Nella percezione che si
ha solitamente di un bambino disabile, però,
grande rilievo assumono proprio le sue funzioni alterate:
a partire dal vissuto del genitore, che avverte la disabilità
del figlio dominante su tutto. Ciò rende la domanda
di riabilitazione della famiglia sempre un po’
troppo sanitaria, troppo individualmente tecnica. La
limitazione funzionale ha un chiaro e netto sopravvento
sulla persona. Ed allora si richiede una presa in carico
per ciò che è venuto meno. Possibilmente,
per tante ore a settimana. Come se più terapia
garantisse sempre più recupero.
Minore è invece l’attenzione su cosa è
rimasto e su come può essere meglio valorizzato.
Quel genitore, più investito sulla disabilità
da curare che
sul figlio da educare, si perde così delle possibilità
di promuovere azioni,
dirette ed indirette, per portare più gioiosità,
più giocosità nel bambino
disabile.
E’ da queste idee generali, proposte qui un pò
come cornice, che ha preso
consistenza il progetto del Laboratorio Umoristico,
realizzato nell’aula
multimediale della nostra Unità Operativa di
Neuropsichiatria Infantile
(UONPI) di Pomezia (ASL Roma H/4). Una sperimentazione
ambulatoriale che vorremmo che diventasse anche proposta
stabile di riabilitazione nelle scuole.
Ci siamo occupati in questi anni, prevalentemente, di
bambini di scolarità
elementare con un importante disturbo di apprendimento
non specifico (una ipoevoluzione nell’organizzazione
del ragionamento): sono alunni collezionisti di insuccessi
a scuola che hanno sviluppato nel tempo una percezione
di sé come scolari del tutto fallimentari. Le
teorie ingenue che hanno costruito sul funzionamento
della propria mente solitamente sono molto povere per
immaginazione (“Boh, ma che ne so io!”,
“Non mi viene in mente niente…”).
Ma i pochi (e più grandi) che propongono immagini
sul tema possono fornire vissuti di sofferenza anche
illuminanti:
- Gianluca, un preadolescente: “Quando sto a scuola
la mente diventa piccola piccola… e pure dura…
come una nocciolina… e non capisce… ma quando
gioco a pallone no, eh… la mia mente è
grande come il cocco pieno di latte…”.
- Massimiliano, in latenza: “La mia mente è
come un radar….ma c’ha le antenne ritirate…e
non acchiappa segnali!”.
- Giada, preadolescente: “La mia mente è
circondata da militari che fanno
barriera e non lasciano entrare le spiegazioni degli
insegnanti…ah e poi
non lasciano manco uscire i miei pensieri…LIMITE
INVALICABILE!.”.
Disinvestiti sugli apprendimenti, rinunciatari al compito,
sono alunni che
appaiono spesso come se avessero un pensiero paralitico.
Si svalutano tanto ma si sentono anche tanto svalutati,
le loro potenzialità più che nascoste
sembrano proprio sepolte.
Ed allora noi cerchiamo, in gruppo, di farli ridere:
per farli pensare su
ciò che li fa ridere. Proponiamo da tempo, con
TV e videoregistratore,
un uso cognitivo e metacognitivo del cortometraggio
umoristico e per questo abbiamo selezionato degli sketch
tratti dalle disavventure di Mr.Bean.
Sono corti senza parole e, dopo la visione, il gruppo
è sollecitato ad esplicitare il pensiero degli
attori.
Si tratta, come primo scopo, di provare a leggere insieme
la mente dell’altro, trovando un giusto distanziamento
dal filmato. Pensare il pensiero dell’altro, esplicitare
il pensiero interno, pensare il proprio pensiero, mettere
parole in una forma descrittiva o, se più coesa,
già narrativa, nel gruppo, in un confronto tra
pari, per costruzioni condivise: è certo un grande
sforzo cognitivo e metacognitivo, che va ben guidato
dal conduttore, terapista od educatore che sia. Fasi
di attività che hanno inevitabilmente una diversa
espansione in relazione alla composizione del gruppo:
per età e per compromissione clinica.
Dopo queste prime attività orali di metapensiero,
il gruppo può essere coinvolto in una drammatizzazione
di scene dello sketch (da riprendere con videocamera)
e si può poi cercare di pubblicizzare la videocassetta
del corto recitato, costruendo in gruppo la rèclame
del prodotto. A questo proposito, ci siamo avvalsi al
computer del programma grafico Toon Works (Microforum
Inc., Italia,1996), che consente di mettere insieme
immagini (già disegnate da cartoonist professionisti)
e parole, con l’uso di fumetti. L’effetto
è pienamente divertente, in quanto caricaturale.
Un altro ausilio interessante che usiamo è il
programma al computer 3D Movie Maker (Microsoft Kids,
1995), che dà la possibilità di far assumere
al gruppo il ruolo attivo di regista di un corto.
Da questi pochi cenni si può però cogliere
che è abbastanza facile suscitare
così partecipazione, investimento, motivazione,
alta e pura; ci si allontana
in questo modo dalla posizione astensionistica, così
ricorrente per loro
sul compito scolastico. Nel gruppo si costruiscono modificazioni.
Con ricadute in altri contesti, familiare, scolastico.
Dai colloqui con gli insegnanti, a trattamento concluso,
le osservazioni
più ricorrenti che di solito raccogliamo riguardano:
- L’approccio al compito che è modificato;
vengono a scuola portando più
materiale, la loro partecipazione è migliore,
chiedono persino delle spiegazioni;
- L’investimento sulle conoscenze che è
cresciuto; c’è anche più disponibilità
a stare sull’errore, più vissuto ora come
punto di ripartenza per l’apprendimento, sono
meno in fuga dalle difficoltà del compito, più
disponibili ad essere aiutati;
- La socializzazione che è migliorata; c’è
più scambio con i pari anche
nel tempo di ricreazione, più disponibilità
al gioco.
Anche i genitori, dopo il ciclo riabilitativo, che ha
di consueto una durata
di tre-quattro mesi, riferiscono di cambiamenti osservati:
sono più reattivi,
più critici, con proteste più argomentate
a sostegno delle proprie ragioni.
Un pò come se fossero riusciti a mettere da parte
l’atteggiamento di mortificazione che prima li
frenava. E parlano finalmente anche un pò di
quel che succede a scuola, argomento prima troppo delicato
per parlarne a casa.
Il nostro Laboratorio Umoristico poggia sul potere terapeutico
congiunto
della risata e del pensiero che da questa nasce; un
aspetto discusso e
condiviso in questi anni da più parti, in alcuni
contributi della medicina
occidentale come in esperienze di trattamenti alternativi.
Ci piace fare
entrare la risata nell’ambulatorio di neuropsichiatria
infantile, ci piacerebbe
ancor di più farla entrare nella scuola, per
finalità che possono essere
educative ed anche riabilitative.
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