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Copertina della rivista

Acqua

Rischio idrogeologico e azioni di mitigazione a scala locale

Dato l’impatto delle sempre più frequenti inondazioni, sia in termini economici, sia in termini di vite umane, bisogna adottare efficaci metodi di difesa delle zone a rischio e degli edifici coinvolti. Lo sviluppo del flood proofing rappresenta un’importante opzione per sviluppare nuove politiche di difesa del suolo, secondo l’indirizzo di adaptation che si sta imponendo quale scelta consapevole verso una migliore sostenibilità del rapporto tra uomo, clima e territorio.



Negli ultimi cinquant’anni il territorio italiano ha manifestato una crescente vulnerabilità nei confronti del rischio idrogeologico, riflettendo una tendenza assai marcata a scala mondiale tanto nei paesi sviluppati quanto nei paesi poveri. Questo intervento fornisce un breve quadro dell’impostazione scientifica del problema di valutazione del rischio e dei criteri che guidano le azioni di mitigazione, attuabili sia con metodi strutturali che non strutturali. In particolare, viene posto l’accento sulle azioni passive attuabili a scala puntuale, note come misure di “flood proofing”.

Esse costituiscono una misura tecnologicamente flessibile ed economicamente efficace per la mitigazione del rischio, sia sotto il profilo della sostenibilità ambientale, sia in termini di stimolo socioeconomico a scala locale. Possono quindi costituire un importante opzione nello sviluppo di nuove politiche di difesa del suolo, in armonia con la logica della “adaptation”, che si delinea oggi quale indirizzo cardine per migliorare il rapporto tra uomo, clima e territorio. Il “flood proofing” è quindi destinato a giocare in futuro un ruolo importante nella difesa del suolo in Europa e in Italia.


Introduzione
Negli ultimi 20 anni i disastri naturali legati alle intemperanze atmosferiche sono fortemente aumentati, con danni economici in crescita esponenziale (v., p.es., Munich Re, 2009). Senza entrare nel merito delle cause di questo aumento, si è certamente verificata una più intensa attività atmosferica (nubifragi e tempeste di vento) con rilevanti effetti al suolo (alluvioni, frane e trombe d’aria). Nello stesso tempo, lo sviluppo della società, sia in termini di sfruttamento della superficie di suolo, sia in termini di stili di vita, ha reso il territorio sempre più vulnerabile ai disastri idrogeologici. Inoltre, nei paesi poveri l’inurbamento forzato delle popolazioni ha aumentato enormemente l’impatto degli stessi fenomeni.

Il Settimo Programma Quadro dell’Unione Europea ha focalizzato sul concetto di adaptation, ossia sulla necessità di adattare gli insediamenti e lo stile di vita alle mutate condizioni del clima, la risposta a questo problema. Per valutare il rischio legato al verificarsi dei fenomeni catastrofici di origine naturale, vanno considerati tre fattori: la Pericolosità (dall’inglese Hazard) H, ossia la probabilità che un fenomeno di una determinata intensità I si verifichi in un dato periodo di tempo e in una data area: H = H(I); la Vulnerabilità, V, ossia il grado di perdita prodotto su un certo elemento o gruppo di elementi esposti a rischio risultante dal verificarsi di un fenomeno di una data intensità, funzione dell’intensità del fenomeno I e della tipologia di elemento a rischio E: V = V(I, E); e il Valore esposto, W, ossia il valore economico o il numero di unità, relative a ognuno degli elementi a rischio in una data area e dipende dalla tipologia dell’elemento E a rischio: W = W(E). Il rischio totale, associato a un particolare elemento a rischio E ed a una data intensità I, è il risultato della convoluzione R(E, I) = H(I)•V(I, E)•W(E). Il Rischio, R, è il valore atteso delle perdite umane, dei feriti, dei danni alle proprietà e delle perturbazioni alle attività economiche, dovuti al verificarsi di un particolare fenomeno di una data intensità. La mitigazione consiste in un insieme di possibili attività volte a evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi calamitosi individuati durante l’attività di previsione, agendo sul valore esposto.

La protezione consiste nelle attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi calamitosi individuati durante l’attività di previsione, agendo sulla vulnerabilità. La prevenzione consiste nel diminuire la pericolosità, tramite interventi che riducano la probabilità di un evento potenzialmente calamitoso.

Nel caso di rischio alluvionale, tali indicatori possono essere specificati come:

  • pericolosità è la probabilità che una piena tracimi gli argini e inondi l’area di interesse,

  • vulnerabilità è l’entità del danno effettivo patito dagli elementi a rischio,

  • valore esposto è il valore economico delle residenze e degli impianti,

  • prevenzione strutturale è l’azione con la quale si diminuisce la probabilità del verificarsi del fenomeno (p.es. alzando gli argini, costruendo opere di laminazione a monte dei siti a rischio, modificando l’uso del suolo e il drenaggio dei bacini di monte),

  • mitigazione passiva è l’azione con cui si pongono vincoli all’utilizzo delle aree a potenziale pericolo di inondazione (p.es. regolamentazione dell’uso del suolo nelle fasce di pertinenza fluviale nell’ambito della pianificazione delle aree inondabili, PAI) con eventuale delocalizzazione dell’esistente,

  • protezione è l’azione con cui si riduce il danno tramite interventi di difesa attiva (flood warning) o passiva (flood proofing) ovvero tramite la copertura assicurativa del rischio.
In Italia una riduzione estensiva del rischio tramite la prevenzione strutturale (p.es. la cosiddetta “messa in sicurezza” tramite opere idrauliche) risulta inverosimile, per ovvie ragioni economiche e vista l’esperienza del paese a partire dal primo dopoguerra (alluvione del Polesine) in poi: le risorse destinate alla difesa del suolo, in termini di valori attualizzati, sono rimaste da allora praticamente costanti (v. Rosso, 2006) e affatto insufficienti ad attuare un programma di difesa basato sui tradizionali metodi di prevenzione strutturale (v. Relazione Finale della Commissione per la Difesa del Suolo presieduta da Giulio De Marchi, 1970). La mitigazione passiva, se perseguita con criterio si stematico, imporrebbe limiti talora eccessivi allo sviluppo sociale ed economico di molte zone del paese.

Di conseguenza, la protezione gioca un ruolo fondamentale. Finora Stato e Regioni si sono mossi nella sola direzione della difesa attiva (flood warning e procedure di protezione civile), mentre poco si è fatto nel campo della difesa passiva.

Schema tipologie costruzioni

Le tecniche costruttive AntiInondazione
Il flood proofing consiste in una serie di interventi atti a diminuire l’impatto locale delle inondazioni. Come esistono gli edifici antisismici, nelle aree a rischio degli Stati Uniti si costruiscono edifici antinondazione e si ristrutturano in tal senso, laddove possibile, gli edifici esistenti, poiché si è dimostrato come interventi ben calibrati siano in grado di mitigare l’impatto delle inondazioni, influenzando in maniera sostanziale il rischio alluvionale (cfr. USACE, 1995). Secondo la definizione di flood proofing presentata nel documento dell’UNESCO “Guidelines on nonstructural measures in urban flood management” (UNESCO, 2001), tale termine designa “tutte le tecniche di protezione permanenti, contingenti e di emergenza che possono essere utilizzate per impedire che l’acqua di inondazione raggiunga l’edificio, o per minimizzare il danno nel caso in cui essa lo raggiunga e addirittura entri al suo interno.” In generale, il flood proofing comprende tutti gli interventi atti a ridurre i danni di inondazione su edifici, insediamenti o interi quartieri. Esso comprende tecniche di diverso tipo e complessità, a seconda delle caratteristiche locali della potenziale inondazione (tirante idrico, velocità del flusso, natura del terreno, etc).

Le tecniche adottate sono soprattutto quelle sviluppate dalla FEMA (Federal Emergency Management Agency). Esse non sono direttamente importabili in Europa e in Italia, ma vanno profondamente ripensate e modificate, visto il diverso contesto urbano, industriale, idrografico e geomorfologico. Nel seguito si mostreranno alcuni esempi di tipologie di flood proofing tratte dalla letteratura americana, che presenta sicuramente il maggiore grado di avanzamento in tale settore. Le Tecniche Costruttive Anti Inondazione si possono suddividere in due categorie principali: tecniche Permanenti e tecniche di Emergenza.

Le prime riguardano gli interventi che vengono costruiti o predisposti in maniera, appunto, permanente e non richiedono azioni da svolgere, a parte, per esempio, la chiusura di eventuali chiuse o pannelli. Le seconde vengono posizionate esclusivamente durante l’evento e successivamente rimosse. In Figura 1 sono illustrate in maniera schematica alcune tipologie di opere Anti Inondazione. I più tipici interventi permanenti sono (a) la rilocazione dell’edificio, (b) la sopraelevazione, (c) la cinturazione, (d) l’impermeabilizzazione esterna, (e) l’impermeabilizzazione interna. La rilocazione è la tecnica più sicura, ma anche la più costosa. La sopraelevazione fa si che i piani abitabili si trovino tutti al di sopra del livello di piena ed è fattibile per edifici strutturalmente solidi.

La realizzazione di barriere, o cinturazione impedisce che l’acqua arrivi alle parti danneggiabili della struttura. Possibili opere di cinturazione sono berme, argini, o muri. L’impermeabilizzazione esterna è ottenuta sigillando e rendendo impermeabile l’edificio, mentre l’impermeabilizzazione interna si ottiene con modifiche dell’edificio tali da permettere all’acqua di entrare senza procurare danno. Tra i principali interventi di emergenza ci sono (a) i tubi gonfiabili con aria o, soprattutto, acqua, (b) la copertura dell’edificio con teli e (e) le tradizionali arginature di emergenza con sacchetti di sabbia e/o massi ciclopici.

Immagini da satellite

La progettazione degli interventi AntiInondazione
La scelta della migliore tipologia di opera dipende in pratica da una molteplicità di fattori. Essi comprendono la tipologia di edificio, delle fondazioni e dei materiali di costruzione, le caratteristiche del sito in esame, quali il tipo di terreno, la sua pendenza e la sua permeabilità. Grande importanza rivestono le effettive condizioni di rischio idraulico, in particolare il tirante idrico, la velocità del flusso, la rapidità dell’evento e la presenza di colate detritiche. Negli Stati Uniti, lo U.S. Corps of Engineers (USACE, 1995) ha realizzato la cosiddetta Matrice di Flood Proofing, atta a riportare, ovviamente in maniera schematica, la possibile casistica relativa alle situazioni di pratico utilizzo di tecniche di costruzione Anti Inondazione (v. Tabella 1, che riporta la matrice di flood proofing della FEMA).

In funzione delle variabili di progetto più significative, la matrice fornisce un suggerimento sulla/e tipologia/e di opera Anti Inondazione attuabili. Questo schema è ovviamente solo indicativo e l’effettiva decisione deve essere valutata caso per caso e con particolare riferimento alle caratteristiche del sito di interesse ed, eventualmente, alla specifica normativa vigente. Inoltre, la matrice è di fatto valida per il territorio americano, che presenta caratteristiche affatto differenti da quello Italiano, in termini di morfologia del territorio e di conseguenza, di dinamica dei fenomeni di inondazione (si veda, per un caso di applicazione in Italia, Bocchiola e Rosso, 2006). In alcune regioni, p.es. la Liguria (Autorità di Bacino della Liguria, 2005) si è comunque introdotto nella normativa PAI il concetto di pericolosità relativa, che prevede una mappatura preliminare della pericolosità, indirizzata a identificare le zone dove gli interventi di flood proofing possono costituire una soluzione accettabile, in grado di coniugare le necessità di sviluppo territoriale con quelle di una efficace difesa dalle alluvioni. A tal fine, la valutazione dei tiranti idrici e delle velocità di scorrimento in caso di inondazione costitusce un elemento essenziale per la progettazione di interventi efficaci ed efficienti (Tabella 1).

Lo sviluppo di tecniche AntiInondazione comporta quindi una più dettagliata e complessa conoscenza dei fenomeni alluvionali, poiché bisogna prevedere il possibile comportamento del sistema con un fine dettaglio spaziale (Figura 2). Esso prefigura quindi una nuova generazione di studi idrologici e richiede un impulso alla ricerca in direzione di una più approfondita conoscenza dell’interazione delle acque con il territorio e, soprattutto, con l’ambiente costruito. Si tratta di una nuova frontiera dell’indagine scientifica, che gli attuali strumenti di osservazione e di calcolo ci permettono di affrontare con serenità.


Conclusioni
Dato l’impatto delle sempre più frequenti inondazioni, sia in termini economici, sia in termini di vite umane, bisogna adottare efficaci metodi di difesa delle zone a rischio e degli edifici coinvolti. Lo sviluppo del flood proofing rappresenta un’importante opzione per sviluppare nuove politiche di difesa del suolo, secondo l’indirizzo di adaptation che si sta imponendo quale scelta consapevole verso una migliore sostenibilità del rapporto tra uomo, clima e territorio. Si tratta di adottare un’impostazione più flessibile ed economicamente più efficace per la soluzione dei problemi di mitigazione del rischio. Bisogna valutare con attenzione questa opzione, sia sotto il profilo della sostenibilità ambientale, sia sotto l’aspetto della promozione tecnologica e dell’incentivazione economica a scala locale e diffusa, che una tale politica può produrre.

Con queste premesse, il flood proofing è destinato a giocare in futuro un ruolo importante nella difesa del suolo in Europa e in Italia. Attualmente, questo aspetto è quasi totalmente inesplorato. Finora non si è intrapreso alcun studio sistematico dei metodi disponibili e delle loro potenzialità. E’ tempo di colmare questa lacuna, integrando gli attuali strumenti di gestione del rischio idraulico nei territori fortemente antropizzati con una capillare azione di diminuzione della vulnerabilità a scala locale.



Tabella 1.
Matrice degli interventi Anti Inondazione (USACE 1995).N/A, non applicabile; 1 Protezioni speciali a difesa dall’erosione; 2 Aperture dei seminterrati aperte e abbastanza grandi da permettere un pronto ristabilimento dell’equilibrio delle forze idrostatiche; protezioni stagne (paratoie ecc.) permanentemente in opera; nessuna misura dell’ultimo momento in caso di impermeabilizzazione interna. 3 Protezione dalla filtrazione sotto a muri e fondazioni. 4Spostamento dei componenti sensibili a livello superiore a quello di massima piena. 5Rilocazione temporanea in caso di ristrutturazione.

Schema


Bibliografia essenziale


Autorità di Bacino della Liguria, Criteri per la redazione dei piani di bacino. Ambiti normativi delle fasce di inondabilità in funzione di tiranti idrici e velocità di scorrimento, Direttiva Giunta Regione Liguria n.250, 2005.

Bocchiola, D., Rosso, R., Convivere con il rischio di inondazione: Un’introduzione alle Tecniche Anti-Inondazione, Il progetto sostenibile, 9, 2006.

Casartelli, V., La difesa dalle inondazioni con tecniche di Flood Proofing: criteri di applicazione ed elaborazione di mappe di intervento, Tesi di Laurea, Politecnico di Milano, A.A 2003/2004, Mat. 640365.

U.S. Army Corps of Engineers, USACE, Flood-Proofing Regulations, EP 1165- 2-314, 1995.

Federal Emergency Management Agency, FEMA, Engineering Principles and Practices for Retrofitting Flood Prone Residential Buildings, FEMA-259, 1995.

Federal Emergency Management Agency, FEMA, Homeowner’s Guide to Retrofitting, 1998.

Munich Re Group, Topics Geo, Le catastrofi naturali del 2008. Analisi, valutazioni, posizioni, Münchener Rückversicherungs- Gesellschaft, Munchen, 2009.

Rosso, R., La mitigazione del rischio alluvionale. Come affrontare la complessità. Conferenza Ambiente e Sviluppo presso l’Autorità di Bacino del Fiume Serchio, Lucca, 6 febbraio, 2006.

UNESCO, Guidelines on non–structural measures in urban flood management, Technical Documents in Hydrology, No 50, 2001.