Fino a pochi anni fa la
maggior parte delle persone si riferiva alle persone
con sindrome di Down chiamandole mongoloidi e l’idea
più diffusa era quella di persone ritardate mentalmente,
che sarebbero state per sempre dipendenti dai loro genitori.
Oggi è possibile incontrare bambini con sindrome
di Down nelle scuole e nei parchi, ragazzi con sindrome
di Down che si muovono da soli fuori casa per incontrare
i loro amici e perfino qualche adulto sul posto di lavoro.
Qualcosa sta cambiando.
Che cos'è la sindrome di Down?
La
sindrome di Down è una condizione genetica caratterizzata
dalla presenza di un cromosoma in più nelle cellule
di chi ne è portatore: invece di 46 cromosomi
nel nucleo di ogni cellula ne sono presenti 47, vi è
cioè un cromosoma n. 21 in più; da qui
anche il termine Trisomia 21. Genetico non vuol dire
ereditario, infatti nel 98% dei casi la sindrome di
Down non è ereditaria.
La conseguenza di questa alterazione cromosomica è
un handicap caratterizzato da un variabile grado di
ritardo nello sviluppo mentale, fisico e motorio.
Le anomalie cromosomiche nella sindrome di Down
Esistono tre tipi di anomalie cromosomiche nella sindrome
di Down, il loro effetto finale è comunque identico:
nelle cellule dei vari organi i geni del cromosoma 21
sono in triplice dose.
L'anomalia più frequente è la Trisomia
21 libera completa (95% dei casi): in tutte le cellule
dell’organismo vi sono tre cromosomi 21 invece
di due; ciò è dovuto al fatto che durante
le meiosi delle cellule germinali la coppia dei 21 non
si è disgiunta come avrebbe dovuto (90% dei casi
durante la meiosi della cellula uovo materna, 10% durante
la meiosi degli spermatozoi paterni).
Più raramente si riscontra la Trisomia 21 libera
in mosaicismo (2% dei casi): nell’organismo della
persona con la sindrome sono presenti sia cellule normali
con 46 cromosomi che cellule con 47 cromosomi (la non
disgiunzione della coppia 21 in questo caso si è
verificata alle prime divisioni della cellula uovo fecondata).
Infine, il terzo tipo di anomalia, anch’essa rara,
è la Trisomia 21 da traslocazione (3% dei casi):
il cromosoma 21 in più (o meglio una parte di
esso, almeno il segmento terminale) è attaccato
ad un altro cromosoma di solito il numero 14, 21, o
22.
Le cause della sindrome di Down
Non
conosciamo affatto quali siano le cause che determinano
le anomalie cromosomiche in generale.
Sappiamo però che:
a) le anomalie cromosomiche, soprattutto le
trisomie, sono un evento abbastanza frequente che interessa
circa il 9% di tutti i concepimenti (alla nascita però
solo lo 0,6% dei nati presenta un’anomalia cromosomica
a causa dell’elevatissima quota di embrioni che
va incontro ad un aborto spontaneo);
b) l’incidenza delle anomalie
cromosomiche in generale, e quelle della Trisomia 21
in particolare, è assolutamente costante nelle
diverse popolazioni, nel tempo e nello spazio;
c) tutte le possibili ipotesi eziologiche
fino ad oggi formulabili (agenti chimici, radiazioni
ionizzanti, infezioni virali, alterazioni metaboliche
o endocrine materne) non sono state mai avvalorate dalle
molte ricerche condotte.
In definitiva si ritiene che l’insorgenza delle
anomalie cromosomiche sia un fenomeno “naturale”,
in qualche modo legato alla fisiologia della riproduzione
umana, e anche molto frequente.
La presenza della sindrome di Down è diagnosticabile
nel neonato, oltre che con un’analisi cromosomica,
fatta su un prelievo di sangue, attraverso una serie
di caratteristiche facilmente riscontrabili dal pediatra,
di cui la più nota è il taglio a mandorla
degli occhi (che ha dato origine al termine mongolismo).
Il nome “sindrome di Down” viene invece
dal nome del dott. Langdon Down, che per primo nel 1866
riconobbe questa sindrome (sindrome vuol dire insieme
di tratti) e ne identificò le principali caratteristiche.
Si può fare qualcosa per prevenirla?
Le cause precise che determinano l’insorgenza
della sindrome di Down sono ancora sconosciute. Numerose
indagini epidemiologiche hanno comunque messo in evidenza
che l’incidenza aumenta con l’aumentare
dell’età materna.
Anche se il rischio cresce con l'avanzare dell’età
materna, questo non esclude che nascano bambini con
sindrome di Down anche da donne giovani, ma una donna
più anziana ha maggiori probabilità.
L’altro fattore di rischio dimostrato è
avere avuto un precedente figlio con la sindrome.
Come viene diagnosticata
La
Sindrome di Down può essere diagnosticata anche
prima della nascita intorno alla 16a-18a settimana di
gestazione con l’amniocentesi (prelievo con una
siringa di una piccola quantità del liquido amniotico,
che avvolge il feto all’interno dell’utero)
o tra la 12a e la 13a settimana con la villocentesi,
che viene svolto meno comunemente e che consiste in
un prelievo di cellule da cui si svilupperà la
placenta, i villi coriali appunto.
Queste analisi vengono proposte di solito alle donne
considerate a rischio (età superiore ai 37 anni
o con un precedente figlio con sindrome di Down) e fatte
senza ricovero in alcuni centri particolarmente attrezzati.
Sono allo studio nuove tecniche di prelievo, o di cattura,
delle cellule fetali nel sangue materno o nella vagina
che dovrebbero essere meno invasive e più sicure
delle attuali.
Il Tri-test è un esame del sangue materno eseguito
tra la 15a e la 20a settimana di età gestazionale
per dosare tre sostanze particolari (alfa-fetoproteina,
estriolo non coniugato e frazione beta della gonadotropina
corionica). L’elaborazione statistica dei livelli
ematici di queste tre sostanze, combinata con il rischio
di sindrome di Down legato all’età della
donna, fornisce una risposta che indica la stima della
probabilità che il feto abbia una trisomia 21
oppure no. Il tri-test non ha alcun valore diagnostico;
è difficilissimo da capire perchè è
il primo esame predittivo di massa.
Quante sono le persone con sindrome di Down?
Attualmente in Italia 1 bambino su 800 nasce con questa
condizione, questo vuol dire che nascono quasi due bambini
con sindrome di Down al giorno.
Grazie allo sviluppo della medicina e alle maggiori
cure dedicate a queste persone la durata della loro
vita si è molto allungata così che si
può ora parlare di un’aspettativa di vita
di 62 anni, destinata ulteriormente a crescere in futuro.
Si stima che oggi vivano in Italia circa 40.000 persone
con sindrome di Down.
Chi sono e come crescono i bambini con sindrome di Down?
Lo sviluppo del bambino con sindrome di Down avviene
con un certo ritardo, ma secondo le stesse tappe degli
altri bambini.
I bambini con sindrome di Down crescendo possono raggiungere,
sia pure con tempi più lunghi, conquiste simili
a quelle degli altri bambini: cammineranno, inizieranno
a parlare, a correre a giocare.
Rimane invece comune a tutti un variabile grado di ritardo
mentale che si manifesta anche nella difficoltà
di linguaggio frequente tra le persone con sindrome
di Down.
Dal punto di vista riabilitativo non si tratta per loro
di compensare o recuperare una particolare funzione,
quanto di organizzare un intervento educativo globale
che favorisca la crescita e lo sviluppo del bambino
in una interazione dinamica tra le sue potenzialità
e l’ambiente circostante.
È importante inoltre ricordare che ogni bambino
è diverso dall’altro e necessita quindi
di interventi che rispettino la propria individualità
e i propri tempi.
Dal punto di vista medico, vista una maggiore frequenza
in tali bambini rispetto alla popolazione normale di
problemi specialistici, in particolare malformazioni
cardiache (la più frequente è il cosiddetto
canale atrioventricolare comune, ma si presentano anche
difetti intestinali, disturbi della vista e dell’udito,
disfunzioni tiroidee, problemi odontoiatrici), è
opportuno prevedere col pediatra una serie di controlli
di salute volti a prevenire o a correggere eventuali
problemi aggiuntivi.
Per conoscere quali controlli di salute sono
consigliati per i bambini e le persone con sindrome
di Down ci si può collegare al sito:
www.conosciamocimeglio.it
Che cosa possono imparare e qual è il loro inserimento
sociale?
La
maggior parte dei bambini con sindrome di Down può
raggiungere un buon livello di autonomia personale,
imparare a curare la propria persona, a cucinare, a
uscire e fare acquisti da soli.
Possono fare sport e frequentare gli amici, vanno a
scuola e possono imparare a leggere e scrivere.
I giovani e gli adulti con sindrome di Down possono
apprendere un mestiere e impegnarsi in un lavoro svolgendolo
in modo competente e produttivo.
È impossibile avere oggi dei dati statistici
sul numero delle persone con sindrome di Down che lavorano,
ma, anche se la legislazione attuale non favorisce adeguatamente
l’avvio al lavoro delle persone con ritardo mentale,
grazie all’impegno degli operatori e delle famiglie
ci sono già molte esperienze positive. Ci sono
lavoratori con sindrome di Down tra i bidelli, gli operai,
i giardinieri ed altre mansioni semplici, stanno nascendo
inoltre anche alcune prime esperienze in lavori più
complessi come l’immissione dati in computer o
altri impieghi in ufficio.
Le persone con sindrome di Down sanno fare molte cose
e ne possono imparare molte altre. Perchè queste
possibilità diventino realtà occorre che
tutti imparino a conoscerli e ad avere fiducia nelle
loro capacità.
Luoghi comuni e realtà sulle persone con sindrome
di Down
Stereotipo: sono
tutti uguali (affettuosi, amanti della musica, biondi
ecc.)
Realtà:
non è così. Le uniche caratteristiche
che hanno in comune sono un cromosoma in più
rispetto agli altri (47 invece che 46), un deficit mentale
e alcuni aspetti somatici. Per il resto, ogni persona
con sindrome di Down è diversa dall’altra.
Le differenze dipendono da fattori costituzionali, dal
tipo di educazione ricevuta in famiglia e a scuola,
dalla presenza o meno di servizi specifici sul territorio.
Stereotipo:
sono sempre felici e contenti
Realtà:
è lo stereotipo più comune. Come per chiunque
altro, la serenità di un bambino, di un adolescente,
di un adulto con SD è legata al suo carattere,
all’ambiente e al clima familiari, alle sue attività
sociali e dunque alla qualità della sua vita.
Una persona con SD manifesta in modo molto esplicito
le sue emozioni (felicità, tristezza, gratitudine,
ostilità, tenerezza ecc.) e qualsiasi comportamento
affettivo.
Stereotipo:
esistono forme lievi e forme gravi di SD
Realtà:
il grado di ritardo mentale non dipende dal tipo di
trisomia (anche se esiste una forma rarissima - “mosaicismo”
- in cui il ritardo può, ma non sempre, essere
lieve). Le differenze tra una persona con SD e l’altra
dipendono dai fattori di cui sopra.
Stereotipo:
non vivono a lungo
Realtà:
la durata della vita è aumentata enormemente.
oggi, grazie al progresso della medicina, l’80%
delle persone con SD raggiunge i 55 anni e il 10% i
70 anni. Si stima che in un prossimo futuro la sopravvivenza
raggiungerà quella della popolazione generale.
Stereotipo:
possono eseguire solo lavori ripetitivi che non implichino
responsabilità
Realtà:
sono sempre più numerosi gli esempi di persone
con SD che - grazie a un inserimento mirato - possono
svolgere lavori su macchinari complicati, che possono
risolvere problemi nuovi con creatività e mantenere
il posto al di là di ogni precedente aspettativa.
Stereotipo:
sono ipersessuati oppure eterni bambini privi di interessi
sessuali
Realtà:
gli adolescenti con SD non differiscono sostanzialmente
dagli altri né per quel che riguarda l’età
d'inizio della pubertà né l’anatomia
degli organi sessuali. Provano desideri e hanno fantasie
sessuali come gli altri loro coetanei. Vi sono ancora
incertezze sulla capacità riproduttiva del maschio
con SD, sappiamo che la sua fertilità è
molto ridotta, anche se si conosce il caso di un uomo
con SD che ha avuto un figlio. Le donne sono perlopiù
fertili.
Stereotipo:
hanno genitori anziani
Realtà:
attualmente il 75% circa dei neonati con SD ha genitori
sotto i 35 anni (il dato è legato alla differente
distribuzione dei nati nella popolazione: nascono in
assoluto più bambini da donne giovani che da
donne anziane, quindi anche se la possibilità
di avere un bambino con SD per una donna giovane è
più basso, in numeri assoluti ci sono più
bambini con SD figli di coppie giovani).
Stereotipo:
sono incapaci di avere rapporti interpersonali che possano
portare ad amicizia, fidanzamenti o matrimoni
Realtà:
l’affettuosità delle persone con SD è
selettiva e intelligente. L’inserimento scolastico
nel nostro paese ha permesso nell’età scolare
un inserimento sociale soprattutto nell’età
in cui le amicizie vengono almeno in parte gestite dai
genitori. Tuttavia, l’adolescenza coincide con
il periodo della vita di un giovane con SD nel quale
i compagni, gli amici e anche i fratelli cominciano
ad allontanarsi e a includerlo sempre meno nelle loro
attività: quando desidera (e avrebbe bisogno)
di staccarsi dal suo nucleo familiare, la sia unica
alternativa è di stare a casa o uscire solo con
i genitori. In questa età è più
facile che rapporti affettivi e amicizia possano nascere
in condizioni “alla pari”, con interessi
e capacità di comunicazioni simili. È
stato verificato che tra persone con SD o problemi analoghi,
possono nascere amicizie e fidanzamenti. ci sono anche
alcuni casi, anche se molto rari, di matrimonio in cui
la coppia è in grado di vivere da sola in modo
relativamente autonomo. Stare insieme tra pari non significa
un ritorno all’emarginazione, ma avere la possibilità
di avere amici con cui svolgere varie attività.
Stereotipo:
non sanno di essere handicappati
Realtà: un
bambino con SD è in grado di capire fin da quando
è piccolo la propria diversità rispetto
ai compagni e ai fratelli. Il suo rapporto con il proprio
handicap sarà tanto più sereno quanto
più i genitori riusciranno ad affrontare con
lui il discorso sui problemi connessi alla sindrome,
sottolineando le sue capacità e i suoi limiti
ed aiutandolo ad acquisire un senso di autostima.
Stereotipo:
dovranno sempre vivere con i genitori e poi con i fratelli
Realtà:
una persona con SD desidera fin dall’adolescenza
rapporti alternativi a quelli esclusivi con i familiari.
È necessario quindi potenziare le iniziative
di aggregazione volte a favorire l’affermazione
di una vita adulta relativamente autonoma dalla famiglia
quali, ad esempio, comunità alloggio e case famiglia,
ancora molto scarse in tutto il territorio nazionale.
I servizi dell’AIPD
Telefono
D
Servizio di consulenza telefonica - (06) 3720891
E-mail: telefonod@aipd.it
Due assistenti sociali, con il supporto di
una banca dati computerizzata e con una rete di consulenti,
rispondono a richieste telefoniche in merito a: normative
sull’handicap, strutture socio-sanitarie pubbliche
e private, aspetti medici e di inserimento scolastico,
strutture per il tempo libero e tutte le tematiche riguardanti
la sindrome di Down.
Telefono D è un servizio nato nel 1993 a Roma
ed è oggi uno dei servizi istituzionali dell’Associazione,
raggiunge circa 1000 famiglie l’anno e grazie
al lavoro costante di aggiornamento legislativo ad esso
si deve la pubblicazione annualmente rivisitata del
quaderno AIPD n. 15 “Aspetti assistenziali e di
tutela”.
Servizio di Informazione e Consulenza
Offre a famiglie ed operatori sociosanitari
e scolastici visite di consulenza avvalendosi di una
equipe di operatori esperti nelle diverse aree riguardanti
la sindrome di Down (assistente sociale, medico pediatra
o neurologo, psicologa clinica, psicologa cognitiva
ed un genitore dell’Associazione).
Il Servizio, a cura della Sezione di Roma, riceve solo
per appuntamento: telefonare alla segreteria tutti i
giorni tranne il sabato allo 06.3700235-37351749.
Corso di educazione all’autonomia per
adolescenti con sindrome di Down
Il Corso si pone l’obiettivo di far conquistare
ai ragazzi le competenze necessarie ad un inserimento
sociale: effettuare acquisti, orientarsi, usare i mezzi
di trasporto pubblico, i servizi ecc. attraverso un
itinerario di apprendimento teorico pratico.
Nato a Roma nel 1989 è oggi presente in molte
sedi dell’AIPD. A livello nazionale viene curata
la formazione e il confronto tra gli operatori e la
documentazione dell’esperienza.
Osservatorio Scolastico
Questo servizio ha lo scopo di raccogliere
dati/informazioni completi ed attendibili sull’inserimento
scolastico delle persone con sindrome di Down, monitorare
la tipologia e la qualità delle esperienze scolastiche
delle persone con sindrome di Down, rilevare inadempienze,
disfunzioni e situazioni non conformi allo spirito e
alla lettura della normativa vigente, dare supporto
alle famiglie nell’esigere e far valere il diritto
allo studio dei propri figli come presupposto per un
completo sviluppo delle capacità dei singoli
soggetti e del loro pieno inserimento sociale. L’Osservatorio
è coordinato da un avvocato per quanto riguarda
gli aspetti legislativi e da una psicopedagogista per
gli aspetti pedagogici e didattici.
Servizio di Consulenza Legale
Fornisce ai genitori consulenza sulla normativa riguardante
l’handicap psichico (invalidità civile,
ricorsi, interdizione, eredità). Si avvale della
consulenza di un giudice tutelare, un avvocato, un notaio
e una assistente sociale. Riceve solo per appuntamento
il primo martedì di ogni mese e offre anche consulenze
telefoniche e postali.
Biblioteca
Raccoglie tutti i testi italiani e stranieri sulla sindrome
di Down e le più significative riviste sull’handicap.
Dispone inoltre di un archivio computerizzato degli
articoli medico-scientifici più importanti sulla
sindrome di Down e di bibliografie aggiornate per singoli
argomenti. La biblioteca è a disposizione per
consulenze e prestiti.
Per saperne di più
AIPD, Viale delle Milizie n. 106, 00192
Roma
Tel. 06.37.23.909
Tel e fax 06.37.22.510
Sito:www.aipd.it
E-mail: aipd@aipd.it
Conto Corrente Postale: 74685009
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