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Copertina della rivista

Bambina con soffione

L’innovazione al bivio fra retorica e cultura

La comunicazione dell’innovazione come operazione culturale non può non essere risultato dello sforzo integrato di comunicatori impegnati in diversi settori, affiancati da tutte le figure interessate a raggiungere questo scopo, dai politici, agli imprenditori, ai ricercatori.

Da alcuni anni la parola innovazione ricorre regolarmente nel dibattito sullo sviluppo economico italiano e sulla competitività delle imprese. Spesso però nella comunicazione pubblica si ha la sensazione che la coscienza dell’importanza dell’innovazione resti confinata sul piano teorico, e raramente divenga parte integrante della discussione su come risolvere problemi concreti e urgenti. In parte ciò si deve al fatto che l’innovazione per realizzarsi ha bisogno di tempi medio-lunghi o lunghi; è tuttavia pre - occupante che essa non venga “messa in conto” quando si presentano al pubblico vicende complesse. Solo a titolo di esempio, possono essere chiamate in causa alcune inchieste dedi - cate nel 2009 all’impatto esercitato sulle piccole e medie imprese dalla concorrenza sleale operata da ditte che utilizzano lavoratori in nero. In questi casi, il messaggio mandato al pubblico si è più volte concentrato sulla ovvia necessità di combattere l’illegalità, perdendo l’occasione di sottolineare come a medio e lungo termine l’innovazione sia una via necessaria per far sì che alcuni settori manifatturieri restino competitivi.

In altre parole, non si è detto come anche in assenza di ope - razioni illegali sia difficile pensare che per una persona entrata ora nel mondo del lavoro possa prospettarsi una vita lavorativa sicura, interamente spesa svolgendo manodopera in settori a bassa e antica tecnologia (solo l’artigianato d’arte resterà probabilmente una nicchia piccola ma accogliente). Allo stesso modo, solo molto recentemente si è cominciato a sottolineare, e mai abbastanza, come la perdita di posti di lavoro nel settore della ricerca abbia una peculiarità, perché non è solo un dramma per coloro che ne sono coinvolti ma anche, e forse soprattutto, un grave pericolo per il futuro economico della nazione.

È necessario dunque ripensare la comunicazione dell’innovazione in modo da renderla più incisiva, così che essa non possa essere ignorata nei dibattiti in cui si discute il futuro delle attività produttive e divenga sempre più elemento cardine della cultura condivisa.


Cosa è l’innovazione
Se si vuole procedere a una efficace comunicazione, il primo passo è ovvia mente definire di cosa si vuole parlare e quale messaggio si desidera trasmettere. Occorre quindi chiedersi cosa si intende per innovazione. A questo proposito è utile la definizione data da Giovanni Dosi, secondo cui essa deve essere intesa come “ricerca, scoperta, sperimentazione, sviluppo, imitazione e adozione di nuovi prodotti, processi o soluzioni organizzative”. In questa definizione trovano posto sia l’innovazione di prodotto, che porta a immettere sul mercato qualcosa che in precedenza non esisteva, sia quella di processo, grazie alla quale oggetti già noti vengono prodotti in modo più efficiente o comunque migliore, sia la creazione di nuovi prodotti o bisogni ottenuta inventando modi di presentare qualcosa o di fruirne (è il caso di slow food, che non ha creato le tradizioni gastronomiche nazionali bensì un nuovo modo di utilizzarle, su cui si è costruita una fiorente attività).

Dal punto di vista di un comunicatore che si rivolge direttamente al pubblico, spesso l’innovazione di prodotto è quella più appetibile, perché è più adatta a destare l’attenzione. L’innovazione di processo diviene una notizia interessante se implica un impatto economico degno di nota, mentre le soluzioni organizzative fanno più facilmente notizia se vi si possono collegare storie personali interessanti. Ogni singolo caso trova ovviamente la sua collocazione ideale in spazi diversi dei media o in media diversi, e attraverso professionisti specializzati in differenti settori della comunicazione.

Riguardo quale messaggio da mandare, semplificando molto si potrebbe ridurre l’essenziale a due punti:

  • Innovare è necessario,

  • Innovare è difficile

Se il primo punto può essere trasmesso con relativa facilità, il secondo è molto più delicato perché implica una riflessione sui rischi che gli innovatori devono assumersi ed è comunque difficile da raccontare su media tradizionali perché gli insuccessi, come noto, non fanno notizia (a meno che non comportino danni ingenti).

Vedremo in seguito come possano ipotizzarsi vie non tradizionali per trasmettere questo aspetto. Un secondo passo fondamentale nella comunicazione è l’identificazione del pubblico a cui rivolgersi.

Si possono individuare almeno tre grandi gruppi di interlocutori:

  • il pubblico generale

  • gli studenti

  • coloro che sono più direttamente coinvolti nel creare innovazione, cioè imprenditori e ricercatori.

Ognuna di queste categorie deve essere raggiunta da mezzi di comunicazione e contenuti appropriati. Di seguito si presentano due esempi di strumenti interessanti per far crescere la cultura dell’innovazione: uno ben consolidato e un secondo più di frontiera.

Al fine di elaborare più a fondo questi due casi si tralasciano volutamente mezzi molto importanti ma dalle potenzialità più esplorate, come i media tradizionali o le attività di formazione pensate per raggiungere direttamente imprenditori e ricercatori. Occorre però sottolineare che la comunicazione dell’innovazione come operazione culturale non può non essere risultato dello sforzo integrato di comunicatori impegnati in diversi settori, affiancati da tutte le figure interessate a raggiungere questo scopo, dai politici, agli imprenditori, ai ricercatori.


L’attività dei Musei della Scienza interattivi
Nel 1969 a San Francisco viene inaugurato l’Exploratorium, voluto dal fisico Frank Oppenheimer, fratello di quel Robert Oppenheimer che aveva diretto i Laboratori di Los Alamos all’epoca della costruzione della bomba atomica. Con l’Exploratorium nasce un nuovo modo di concepire i musei della scienza che avrà un impatto straordinario, generando i moderni musei della scienza interattivi (chiamati anche science centre).

Essi si diffonderanno in tutto il mondo, coinvolgendo migliaia di professionisti, i quali a volte resteranno sostanzialmente fedeli al modello originale, altre proporranno importanti sviluppi. I musei della scienza interattivi si rivolgono a un pubblico diversificato, in particolare, secondo quanto detto nella Dichiarazione di Toronto redatta nel 2008 durante la V conferenza mondiale dei Science Centre, queste strutture si rivolgono:

  • Ai bambini, perché crescono in un mondo in rapido cambiamento, e diventeranno essi stessi agenti del cambiamento.

  • A ragazzi e studenti, perché sono i decisori di domani.

  • Agli adulti, perché hanno bisogno di strumenti per comprendere meglio le sfide di oggi.

I musei della scienza interattivi sono luoghi perfetti per l’educazione informale: una forma di educazione volontaria che avviene al di fuori dei luoghi classicamente deputati all’edu - cazione (anche se può esservi con - nessa) e che si protrae per tutta la vita.

Gli allestimenti e le attività tipiche dei musei della scienza interattivi sono studiate per coltivare nei più piccoli attitudini mentali atte a favorire creatività, razionalità e autonomia di pensiero: tutte doti che si ritengono importanti in un innovatore. Per questa ragione i science centre sono un aiuto considerevole nel formare la cultura degli innovatori di domani. In generale, i musei della scienza interattivi rappresentano uno degli strumenti più interessanti di cui si è dotata la società nel tentativo di elaborare modalità di educazione adatte a far crescere nei più piccoli le doti oggi riconosciute importanti perché come cittadini possano poi dare il loro migliore contributo allo sviluppo di democrazia e benessere. Per quel che riguarda i più grandi, i musei della scienza interattivi costituiscono una importante opportunità per non perdere contatto con l’evoluzione della scienza e della tecnologia. Il progresso di queste ultime rende infatti rapidamente incomplete le conoscenze acquisite nel periodo degli studi, ed è essenziale che i cittadini seguano i nuovi sviluppi, sia perché nel loro divenire scienza e tecnologia pongono interrogativi su cui tutti sono chiamati a decidere, sia per evitare che si creino divari di conoscenza fra le generazioni. In tutto il mondo il ruolo dei musei della scienza interattivi è stato riconosciuto come cruciale nel promuovere la cultura scientifica e tecnologica e nel favorire lo sviluppo di società basate sulla conoscenza.

Bimba con girandola

Queste strutture stanno divenendo sempre più numerose non solo nei Paesi più ricchi ma anche in nazioni che mirano a divenire più competitive, in particolare in Asia e nel Vicino Oriente. Persino in un Paese dove esiste un grande dibattito sulla necessità di migliorare le infrastrutture educative come l’Egitto, i Science Centre sono in crescita e il solo Cairo ne avrà presto tre. In questo quadro merita particolare attenzione la situazione italiana.

Nel nostro Paese esistono diverse eccellenti strutture museali dedicate alla scienza, da science centre veri e propri, come Città della Scienza di Napoli, a musei tradizionali che hanno affrontato importanti rinnovamenti per coniugare le collezioni tradizionali con i più avanzati strumenti di comunicazione, quale il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci a Milano. Spiccano tuttavia importanti aree del territorio nazionale prive di science centre, fra le quali estremamente di rilievo è il caso di Roma.

Qui diversi progetti per una città della scienza si sono succeduti senza mai concretizzarsi. Là dove mancano i science centre, si cerca spesso di sopperire con festival della scienza, ma i due strumenti non sono alternativi.


La fiction come strumento di promozione dell’innovazione

La fiction è notoriamente un settore importante della produzione televisiva italiana. Secondo il Rapporto sulla Fiction in Italia pubblicato nel 2009 dalla Fondazione Rosselli,

  • Tra il 2002 e il 2009, 219 imprese italiane attive nella produzione di audiovisivi si sono dedicate alla fiction (su 857).

  • Il settore ha registrato 520 milioni di euro di fatturato nel 2007.

  • L’Italia è il terzo consumatore di fiction in Europa (dopo Danimarca e Germania).

Eppure, la fiction italiana ha poca penetrazione nel mercato mondiale: esportiamo principalmente nei Paesi dell’est e in quelli dove ci sono minoranze italiane rilevanti.

La ragione è sintetizzata così da Oliver Kreuter (Bavaria Media) “Il deficit di esportabilità del prodotto italiano dipende, a mio avviso, dal fatto che fate prodotti troppo simili a cose già viste e troppo vecchie”. Dunque è ipotizzabile che siano maturi i tempi per migliorare la competitività internazionale della fiction italiana. In altri termini, anche nella fiction ci vuole innovazione. È possibile coniugare il bisogno di innovazione della fiction con la necessità di far crescere la cultura dell’innovazione? Probabilmente sì, visto che questo formato televisivo si è rivelato molto efficace nel promuovere anche temi culturali considerati difficili. Un esempio particolarmente interessante è dato dalla serie americana Numb3rs.

La trama narra le vicende di due fratelli impegnati a risolvere casi criminali. I fratelli sono un poliziotto e un matematico. I casi vengono risolti sempre con l’ausilio di qualche ragionamento formulato dal matematico. Non è ovviamente una trasmissione didattica bensì una trasmissione di intrattenimento di successo e anche l’edizione trasmessa in Italia vanta dei buoni ascolti, ad esempio:
Schema ascolti

A fianco di ascolti decisamente lusinghieri, la serie Numb3rs è considerata uno dei fattori responsabili del recente aumento degli iscritti alle facoltà di matematica; inoltre ha avuto numerosi riconoscimenti per i suoi contenuti fra cui il Carl Sagan Award for Public Understanding of Science nel 2006, e il Public Service Award del National Science Board degli Stati Uniti nel 2007.

Il caso di Numb3rs e di altre fiction a sfondo scientifico dimostra come, pur restando nell’ambito dell’intrattenimento per il largo pubblico e dei prodotti commerciali, la fiction sia un mezzo potente ed efficace per veicolare messaggi anche riguardo a settori considerati difficili.

Lo studio di nuove fiction atte a promuovere nel pubblico l’interesse verso la scienza e la tecnologia potrebbe molto probabilmente aiutare a far crescere la cultura dell’innovazione in Italia, e forse anche rendere più esportabili dei prodotti che faticano a trovare un pubblico all’estero.

Si potrebbe però anche fare qualcosa di più, pensando a fiction i cui contenuti siano direttamente in grado di mettere in luce l’importanza dell’innovazione, favorendo così l’interesse del pubblico e una migliore cultura dell’innovazione senza per questo perdere la loro caratteristica di intrattenimento e divenire programmi di divulgazione. Fra l’altro, forse proprio un canale di questo tipo potrebbe rivelarsi utile per veicolare il secondo e più complesso messaggio della comunicazione dell’innovazione, cioè, come si diceva, il fatto che innovare è difficile.