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La ''nuova frontiera'' della ricerca italiana: l’internazionalizzazione come motore delle nuove strategie di sviluppo globali

Emerge con sempre più forza l’esigenza di creare una globalizzazione scientifica e di ricerca che esuli e superi il solo aspetto nazionale ma che guardi, con maggiore enfasi, alla costruzione comune di uno Spazio Europeo della Ricerca.

E’ mia ferma intenzione aprire questa breve nota con la notizia di come il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Onorevole Mariastella Gelmini, abbia voluto, attraverso la nuova creazione della Direzione Generale per l’Internazionalizzazione della Ricerca, Direzione rafforzata nei suoi uffici, sottolineare il Suo interesse, e quello del Governo, ai temi, ormai prioritari, dell’Europa e della nostra fattiva partecipazione. Abbiamo avuto come Direzione, uno stop per un anno sabbatico e di studio ed ora tenteremo di mettere in pratica quanto da noi imparato. Tenterò soltanto di fare, in maniera breve, alcune considerazioni sia di carattere generale, sia su come il Ministero e la Direzione Generale da me diretta in particolare, intenderanno procedere in futuro a favore di una nostra più attiva partecipazione alla competizione europea ed internazionale. Permettetemi di iniziare con una constatazione.

La rinnovata Strategia di Lisbona, come tutti sanno, vorrebbe vedere il nostro Paese crescere vertiginosamente, portando il proprio PIL in ricerca alla vetta del 2.5%, e tutto questo entro i prossimi giorni, nel 2010. Oggi siamo forse all’1.1%, credo molto meno, e quindi quello che è stato definito l’obiettivo della “chimera” Lisbona, oggi è sicuramente una meteorite che tra pochi giorni si abbatterà sul nostro sistema ricerca. Si stanno sollevando nel mondo accademico e della ricerca voci profonde di preoccupazione, ma poche di queste sono propositive, poche di queste ci spiegano come ovviare al problema.

Nei miei interventi tengo molto a sottolineare che io provengo da un certo tipo di tradizione, nel periodo dei tempi d’oro per la ricerca e l’Università, trascorsi attraverso forti contestazioni in cui vi fu la paura, da parte degli studenti, della possibile privatizzazione delle Università, il movimento della Pantera Nera.

In quel periodo comunque il PIL in ricerca, raggiungeva quota 1.5%. L’OCSE valutò il progetto di riforma in atto e posizionò il nostro Paese tra il 4° ed il 5° posto tra i Paesi più industrializzati in Europa, senza voler poi considerare l’enorme attività legislativa, circa 87 provvedimenti che accompagnarono quei decenni. Ciò detto, qual è la mia sfortuna: è quella che, come Direttore Generale, naturalmente concludo i convegni che si svolgono nella varie Università o Enti di Ricerca, quindi sono sistematicamente oggetto di attacchi da parte dei relatori che mi precedono, ovviamente non attacchi personali, ma del tipo “dico a suocera, perché nuora intenda”.

Posso dire di volermi assumere tutte le responsabilità, ma credo, se si vuole uscire da questo labirinto, sia più opportuno convincersi che, tutti noi che lavoriamo in questo settore, abbiamo avuto in passato delle responsabilità, piccole o grandi, che insieme ci hanno portato a questo punto. Solo così, con senso di responsabilità da parte di tutti, si potrà disegnare un progetto che ci permetta di risalire la china ed unirci con maggiore sforzo nella difficile competizione della globalizzazione.


Ma veniamo a noi, qual è lo scenario presente:

  • siamo in una fase di riorganizzazione;

  • siamo in tempi di tagli;

  • siamo in ritardo.

Questi tre fattori ci fanno oggi comprendere con estrema chiarezza che, mai come in questo periodo, si sente crescere l’esigenza di restituire il giusto valore alla ricerca scientifica ed all’impatto naturale che questa dovrebbe avere e che avrà, nel risolvere molti problemi che oggi ci troviamo ad affrontare. Probabilmente aver concepito nel passato il concetto di globalizzazione o mondializzazione in modo prevalentemente mercantilistico, basato cioè più allo scambio delle merci e dei materiali, ci ha fatto trascurare un elemento a mio avviso centrale per una crescita qualitativa, ossia la consapevolezza che la crescita di una società è profondamente legata alla produzione dei saperi, alla ricerca. In poche parole una “Knowledge based society”. Da qui l’esigenza di creare una globalizzazione scientifica e di ricerca che esuli e superi il solo aspetto nazionale ma che guardi, con maggiore enfasi, alla costruzione comune di uno Spazio Europeo della Ricerca.

Siamo ormai tutti consapevoli del fatto che “conoscenze e competenze” costituiscono una componente centrale e decisiva del capitale necessario per innescare, sostenere e sviluppare i nuovi modelli di produzione e di organizzazione della società.

Esse compongono insieme, quello che viene definito ”capitale immateriale”, che è stato indicato come la nuova ricchezza delle Nazioni. E’ dunque fondamentale che i processi per la sua accumulazione e la sua distribuzione, siano decisivi per partecipare alla creazione e alla distribuzione di questa ricchezza. Noi abbiamo un grande “capitale immateriale” tra i migliori del mondo ed oggi ne abbiamo la dimostrazione, non possiamo lasciarcelo sfuggire, dobbiamo creare e rafforzare alcune iniziative che ci permettano di tenere questa ricchezza immateriale, ponendo in essere, contestualmente, provvedimenti innovativi per permettere il rientro degli studiosi che hanno lasciato il nostro Paese.


Quali saranno i nostri passi per migliorare la nostra partecipazione ai programmi europei:

  • Rafforzamento delle Commissioni che operano a Bruxelles, nel senso qualitativo e quantitativo. Le Commissioni dovranno operare in modo preventivo e non successivo o contestuale all’uscita delle singole calls.

  • Bisognerà informare prima le istituzioni per capire le nostre peculiarità e specificità di ricerca e “lottare” per inserirle nei programmi di Bruxelles.

  • Maggiori compiti ai National Contact Point (NCP) ed alla stessa APRE. E’ per questo che mi incontrerò con l’APRE, proprio per stabilire un nuovo ordine prioritario.

  • Maggiore presenza a Bruxelles dei nostri funzionari del MIUR, per sensibilizzarli maggiormente.

  • Ma soprattutto, per quanto mi riguarda, per ciò che attiene la politica che io definisco di inseguimento, lavorerò per una maggiore concertazione con tutte le altre istituzioni pubbliche e private. Creeremo dei tavoli di lavoro tematici, per la partecipazione più attiva al VII PQ, su singole iniziative quali le Joint Technology Initiatives (JTI) e le Piattaforme Tecnologiche.

Dai tavoli usciranno delle Road map a programmi di ricerca nazionali (cosa che già sta avvenendo per le infrastrutture) in cui dovranno essere ben chiari, obiettivi, attori, finalità e budget per la partecipazione.


Per attuare una politica di anticipazione:

  • abbiamo firmato un decreto per l’istituzione al MIUR della Commissione per l’Internazionalizzazione della ricerca, composta da 14 illustri membri. La Commissione avrà tra i suoi compiti quello prevalente di realizzare il Piano Internazionale della Ricerca, con priorità chiare, obiettivi e budget per il raggiungimento di tali scopi.

  • Ma, cosa più importante, la Commissione dovrà sin da ora, mettere a punto un elenco di priorità, cosa che già è avvenuta il giorno 14 settembre scorso a Bruxelles, e battersi affinchè questi temi vengano benevolmente considerati ed inseriti come temi prioritari nel prossimo VIII PQ (100 MLD).

Vorrei ora concludere dicendo che sono fortemente convinto che ora più che mai, è indispensabile risvegliare l’attenzione e concentrare i nostri sforzi su un tema centrale, per la crescita qualitativa e quantitativa del nostro sistema Paese, quello cioè del rilancio della nostra economia attraverso la ricerca, sia a livello nazionale ma soprattutto a livello internazionale.

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