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Scienza: il ''tondino'' del futuro

Nell’era della soft economy, la Scienza è la chiave: cresce chi innova, e solo puntando su di essa potremo aprire le porte a nuovo futuro di competitività, ricchezza e sviluppo.

Mentre si apre un nuovo anno ancora all’insegna dell’incertezza, in cui timidissimi segnali di ripresa non riescono a nascondere la ge nerale inquietudine per una crisi che continua a far sentire i suoi effetti in tutto il mondo industrializzato, sembrano essere diversi i Paesi che hanno compreso che a differenza di molti altri settori, l’high-tech tiene: valga per tutti la scelta del Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama di mettere primo punto dell’agenda del “cambiamento” un programma fortemente incentrato sulla ricerca come via per riappropriarsi di una nuova leadership economica.

L’high tech come motore per uscire dalla crisi dunque? Sì, e senza indugio. Perché si rivolge a mercati più consapevoli e di nicchia, perché “qualifica” nella misura in cui offre nuove possibilità di specializzazione per le aziende, di formazione innovativa e di impiego più “stabile” per i nostri giovani, e in cui offre prospettive di apertura verso mercati internazionali o non ancora saturi… in una parola, perché genera ricadute a vantaggio dell’occupazione, della concorrenza, dello sviluppo tecnologico, dell’efficienza.

Ma esistono, davvero, ricette per l’innovazione? Il mio punto di vista è che esista un intero sistema di attori e istituzioni chiamato a mettere a disposizione del Paese tutte le proprie capacità e le proprie risorse: recita un antico detto indiano che il mondo che abitiamo non è nostro, ma è piuttosto un prestito che dobbiamo restituire ai nostri figli; mi piace pensare che possiamo renderlo persino migliore di come lo abbiamo ricevuto, lavorando alla realizzazione di un vero “Progetto Paese”. Con queste motivazioni, il CNR – ente per il quale ho l’onore di svolgere il ruolo di Technology Transfer Officer – sta mettendo in atto un profondo processo di riorganizzazione degli strumenti di trasferimento tecnologico, ovvero quell’insieme di persone, competenze, strategie con le quali il più grande e importante ente di ricerca del nostro Paese mette a disposizione della società il proprio patrimonio di “sapere” e “tecnologie”.

Un sapere che nasce da una rete di ricerca eterogenea e capillarmente distribuita su tutto il territorio nazionale: undici dipartimenti tematici che abbracciano campi anche molto diversi tra loro – dall’energia alla medicina, dall’ambiente all’agroalimentare, dalle scienze della vita, alla fisica, all’Ict eccetera – 108 istituti in cui lavorano centinaia di ricercatori e tecnici, la partecipazione a numerosi programmi internazionali di ricerca e accordi bilaterali con Paesi di tutto il mondo, dagli USA all’India, dalla Cina al Giappone, dai principali Paesi dell’Est europeo alle tante emergenti realtà del bacino del Mediterraneo. Sorgente primaria di ogni azione di technology transfer infatti sono proprio loro, i nostri migliori “cervelli”, con tutto lo straordi nario bagaglio di competenza, fantasia e talento che li contraddi stingue, oggi chiamati ad assumere un ruolo sempre più partecipe e proattivo. Con loro stiamo formando il Network Outreach and Knowledge, una rete bottom up di ricercatori presente su tutto il territorio nazionale, che possa da un lato porsi al servizio del mondo produttivo e industriale rispondendo in maniera rapida ed efficace ai loro bisogni di innovazione e attivando in tempo rapido le competenze più giuste indipendentemente da dove si trovano, dall’altro mettersi al fianco della comunità scientifica stessa fornendo un primo supporto in materia di proprietà intellettuale e protezione dei risultati, operando in maniera trasversale rispetto ai Dipartimenti tematici – che coordinano la ricerca – per promuovere le attività di outreach e valorizzazione, verso l’esterno, delle attività di ricerca.

Leggero, ma organizzato in modo da coprire tematicamente e territorialmente la rete scientifica di tutto il CNR, tale Network rappresenterà la “base” per il funzionamento del vero e proprio “braccio operativo” per la fase di traduzione a livello industriale dei risultati, la società compartecipata Rete Ventures. Un soggetto, quest’ultimo, che potendo contare su professionalità e competenze tipicamente presenti più nel mondo degli “affari” che in quello della ricerca – e che spaziano dalla contrattualistica al diritto societario e industriale, dal marketing alla valutazione economico- progettuale di risultati e brevetti, dalla stesura di business plan al sostegno per l’avvio di start-up – è in grado di fornire un supporto operativo di fatto non disponibile all’interno dell’Ente, ponendosi al fianco di chi fa ricerca per gestire al meglio il delicato processo di trasferimento verso l’esterno dei risultati.

Un processo a doppio senso, che se da un lato facilita il percorso verso un possibile sfruttamento economico dei risultati conseguiti, dall’altro contribuisce anche a portare alla nostra ricerca nuove risorse, e grazie al quale il technology transfer diventa un’operazione in prima battuta culturale, per cui un’invenzione, un brevetto o un risultato ceduto a un’industria diventano “tasselli” verso la condivisione, a tutti i livelli, di una cultura dell’innovazione. L’altro anello della catena è quello demandato al ruolo che il venture capital ha nel sostenere l’inno vazione, soprattutto in un Paese come il nostro, caratterizzato da un sistema industriale frammentato, con tante realtà piccole o piccolissime che prese singolarmente hanno deboli capacità di investimento.

La scommessa è quella di promuovere una “alleanza” tra due mondi oggi ancora distanti – quello della finanza da un lato e quello della ricerca dall’altro – che non si traduce soltanto nella possibilità di sostenere progetti innovativi e “buone idee”, ma in un’occasione di crescita culturale ed economica: sedere allo stesso tavolo per lavorare assieme a un nuovo orientamento degli investimenti in campo hightech. Il CNR lo fa tramite Quantica, primo esempio di SGR a parte - cipazione mista pubblico-privato, attualmente impegnata nell’avvio di un’iniziativa di sostegno alle imprese del Centro/Sud tramite un fondo cofinanziato del Ministero dell’Innovazione. Ma non è soltanto in questa sorta di “tripartizione” che si esaurisce l’obiettivo dell’ente di potenziare le azioni volte a promuovere e valorizzare all’esterno il proprio know-how: elemento centrale sarà infatti quello di dare vita a una progressiva accettazione di questo nuovo approccio culturale a tutti i livelli, con il fine ultimo di rendere la società stessa consapevole dell’importanza di puntare sulla ricerca come vera risorsa strategica del Paese.

Un primo passo riguarda i ricercatori stessi, fornendo loro gli strumenti adeguati perché possano integrare la propria formazione scientifica con competenze più “manageriali” che li rendano in grado di rispondere a questo nuovo, preponderante ruolo che le istituzioni di ricerca stanno assumendo nel contesto economico. Per questo il CNR ha messo in atto una serie di iniziative specifiche, a partire dalla Summer School “Come Va… la Ricerca?” (la cui prima edizione si è svolta nel 2009 nelle sedi di Palermo, Roma e Genova coinvolgendo oltre 90 tra ricercatori e tecnologi di ogni disciplina), il cui obiettivo era quello di confrontarsi su temi come il project management, il fund raising, la comunicazione e la gestione dei processi di innovazione, la tutela della proprietà intellettuale, la valorizzazione dei risultati… e alla quale seguiranno, anche nel 2010, giornate dedicate al TT e ai temi della creazione d’impresa destinate anche a chi opera sul fronte gestionale. Non solo.

Oltre ad avere una classe di ricercatori più “autonoma” nei rapporti con l’esterno, sarà importante anche stimolare chi fa ricerca a dare un valore aggiunto al proprio lavoro già a livello proget tuale: in questo senso vanno letti i progetti relativi a corsi di prior art e design che il CNR ha in programma di offrire ai propri ricercatori e tecnici: un’iniziativa originale, che va nella direzione di dare vita ad un nuovo concetto di “Made in Italy”, in cui all’eccellenza scientifico-tecnologica dei nostri prototipi e prodotti di ricerca si uniscano quelle inconfondibili caratteristiche di design, bellezza e “usabilità” (approccio user-friendly) nelle quali il nostro Paese ha dimostrato grandi capacità, e che potrebbero costituire un aspetto qualificante del nostro “prodotto ricerca” (…in fondo, non siamo tutti noi attratti dai computer Mac per l’eleganza del loro design, oltre che per le loro prestazioni?). Ecco, io ritengo che se nella progettazione, ad esempio, di attrezzature e dispositivi, prototipi, eccetera, i ricercatori fossero addestrati a tenere conto e valorizzare anche questi aspetti, potrebbero davvero acquisire “quel qualcosa in più” per essere ancora più attrattivi sui mercati internazionali. E che nell’era di passaggio all’economia della conoscenza che stiamo vivendo, la Scienza potrebbe davvero offrire all’Italia un’opportunità di riqualificazione e crescita, rappresentando, oggi, quello che è stato il classico “tondino” nell’era dell’industria pesante: un simbolo di prosperità e di solido benessere, motore di un’economia che sembrava potesse non avere mai alcuna crisi.

Un altro, fondamentale passaggio, poi, è quello di puntare sulle giovani (o giovanissime) generazioni, con l’obiettivo di stimolare la loro curiosità e interesse verso la Scienza, orientare le loro scelte, e contribuire a quel clima di fiducia verso le nuove tecnologie che rappresenta la più potente spinta verso la creazione di un ambiente favorevole alla ricerca. Che poi significa vivere in una società i cui diversi attori siano pronti a sostenere la scienza: dai “decisori” al mondo delle istituzioni, dal mondo economico- imprenditoriale a quello accademico, fino alla società civile fatta di famiglie, studenti, mondo della scuola, uomini e donne che già oggi, di fatto, vivono immersi in un mondo di scienza, perché sempre più frequenti e importanti sono le scelte con implicazioni scientifiche e tecnologiche sulle quali sono chiamati ad esprimersi come cittadini. In questo senso è oggi più che mai doveroso per la comunità scientifica aprirsi al confronto con la so cietà, informare sul proprio operato e sui propri obiettivi, instaurare un dialogo con chi, attraverso le tasse, di fatto rappresenta la principale fonte di finanziamento del proprio lavoro.

Il CNR persegue questo obiettivo da tempo attraverso tante iniziative su tutto il territorio; valga per tutti il Festival della Scienza, la principale manifestazione nazionale dedicata alla divulgazione della scienza che si tiene ogni anno a Genova dal 2003, e di cui il CNR è main partner e socio fondatore. Un evento che, con le sue centinaia di appuntamenti tra mostre, laboratori, performances, spettacoli, e un vastissimo programma di conferenze per il pubblico dei nonspecialisti, rappresenta il tentativo forse più riuscito di coinvolgere e appassionare un’intera città, al punto da poterne misurare le ricadute in un incredibile aumento delle immatricolazioni alle facoltà scientifiche dell’ateneo genovese: +43% nella sola facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali, con un picco del 100% a Matematica. Come spiegare questo fenomeno? Con la risposta di una città che, anche grazie al Festival, ha deciso di “sposare” la causa della Scienza e farne un modello su cui investire il futuro dei propri figli, trovando in essa una sua nuova identità.

E che ha scoperto il suo lato più science-attentive: a tutti i livelli, come dimostra il fatto che nelle centinaia di migliaia di visitatori che ogni anno “vivono” il Festival (oltre 200.000 solo nell’ultima, fortunata edizione del 2009) ci sono tutte le categorie sociali, anche quelle tradizionalmente più a margine del “tessuto economico” della città: i giovani, le donne, i bambini, i pensionati… creando un momento di aggregazione molto intenso, dagli importanti risvolti anche a livello di trasferimento tecnologico, nella misura in cui attrae l’interesse del mondo industriale e imprenditoriale, e contribuisce a creare nuove occasioni di sviluppo, formazione, lavoro. A dimostrazione che, nell’era della soft economy, la Scienza è la chiave: cresce chi innova, e solo puntando su di essa potremo aprire le porte a nuovo futuro di competitività, ricchezza e sviluppo.

Planisfero dorato