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Copertina della rivista

Bimba con mappamondo

La nuova scienza della sostenibilità - per il futuro del pianeta

Basata su un approccio integrato e transdisciplinare, la Scienza della Sostenibilità è orientata a studiare e interpretare la complessità delle interazioni tra economia, società e natura per proporre soluzioni concrete ai problemi complessi che a livello locale e globale minacciano la sopravvivenza stessa dell’Umanità.

Che cos’è la Scienza della Sostenibilità
La creazione della nuova Scienza della Sostenibilità è emersa negli ultimi anni come una delle avanguardie più importanti della ricerca scientifica internazionale. La sua formalizzazione è recente ed il suo processo di formazione e strutturazione in attuazione. Una chiara esplicitazione del termine è emersa nel rapporto pubblicato dal National Research Council statunitense1 e nell’articolo di un gruppo di ricercatori e studiosi come Robert Kates, H. J Schellnhuber e molti altri, apparso nel 2001 sulla rivista Science2.

Nel rapporto sopra citato la Scienza della Sostenibilità viene definita come un’agenda di ricerca per supportare la transizione verso la sostenibilità. Potremmo anche definire la scienza della sostenibilità come la scienza dello sviluppo sostenibile. Questa definizione implica la complessità e le difficoltà proprie dell’applicazione del concetto dello sviluppo sostenibile. Il termine sviluppo sostenibile ha assunto il rilievo di un mantra - o di una parola d'ordine - in seguito alla pubblicazione nel 1987 del rapporto della Commissione Brundtland, patrocinato dalle Nazioni Unite, "Il futuro di noi tutti", che definiva il termine come “sviluppo che soddisfa le necessità del presente senza sacrificare la possibilità di soddisfare le necessità del futuro”. Come sostiene Herman E. Daly, studioso americano della University of Maryland, ex dirigente della Banca Mondiale e teorico di un’economia dello stato stazionario, “Questa definizione, benché tutt'altro che vuota di contenuto, era sufficientemente vaga da permettere un ampio consenso.

Probabilmente all'epoca fu una buona strategia politica - un consenso su un concetto vago era preferibile a un disaccordo su un concetto nettamente definito.” Tuttavia, afferma ancora Herman Daly nel suo libro "Oltre la crescita" del 1996 il termine sviluppo sostenibile è stato volontariamente interpretato in maniera vaga, troppo accattivante per essere pubblicamente rifiutato ma troppo duro per essere concretamente applicato. Per cui non è la mancanza di chiarezza ma la mancanza di consapevolezza sull’importanza dei capitali della natura, alla base della non applicazione del medesimo. Tale consapevolezza comporterebbe il cambiamento di pilastri portanti dell’economia: la preferenza del presente rispetto al futuro, il modello di razionalità dell’homo economicus e il passaggio dal modello economico neoclassico di un’economia a crescita illimitata ad una economia dello stato stazionario (sviluppo senza crescita). A partire dalla definizione di Brundtland si è acceso un dibattito centrale nelle scienze economiche che ha visto contrapporsi i sostenitori della sostenibilità forte a quelli della sostenibilità debole. Da una parte si afferma che lo sviluppo per essere sostenibile deve mantenere inalterato il “capitale naturale”, in altre parole le generazioni future hanno il diritto a ereditare le stesse foreste, la stessa biodiversità, la stessa qualità di servizi e risorse ambientali. Mentre dall’altra si dichiara che, il sistema terra e tutto ciò che con essa è assoggettato allo scorrere del tempo, è in costante trasformazione. Non avrebbe quindi senso l’approccio conservazionista ma bisognerebbe garantire alle generazioni future che la somma dei vari “capitali” non diminuisca.

In altre parole, dal punto di vista del paradigma di sostenibilità debole, se viene disboscata una foresta l’importante è che le generazioni future godano dei proventi di quel disboscamento (come ad esempio dai proventi derivanti dalla costruzione di un aeroporto al posto della foresta scomparsa). Se da una parte si continua a discutere su come e quando l’agire umano sia sostenibile, dall’altra le problematiche ambientali si fanno sempre più drammatiche ed urgenti. Le difficoltà che si presentano nel tentativo di ridurre le emissioni climaalteranti a livello internazionale sono l’esempio più palese delle innumerevoli contrapposizioni che sorgono quando si tratta di definire una traiettoria di sviluppo sostenibile. Elemento di forza del Trattato di Kyoto è il fatto che si basa sulle conclusioni di studi scientifici sulla relazione tra emissione di clima alteranti e mutamenti climatici.

Tuttavia questa certezza scientifica dal punto di vista biofisico si trova a essere incompatibile con le priorità economiche e di produzione di un sistema di sviluppo che sin dalle proprie basi teoriche concepisce l’ambito economico e quello ecologico come separati. Da un punto di vista accademico e scientifico è stato osservato come il limite del modello di sviluppo dominante è rintracciabile nelle sue basi epistemologiche. L’incapacità di coniugare il sistema di produzione globale con i limiti biofisici della terra vede il proprio riflesso in uno sviluppo della scienza che ha seguito delle linee di investigazione monodisciplinari e riduzioniste. La Scienza della Sostenibilità si inserisce in questo contesto delicato e complesso e in costante evoluzione e nasce con il fine di riportare la teorizzazione sulla sostenibilità in un’arena ben definita in cui convergano le expertise di innumerevoli discipline accademiche cercando di limitare al massimo la frammentazione della conoscenza e mirando a trovare effettive soluzioni per i problemi affrontati.

La Scienza della Sostenibilità ha dunque una doppia difficile ambizione: da una parte proporre un’epistemologia e delle metodologie che superino l’approccio riduzionista delle discipline che tradizionalmente hanno avuto come oggetto di studio le varie componenti connesse all’interazione tra uomo e natura. Dall’altra essere la scintilla intellettuale di un cambiamento reale, di spingere verso soluzioni, modelli e alternative concrete per la sostenibilità.

Bimba con pallone fatto a mappamondo

Come fare?
Perché una Scienza come quella della Sostenibilità possa effettivamente affermarsi c’è bisogno di superare una notevole serie di resistenze. Dal punto di vista del metodo, la Scienza della Sostenibilità non nega la validità scientifica degli ambiti specialistici ma crede che per affrontare i problemi complessi dello sviluppo, un approccio monodisciplinare sia limitante e che al contrario bisogna sviluppare metodologie e processi transdisciplinari.

Inoltre il grado di cooperazione scientifica deve essere globale e in costante aggiornamento e comunicazione. Per questo motivo sin dai primi esordi della Scienza della Sostenibilità si è diffusa la necessità di stringere in comunicazione i centri di avanguardia che lavorano su questo tema da diverse angolature di ricerca. Uno dei capisaldi di questo nascente movimento scientifico è stata la necessità di creare un Network dei centri di ricerca. Poiché i migliori centri di ricerca sulla sostenibilità si sono affermati come strutturati già in Networks, proprio per l’esigenza di portare insieme expertise da più settori, il Network relativo agli studi sulla sostenibilità si è venuto a delineare come un Network di Networks (NoNs). La lista delle istituzioni che formano questa rete globale è lunga; per dirne solo alcune sono presenti dipartimenti di università come Harvard University, la Chalmers University of Technology, la United Nations University, il Munasinghe Intitute of Development, il Centro Interuniversitario di ricerca sullo sviluppo sostenibile, Integrated Research System for Sustainability Science e Arizona State University e molte altre in diverse parti del globo.

Questa rete globale, pluridisciplinare, mette in connessione centri di ricerca di tutti i continenti con le più diverse eccellenze che spaziano dalle competenze prettamente scientifiche a quelle sociali, antropologiche economiche e umanistiche in senso più ampio.


ICSS 2010 - International Conference on Sustainability Science
Tuttavia la grande varietà di temi affrontati, metodologie usate e la diversità di approcci espone lo studio della sostenibilità a un rischio di frammentazione e dispersione anche in presenza di questo network. Per questo motivo si è delineata la necessità di creare come primo passo, un incontro annuo in cui confrontarsi sugli avanzamenti della Scienza della Sostenibilità. A gennaio 2009 nella prestigiosa University of Tokyo si è tenuta la prima International Conference on Sustainability Science (ICSS)3 dove si sono riuniti esponenti importanti di questa vibrante arena. ICSS 2009 ha rappresentato un momento fondamentale del consolidamento della Scienza della Sostenibilità e ha trovato forza nell’incoraggiamento ricevuto dalla Dichiarazione di Sapporo sulla sostenibilità4 durante il primo Summit delle Università del G8.

La dichiarazione di Sapporo ha messo per iscritto un elemento che è fondamentale nella Scienza della Sostenibilità ovvero che il ruolo delle università e della ricerca nella creazione di un modello di sviluppo sostenibile è centrale e non deve essere confinato al solo mondo della teoria.


Il coinvolgimento degli stakeholders
In questo piano di ristrutturazione della conoscenza scientifica la centralità del ruolo delle università va di pari passo con la necessità di coinvolgere in un processo di coroduzione di conoscenza e pratica i diversi stakeholders includendo la società civile, i decisori politici e il mondo dell’industria. L’elemento della coproduzione di teoria e pratica è un elemento fondamentale della Scienza della Sostenibilità. Il rapporto tra oggetto studiato e ricercatore non è più univoco ma diventa biunivoco. Biunivoco sia perché è una ricerca di tipo problem oriented, quindi che si modifica a seconda delle necessità e dei problemi da affrontare, sia perché per affrontare efficacemente i problemi della sostenibilità non solo è necessaria una diffusione della conoscenza ma è fondamentale la attiva collaborazione di tutti gli stakeholders. Per fare alcuni esempi, il rapporto tra scienza e industria nel caso della Scienza della Sostenibilità non è più solo limitato ai finanziamenti alla ricerca da una parte e alla produzione di brevetti, innovazioni e pratiche dall’altra, ma diventa un rapporto di collaborazione con un fine ben definito e comune, quello della sostenibilità.

Il caso del modello di sviluppo a idrogeno è forse uno dei più validi. In questo contesto centri di avanguardia scientifica collaborano con le aziende più innovative per proporre un’effettiva trasformazione della società in vista della salvaguardia del pianeta e non solo per realizzare un’innovazione volta alla sola massimizzazione dei profitti. In modo simile deve avvenire lo scambio tra società civile e scienza. Principio connesso a quello della coproduzione della conoscenza è quello relativo all’approccio partecipativo su cui si basa la Scienza della Sostenibilità, in cui la conoscenza scientifica non è calata dall’alto in termini tecnocratici, ma è il prodotto di una visione condivisa.

Il rapporto tra scienza e decisori politici è anch’esso pilastro fondamentale per il raggiungimento della sostenibilità. Nella letteratura di riferimento viene descritto come le decisioni politiche riguardanti le scelte relative alla preservazione e salvaguardia degli ecosistemi, sono spesso schiacciate in una dialettica tra presunta scientificità da una parte e mancanza assoluta di giustificazione scientifica dall’altra. In altre parole, è stato osservato come una politica ambientale, possa essere imposta dall’alto sulla base di evidenze scientifiche che, se lette in prospettiva di political ecology, possono spesso risultare strumentali. Oppure, all’altro estremo si trovano moltissime decisioni che impattano sui sistemi naturali e che non tengono conto degli studi scientifici necessari.

La Scienza della Sostenibilità cerca di superare questa dialettica attraverso un uso attento e rigoroso della transdisciplinarità che ha il fine di tenere conto delle diverse prospettive che derivano da ambiti di ricerca diversi. Il rapporto tra scienza e decisori politici tuttavia presenta una serie di elementi complessi che meriterebbe una riflessione approfondita.

Impiani eolici al tramonto

Il ruolo del Centro Interuniversitario per lo Sviluppo Sostenibile (CIRPS) della Sapienza Università di Roma
In questo contesto di grande necessità di cambiamento, forti ambizioni e dinamismo intellettuale, il Centro Interuniversitario per lo Sviluppo Sostenibile (CIRPS) della Sapienza ha l’importante responsabilità di organizzare insieme alla United Nations University (UNU), all’Integrated Research System for Sustainability Science (IR3S), della University of Tokyo, alla School of Sustainability della Arizona State Univeristy, la seconda International Conference on Sustainability Science che si terrà presso la facoltà di ingegneria della Università di Roma La Sapienza dal 23 al 25 Giugno 2010 sito internet www.icss2010.net.

La ICSS2010 non sarà una conferenza come le altre. A differenza delle tradizionali conferenze scientifiche in cui il fine ultimo di ogni ricercatore è condividere i propri risultati di ricerca ottenuti in un determinato ambito, ICSS2010 rappresenterà una sorta di “stati generali” per la Scienza della Sostenibilità e avrà l’ambizione e l’obiettivo di identificarne e rafforzare i pilastri epistemologici e metodologici. Inoltre ICSS2010 mira ad allargare il più possibile il coinvolgimento alle università e alle prospettive dei paesi del sud del mondo interessando esperti di ogni continente e con una particolare sensibilità per le conoscenze dei popoli che tradizionalmente sono più coinvolti e più dipendono dalle condizioni naturali come le popolazioni indigene.

Questo verrà fatto stando attenti a realizzare la collaborazione, lo scambio e la coproduzione di conoscenza con i diversi stakeholders e creando i presupposti per sinergie in direzione della sostenibilità. Ultimo ma non per importanza, ICSS 2010 sarà il momento in cui i vari esponenti dei Network della Scienza della Sostenibilità si incontreranno per definirne le traiettorie future.



Note

  • National Research Council’s (NRC) Board on Sustainable Development in 1999 titled “Our Common Journey: A transition towards Sustainability”.

  • Kates, R.W., Clark, W.C., Corell, R., Hall, J.M., Jaeger, C.C., Lowe, I., McCarthy, J.J., Schellnhuber, H.J., Bolin, B., Dickson, N.M., Faucheux, S., Gallopin, G.C., Grubler, A., Huntley, B., Jager, J., Jodha, N.S., Kasperson, R.E., Mabogunje, A., Matson, P., Mooney, H., Moore III, B., O'Riordan, T., and Svedlin, U. , ENVIRONMENT AND DEVELOPMENT: Sustainability Science, Science, Vol. 292, pp 641-642, 2001.

  • International Conference on Sustainability Science (ICSS 2009), Summaries of Plenary Session: Keynotes and Panels, IR3S-The University of Tokyo, 2009. http://www.adm.utokyo. ac.jp/res/res5/ICSS-report.pdf.

  • The G8 University Summit, Sapporo Sustainability Declaration (SSD), 2008. http://g8u-summit.jp/english/ssd/index.html.


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