebbe essere il nuovo
corso, dopo la crisi?
Che direzione
prenderà lo sviluppo socio-economico-
ambientale del pianeta?
Lester R.
Brown, Presidente dell’Earth Policy
Institute (Washington), sostiene che
in tempi brevi bisognerà imporre un
nuovo paradigma dello sviluppo mondiale:
bisognerà rendersi conto che
non è vero che l’ambiente è una parte
dell’economia ma piuttosto è vero il
contrario e cioè l’economia è una
parte dell’ambiente. La crisi economica
attuale ha trovato il pianeta con i
primi timidi tentativi di ristrutturare il
modello di sviluppo attuale per assecondare,
almeno in piccola parte, il
paradigma di Brown. Un modello
attuale di sviluppo basato sull’abuso
dissennato dei carburanti fossili, in cui
tutto o quasi tutto ruota attorno
all’automobile, città disegnate per
l’automobile, standard di vita (limitati
a meno di un quinto della popolazione
mondiale) che i nostri antenati non
avrebbero nemmeno sognato, sia in
termini di dieta, livello di consumo di
materiali che di una mobilità fisica
inimmaginabile sino a solo 50 anni fa
(L.R. Brown: “Eco-Economy”, Earth
Policy Institute, Norton&Company,
New York-2001).
La domanda è:
quanto realistica può risultare una previsione
in cui questo modello possa
essere ribaltato?
Quanto tempo occorrerà
perché questa transizione epocale
abbia luogo?
E, soprattutto, conviene
investire da subito in questa direzione?
Come sempre accade in questo genere
di interrogativi, dare uno sguardo agli
USA ed a ciò che bolle in pentola da
quelle parti può aiutare a capire quale
sarà il prossimo corso degli eventi.
Sono tre le direttrici in cui, negli USA,
sta avendo luogo una vera e propria
rivoluzione industriale. Rivoluzione
che, contrariamente a quanto si crede
non è dovuta solo al grande impulso dato
recentemente dall’Amministrazione
Obama a queste tematiche ma, a ben
guardare, trae origine da importanti
decisioni assunte dall’Amministrazione
Bush (figlio), soprattutto quelle
riguardanti i nuovi materiali per
l’energetica.
Le tre direttrici sono:
Si tratta di tre settori chiave per l’economia
mondiale per i quali, ancora
una volta, una impresa che volesse cimentarsi in uno di questi mercati
potrà giovarsi di quella ricetta “complessa”
di cui sopra, in cui tutti i fattori
citati in precedenza giocano questo
ruolo di squadra assicurando buone
chance di successo economico.
Ognuno di questi settori merita di
essere discusso con un dettaglio che le
dimensioni di questa breve nota non
possono supportare. Mi limiterò solo
ad alcuni cenni cercando spunti di
aggancio per la situazione attuale italiana.
Le energie rinnovabili rappresentano
una grande opportunità di sviluppo
immediatamente fruibile. L’era del
solare cosiddetto termico, termodinamico
e fotovoltaico (di prima generazione
ma anche di seconda e terza) è
già iniziata ed in alcuni settori registriamo
casi di ottimi successi industriali
di aziende italiane.
Si potrebbe
fare molto di più nel settore delle biomasse
e dell’eolico dove si incontrano
però delle resistenze di alcuni settori
ambientalistici.
Gli architetti amano sostenere che la
città è la più grande invenzione dell’uomo.
Bisogna ammettere che
(forse) hanno ragione, e non solo perché
“grande” in termini di dimensioni
ma perché “grande” come importanza.
Le città americane, costruite sul
modello della mobilità estrema garantita
dalle automobili e dai sistemi
aeroportuali, vivono un momento di
ripensamento ed alcune, come
Chicago, di profonda crisi. Chicago
downtown viene descritta oggi come
un posto spettrale da cui tutti o quasi
tutti sono scappati via per trasferirsi
nelle ricche periferie lasciando il centro
cittadino ad alcuni uffici ed ai di -
seredati. Adottare nuovi modelli urbanistici
a ridotto consumo energetico
sarà una grossa sfida per le città USA
mentre per l’Europa e per l’Italia la
situazione è diversa, meno estrema,
ma pur sempre critica. Molti centri
cittadini in Italia e nel resto d’Europa,
adottano il sistema delle Zone a
Traffico Limitato in un modello che
lascia intravvedere per il futuro un
centro svuotato di uffici e servizi -
essenzialmente un mega centro di
ritrovo per la movida - ed una periferia,
più o meno lontana, dove uffici e
grandi centri commerciali la fanno da
padrone. I sistemi di mobilità di massa
debbono guadagnare efficienza per
poter supportare questo sviluppo
urbanistico.
La Città e tutto quanto
ruota attorno all’efficienza energetica
legata a scelte urbanistiche avrà probabilmente
uno sviluppo di lungo periodo
che comincerà ad essere apprezzato
tra qualche decina di anni, mentre su
tempi più brevi è prevedibile aspettarsi
un grande sviluppo delle tecnologie
per l’uso dell’idrogeno come combustibile
per autotrazione (motori a
combustione interna e celle a combustibile)
o come vettore energetico in
sistemi fotovoltaici integrati. Il discorso
dell’idrogeno ci porta a quello dei
materiali, materiali per nuovi vettori
energetici come l’idrogeno, nuovi
semiconduttori, nuovi tecnopolimeri
per la casa e per la domotica. La
Domotica, l’automazione domestica,
potrebbe rappresentare per il Made in
Italy una grande occasione di sviluppo
e la grande tradizione italiana nel settore
dei mobili e dell’arredamento
dovrebbe poter trarre giovamento
dalla presenza di un grosso produttore
italiano di dispositivi microelettronici,
la STMicroelectronics, tradizionalmente
molto aperta all’innovazione di
prodotto.
Infine un cenno al grande sogno del
cibo per tutti. Questo settore è entrato
in conflitto clamoroso con quello dell’energetica
nel momento in cui si è
cercato di sostituire una parte del consumo
di idrocarburi per uso automobilistico
con etanolo o metanolo proveniente
da fermentazione di particolari
coltivazioni. Il delicato equilibrio
economico produttivo legato ai grandi
volumi produttivi di granaglie dei produttori
nord-americani (largamente
…foraggiati.. da contributi pubblici)
ed al conseguente basso prezzo di questi
prodotti è stato messo in crisi dall’avvento
di nuove coltivazioni di mais
dedicate alla fermentazione. Ne è risultata
un’impennata dei prezzi del mais e
del frumento che non fa ben sperare
per il futuro di queste applicazioni.
Questo è un settore tradizionalmente
poco esplorato e sfruttato in Italia ed è
un vero peccato perché la ricerca ha
dimostrato che, anziché ricorrere alla
fermentazione del mais o di granaglie
“nobili”, si può ricorrere a nuove specie
che tra l’altro possono essere coltivate
in terreni oggi del tutto abbandonati; e
l’Italia di questi terreni ne ha tantissimi
da poter dedicare a queste nuove coltivazioni
che per loro natura non entrerebbero
in competizione con le coltivazioni
dedicate al cibo umano o per la
zootecnia.
Infine, un ultimo cenno alla carenza di
fondi per la Ricerca che oggi lamentiamo
in Italia.
È vero che la Ricerca e
l’innovazione tecnologica non sono gli
unici fattori di sviluppo, ma è anche
vero che senza Ricerca non si va da
nessuna parte. Rimettere in moto il
sistema di stimolo alla Ricerca
Applicata (ed anche quella di base
senza la quale saremmo ancora all’età
della pietra) deve rappresentare uno
stimolo per la classe politica che ognuno
di noi deve concorrere a far arrivare
chiaro e forte nelle stanze del potere.