Una delle metodiche maggiormente
utilizzate è la “Terapia per Mezzo del
Cavallo” (T.M.C.), in quanto le caratteristiche
comportamentali del cavallo si sono rivelate particolarmente
utili nel recupero funzionale di diverse patologie,
inclusi i Disturbi Generalizzati dello Sviluppo (DGS).
Sia nelle attività a terra, che durante la pratica
equestre, il soggetto interagisce con l’animale
in uno “spazio relazionale condiviso” .
La persona con disabilità stabilisce una comunicazione,
fonte di gratificazione e motivazione, in particolar
modo in quei casi in cui la patologia d’origine
limita la partecipazione all’ambiente. Inoltre,
la cura del cavallo e la gestione delle bardature sollecitano
movimenti finalizzati che migliorano la coordinazione
delle mani e delle braccia, nonché consentono
un affinamento della percezione del Sé corporeo
con una successiva ricaduta sul miglioramento delle
autonomie personali.
La valenza riabilitativa della T.M.C. non si esaurisce
negli aspetti di tipo ludico e ricreativo, che pur la
caratterizzano in quanto, come intervento riabilitativo,
necessita della presa in carico del paziente ad opera
di una équipe specializzata che valuta e progetta
gli obiettivi e le modalità esecutive del piano
di lavoro, comunicandole alla famiglia (contratto terapeutico),
verificandone periodicamente i risultati, operando eventuali
modifiche in” itinere”.
Terapia per mezzo del cavallo (T.M.C.)
La TMC (comunemente conosciuta come ippoterapia) coniuga
la pratica sportiva (sport equestri) e l’intervento
riabilitativo che ne rappresenta la finalità
specifica. Le basi sulle quali si è sviluppata
la TMC sono le tecniche di facilitazione propriocettive
messe a punto dalle scuole riabilitative di Bobath e
Kabat.
In particolare nel caso dell’ippoterapia sono
stati studiati gli effetti prodotti dalle stimolazioni
neuromuscolari indotte dalle caratteristiche meccaniche
del passo del cavallo.
Questa pratica si sviluppa in Europa negli anni ’60
nei paesi ad alta tradizione equestre (Gran Bretagna,
Belgio) e arriva in Italia intorno agli anni ’70.
Nel 1982 dai lavori del convegno Internazionale di Riding
terapeutico svoltosi ad Amburgo si individuano tre moduli
principali di intervento:
· L’ippoterapia
· La rieducazione equestre
· Sport disabili
Più specificatamente per “Ippoterapia”
s’intende la fase iniziale dell’intervento
riabilitativo per mezzo del cavallo in cui il paziente
inizia a relazionarsi con il cavallo riconoscendone
le modalità comportamentali specifiche; successivamente
la stimolazione che il paziente riceve dal passo sinusoidale
del cavallo incentiva il rilassamento, la percezione
corporea, l’equilibrio, la coordinazione dei movimenti.
Il beneficio di tale intervento è evidente in
particolare in deficit motori causati da lesioni congenite
del SNC (Paralisi Cerebrali Infantili). Quando il soggetto
diventa capace di svolgere attivamente le azioni necessarie
per guidare il cavallo si parla di “Rieducazione
Equestre”. Guidare il cavallo comporta l’attivazione
di reazioni di orientamento e di equilibrio, il soggetto
migliora i tempi di attenzione, e potenzia l’abilità
esecutiva. I benefici di tale attività si evidenziano
anche dai molteplici input che il soggetto riceve:
· Visivi: il maneggio come ambiente
naturale offre numerose scene associate agli animali
a cui solitamente il soggetto disabile non è
abituato;
· Uditivi: i suoni associati
al cavallo e spesso anche ad altri animali (cani, caprette..)
ospiti dei maneggi;
· Olfattivi: l’odore del
fieno, del cavallo stesso
· Tattili: il bambino sperimenta
il manto caldo e morbido del cavallo, le diverse intensità
del gesto necessarie per spazzolare, strigliare o pettinare
la coda; oltre che la coordinazione necessaria per guidare
il cavallo attraverso le redini.
Inoltre attraverso la Rieducazione equestre si hanno
delle ricadute positive sulle abilità di comunicazione
verbale, oltre che un’incentivazione delle autonomie
personali. Va sottolineato, tuttavia, che il merito
principale della TMC è nell’attivazione
dei processi motivazionali: il soggetto con disabilità
motorie in età evolutiva sviluppa il proprio
percorso di crescita nella dimensione dell’impossibilità
di fare gran parte delle esperienze tipiche dell’infanzia
e dell’adolescenza; gli stessi momenti di gioco
sono ridotti, spesso sostituiti da un insieme di interventi
riabilitativi che se mirati a ridurre la disabilità
paradossalmente la enfatizzano. Le esperienze condotte
in un ambiente naturale come quello del maneggio, seppur
mantenendo le peculiarità riabilitative necessarie,
si arricchiscono e si colorano di una valenza emotiva:
il soggetto si sente “capace di fare”, viene
portato dal cavallo, ma allo stesso tempo diventa lui
stesso che “tiene le redini”. Nell’ultima
fase del percorso riabilitativo per mezzo del cavallo,
il soggetto il cui livello psicomotorio e cognitivo
è tale da consentire l’avvio ad una attività
non più riabilitativa bensì sportiva,
pre-agonistica viene avviato allo Sport disabili; di
questa disciplina si occupano gli Istruttori di equitazione.
La T.M.C. nei disturbi generalizzati dello sviluppo
I
cavalli sono “animali sociali”, presentano
modalità interattive nel comportamento anche
quando non vivono più in branco, manifestando
un “linguaggio” corporeo che induce reazioni
tipo feed-back.
Essi sono in grado, peraltro, di rispondere ai messaggi
corporei inviati dall’essere umano e, pur non
avendo una coscienza in grado di mediare le loro percezioni,
possono adattarsi agli stimoli verbali e non verbali
manifestando variazioni della postura e del movimento
con significato adattivo.
Poiché come tutti gli animali non sono in grado
di attribuire giudizi di valore, i cavalli non discriminano
la persona normale da quella inabile, tuttavia riescono
ad avvertire le modificazioni del comportamento e le
variazioni temperamentali individuali, a cui essi rispondono
talora con interazione positiva, talvolta con modalità
di evitamento o tendenza alla fuga.
E’ noto come la relazione “terapeutica “
con i soggetti affetti da disturbi pervasivi è
particolarmente difficile, giacchè tali soggetti
presentano una compromissione, a volte marcata, a carico
dell’area sociale, della comunicazione, degli
interessi e della simbolizzazione. In tali condizioni,
si ritiene che vi sia una iperselettività sensoriale,
per cui certi stimoli vengono percepiti in maniera “antigestaltica”,
scollegati dall’insieme e dal contesto. E’
probabile, quindi, che il soggetto con DGS abbia un’alterata
elaborazione delle senso-percezioni, una incapacità
di integrarle in un’informazione unitaria e completa,
una marcata difficoltà nel determinare i propri
confini spaziali e nel distinguere il proprio sé
corporeo dall’ambiente. A causa della mancanza
di coerenza centrale si determinerebbe una incapacità
di fare riferimento a modelli complessi di cui i pazienti
non riescono a cogliere l’insieme. Le gravi difficoltà
nella memoria procedurale e nelle funzioni esecutive
determinano una rigidità comportamentale e una
incapacità “problem-solving” per
cui la risoluzione dei problemi è sempre vincolata
all’esperienza.
Abbiamo osservato come il cavallo può diventare
un “facilitatore/mediatore” all’interno
del rapporto terapeutico terapista/paziente: si costituisce
una triade in cui il terapeuta, esperto di “ippoterapia”,
guida il soggetto a compiere dei gesti comunicativi
che saranno percepiti dall’animale. La relazione
tra terapeuta e soggetto viene così integrata
rispetto all’animale, che sarà in grado
di fornire risposte sempre adattive, sincroniche e adeguate
agli stimoli.
Il setting ideale per svolgere la terapia è costituito
da un campo circolare di circa 20 metri di diametro
dove interagiscono il soggetto, il terapeuta ed il cavallo.
Lo spazio circolare e circoscritto, definito “tondino”,
consente una focalizzazione del rapporto terapeutico
in un ambito ristretto, in cui è meno probabile
la dispersione dell’attenzione.
L’esplorazione dell’ambiente e la relazione
a terra con il cavallo da parte del bambino costituiscono
la prima parte del percorso riabilitativo.
In questa prima fase il soggetto può dimostrarsi
subito disponibile all’interazione sia con il
terapeuta che con l’animale, ma, a volte, possono
presentarsi reazioni d’ansia o paura rispetto
all’animale libero; in questi casi è necessario
impiegare più incontri per consentire l’instaurarsi
di un rapporto di fiducia sollecitando gradualmente
il bambino ad utilizzare il proprio corpo come strumento
di comunicazione.
L’approccio terapeutico avviene 2-3 volte per
settimana, per cui questi ripetuti incontri tra il soggetto,
il terapeuta e l’animale permetteranno progressivamente
al bambino di adattarsi all’ambiente e prendere
una maggiore coscienza del Sé corporeo e dell’animale.
La modalità di intervento non è standardizzabile,
essendo in rapporto alla disponibilità “operativa”
del binomio bambino-cavallo: a volte si osserva, come
l’intensità di uno stesso gesto o la variazione
tonica di un segmento corporeo provocano reazioni diverse
(gesti eccessivi delle mani causano ad es. l’allontanamento
dell’animale, viceversa, un segnale congruo porterà
il cavallo ad avvicinarsi).
In alcuni casi il cavallo reagisce a gesti esagerati
e improvvisi con una reazione di fuga, per cui un soggetto
con iperattività, avverte che i movimenti del
proprio corpo influenzano i comportamenti del cavallo
e che quanto più repentino sarà lo stimolo,
tanto più rapida sarà la risposta dell’animale.
Si stabiliscono, pertanto, modalità di comunicazione
non-verbale, guidate da regole e codici comportamentali,
in un ambito che diventa spazio relazionale condiviso,
in cui viene facilitata l’acquisizione da parte
del soggetto di schemi motori e comunicativi più
funzionali.
In uno studio da noi effettuato (Mazzone et al. 2002)
sull’impiego del cavallo come “facilitatore
comportamentale” nei soggetti con DGS si è
evidenziato un miglioramento di alcuni items critici
della scala CARS (Childhood Autism Rating Scale) dopo
5-6 mesi di terapia, con un decremento medio di 5 punti.
Le variazioni più significative si riscontravano
nell’uso del corpo, nell’adattamento al
cambiamento, nelle ricezioni sensoriali, nelle reazioni
di ansia e paura e nel livello di attività motoria.
Conclusioni
L’ “Animal assisted therapy” in particolare
la TMC è un idoneo strumento di riabilitazione
nei DGS e il cavallo è un valido “facilitatore”
comportamentale, inducendo modificazioni positive con
acquisizione di varie abilità nei soggetti con
DGS.
Il contesto naturale del maneggio diventa, inoltre,
fonte di benessere per il paziente. Infatti, per un
bambino disabile non sono tante le occasioni di fruire
di un contatto diretto con la natura.
L’approccio a terra, inoltre, in ambito spaziale
definito, crea un feed-back favorevole tra il soggetto,
l’animale e il terapista, facilitando l’
acquisizione di modalità comportamentali più
funzionali alla comunicazione nei soggetti affetti da
DGS, favorendo l’acquisizione di livelli progressivamente
più elevati di abilità comunicative.
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