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Copertina della rivista

Cielo con nuvole

 

Stoccaggio geologico della CO2: finalmente decolla o ancora attese?

Nata negli anni '80 per massimizzare la produzione di giacimenti di petrolio quasi esauriti, la tecnica di stoccaggio geologico di CO2 sta attraversando una "seconda giovinezza" grazie alle enormi potenzialitą che presenta in termini di riduzione delle emissioni in atmosfera. E' allora una tecnologia matura? Si, ma non lo č il quadro regolatorio che permette di iniettarla nel sottosuolo non per scopi petroliferi ma per ridurre i gas serra dall'atmosfera.



Della Conferenza sull'ambiente a Poznan, preparatoria di Copenhagen 2009, i giornali degli scorsi giorni dicono è andato tutto bene, Berlusconi dice è andato tutto bene, gli americani dicono è andato tutto bene; gli ambientalisti dicono è andato quasi tutto bene (mai soddisfatti poveretti, soprattutto se sono laureati in sociologia, psicologia, scienze delle comunicazione, scienze politiche e via via).

Ma la nostra atmosfera, se potesse parlare, direbbe che andrà tutto bene solo quando le 300 centrali a carbone cinesi, le altrettante americane e indiane e nondimeno quelle europee (soprattutto polacche e tedesche, ma presto, a fine riserve di metano russo, anche le nostre…) e le centrali a carbone sporco che ogni settimana proliferano ex-novo in Cina, potranno finalmente avere a tergo il loro impianto di cattura della CO2 e la loro pipeline che la trasporta fino al sito di stoccaggio geologico. Il resto sono solo parole, begli incontri, bei pranzi fra politici "ambientalisti", tanto sfarzo, tanti giornalisti, tanta CO2 prodotta dagli aerei per portarli sul luogo della conferenza ambientale, ... tutto questo mentre gli scienziati addetti a queste nuove tecnologie CCS (CO2 Capture & Storage) continuano in Italia ad essere "4 gatti", malpagati e all'80% precari. Con la convinzione che le rinnovabili da sole non ce la fanno! E mentre i politici italiani (in special modo i parlamentari europei) hanno stipendi 3-4 volte maggiori dei colleghi europei, gli scienziati italiani che si occupano di questo sono pagati 2-3 volte meno dei colleghi europei e fuggono all'estero.

Il lavoro scientifico "vero" da fare sarebbe talmente tanto che sarebbe da dire ai politici che hanno partecipato a Potznan: ed ora rimboccatevi le mani e lavorate pure voi! Oppure: "silenzio... adesso lasciateci lavorare". Ma veniamo al dunque: cosa si intende per CCS e quali sono le iniziative scientifico-industriali in Italia e soprattutto in Veneto.

La cosiddetta CCS (Carbon Capture and Storage) è una tecnica che permette di "catturare" alla fonte di produzione la CO2, in questo caso liberata dalla combustione delle fonti fossili (principalmente quindi da centrali termoelettriche a carbone, ma anche a gas, a biomasse, a rifiuti, e, qualora il "prezzo" della CO2 divenisse molto elevato, da acciaierie, cementifici, raffinerie…). Quest'operazione, la cattura, viene implementata tramite la separazione in impianto chimico della CO2 dal resto dei fumi industriali. Una volta "isolata", la CO2 viene trasportata, in forma liquida e secca, in pipeline (tubi come quelli per il trasporto di metano, ma meno a rischio), per essere successivamente confinata definitivamente nel sottosuolo profondo in siti che presentano determinate caratteristiche geologiche (prima fra tutte una profondità di almeno 800 metri, con buona impermeabilità e poche faglie).

Tali giacimenti possono essere acquiferi salini profondi in rocce silicatiche o carbonatiche o addirittura vulcaniche e intrusive (acque non potabili molto salate tipiche delle profondità terrestri) e meglio ancora se sono associati con giacimenti di petrolio o metano esauriti, che sicuramente sono stati in grado per milioni di anni di "confinare" petrolio e gas, che poi noi umani abbiamo estratto negli ultimi 100 anni di rivoluzione industriale. In Italia disponiamo già di una mappa dettagliata dei siti adatti ad accogliere la CO2: l'INGV, ed in particolare l'Unità Funzionale "Geochimica dei Fluidi, Stoccaggio Geologico e Geotermia" della Sezione Roma 1, ha già catalogato i punti geologicamente adatti a ospitare depositi di CO2.

Nata negli anni ‘80 per massimizzare la produzione di giacimenti di petrolio quasi esauriti, la tecnica di stoccaggio geologico di CO2 sta attraversando una "seconda giovinezza" grazie alle enormi potenzialità che presenta in termini di riduzione delle emissioni in atmosfera (milioni/anno/km2). Negli USA i petrolieri hanno già portato avanti 90 progetti che negli ultimi 20 anni hanno sequestrato geologicamente circa 400 milioni di tonnellate di CO2 e l'hanno trasportata lungo circa 3500 chilometri di pipeline tra Stati Uniti e Canada. E' allora una tecnologia matura? Si, ma non lo è il quadro regolatorio che permette di iniettarla nel sottosuolo non per scopi petroliferi ma per ridurre i gas serra dall'atmosfera.

E non sono "maturi" i politici di tutto il mondo che non hanno ancora afferrato l'importanza di questa rivoluzionaria tecnologia "ponte" (nel senso di "utile fino ad esaurimento dei combustibili fossili", cioè 150 anni ancora per il carbone ed il resto molto prima). Da qui l'enorme sforzo dei pochissimi ma motivati scienziati impegnati nella CCS e dei pochissimi legislatori e politici che hanno "creduto" finora in questa tecnologia: pochissimi, ma esponenzialmente crescenti dal 2000 ad oggi, grazie agli sforzi della IEA (International Energy Agency), della IEA-GHG (International Energy Agency - Green House Gas), del CSLF (Carbon Sequestration Leadership Forum, che ora riunisce ben 25 paesi, compresa Cina e USA, anche se assenti dall'Accordo di Kyoto) e grazie soprattutto alla Piattaforma Europea ZEP (Zero Emissions Fossil Fuels Power Plants), che ha radunato per ogni paese europeo i massimi esperti e ha coadiuvato il Parlamento Europeo nella stesura di una Direttiva Europea CCS, che è stata divulgata nel gennaio 2008 e sarà tra poco operativa.

E in Italia grandi sforzi dei privati, in primis ENEL, ed ora, timidamente, ENI, Edison, Saras Raffinerie, Carbosulcis, Rezia Energia Italia, Independent Reseources. Tutti pionieri! ENEL in particolare ha avviato i suoi studi di stoccaggio geologico sia in Alto Lazio che in Alto Adriatico (Porto Tolle) per valutare i potenziali di stoccaggi geologici nell'intorno di questi 2 mega-poli elettrici a carbone pulito e si spera "super-pulito" con il CCS. Intorno a Porto Tolle la situazione è questa: diverse centinaia di milioni di tonnellate di CO2 iniettabili in acquiferi salini profondi fuori-costa (off-shore) e l'imbarazzo della scelta tra rocce carbonatico- marnose e clastico-silicatiche. INGV aspetta ingegneri e geologici che si rimbocchino le maniche, e i politici dietro!! La priorità? Comunicarlo alla gente, agli amici, agli ambientalisti... come noi!

Lago di montagna con persone in canoa