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Il Festival del Cinema Nuovo è un festival di cortometraggi che devono
essere interpretati da giovani portatori di handicap inseriti in comunità o associazioni. L’obiettivo non è quello di fare una rassegna di film sulle problematiche dei disabili, ma di valorizzare esperienze cinematografiche in cui i disabili sono protagonisti di vere storie, vere fiction; perché ci si stupisca non per quello che questi ragazzi non hanno o non sanno, ma per quello che sono e che fanno.

CIAK 1: la storia
A ottobre 2004 si è tenuta la IV edizione del Festival del Cinema Nuovo, concorso per cortometraggi, aperto esclusivamente a filmati prodotti nelle Comunità per disabili (Centri Diurni e Residenziali) gestiti da ASL, Comuni, Cooperative Sociali, Associazioni di volontariato.

Dopo aver proposto per decenni esperienze teatrali, abbiamo cominciato, dagli anni ’90, a cimentarci col cinema.

La I edizione ha coinvolto i Centri della Regione Lombardia. La II si è proposta a tutta l’Italia settentrionale. Con la III il nostro Festival è diventato definitivamente concorso nazionale. Con la IV edizione abbiamo voluto aprirci anche all’Europa. Un’espansione a macchia d’olio: meglio, a macchia di stupore, di emozione, di entusiasmo.

CIAK 2: l’unicità
Siamo invasi (piacevolmente!) da Festival cinematografici sul tema dell’handicap.
Riteniamo, però, che il Festival del Cinema Nuovo sia unico: nuovo per i soggetti protagonisti, per le finalità e per i risultati ottenuti.

CIAK 3: la filosofia
I nostri giovani vogliono, come tutti del resto, essere protagonisti.
La nostra esperienza e i riscontri che abbiamo da altri numerosissimi Centri ci convincono che fare cinema può favorire l’intenzionalità psico-sociale più profonda del nostro impegno: il benessere dei nostri giovani (almeno quello possibile!).

Essi godono nel momento dell’impegno costruttivo del film e, ancor di più, nel relax del rivedersi.

E’ un’altra possibilità che la tecnologia offre per stare insieme, per divertirci.

CIAK 4: la proposta
Si ritiene utile ribadire la peculiarità della nostra proposta.
Altri (anche registi illustri!) hanno proposto film sul problema dell’handicap, con molta profondità e suggestione, svolgendo un’opera altamente meritevole di sensibilizzazione e di approfondimento. Altri ci hanno presentato portatori di handicap protagonisti nel rappresentare se stessi, nel ruolo di portatori di handicap, evidenziando le loro capacità e prospettando anche possibilità progettuali per alcuni di loro.

Altri ci hanno presentato magnifici documentari su varie attività espressive e teatrali.

Noi non vogliamo percorrere queste strade, anche se le apprezziamo e condividiamo.

Riproponendo questo Festival noi vogliamo valorizzare esperienze cinematografiche che i nostri giovani attuano nelle loro piccole Comunità. E nei ruoli più vari: in storie comiche, romantiche, poliziesche, avventurose… vera fiction!

CIAK 5: la metodologia
La cinepresa ci permette di fissare l’attimo fuggente sul volto dei nostri giovani, la loro espressività e creatività. Bisogna essere attenti, saper cogliere, interpretare, focalizzare, per poi assemblare, ricostruire, strutturare: per far poesia. Basta catalizzare queste “tante positività” con pazienza e ognuno di loro darà il meglio nel grande progetto d’insieme.

CIAK 6: lo staff
Ci auguriamo che anche alla prossima edizione partecipino tanti Centri con i loro cortometraggi. Preferibilmente non opere di professionisti esterni, ma che nascano come un fiore multicolore dalle esperienze continuative del proprio gruppo, con le radici nel profondo di ogni Comunità. Solo gli operatori sociali/educatori conoscono bene i loro giovani, così da saper scegliere, per ognuno di loro, personaggi e ruoli appropriati.

Nei cortometraggi del nostro Festival non sono desiderate le compresenze dei cosiddetti “normali”, o almeno, che non siano prevaricanti, che rimangano sullo sfondo.

Gli operatori ed altri esperti daranno il loro contributo nell’inventare la trama, nella regia, nel montaggio, nel creare un intelligente rapporto tra immagine-musica.

Ma i protagonisti dello spettacolo devono essere solo “loro”.

CIAK 7: il cast
I nostri giovani sono stati catalogati come handicappati, portatori di handicap, disabili. Ora si usa anche “diversabili”. Già è meglio. Ma anche questa denominazione ci lascia perplessi.

L’accentuazione è sempre sulle “abilità”. Molti dei nostri giovani non sono purtroppo neanche “diversamente abili” per quanto riguarda le “capacità”, così come vengono intese abitualmente: ma sono, invece, persone particolarmente vive, sensibili, autentiche: le loro emozioni sono spontanee e autentiche. Vere.

Pittori, registi, attori, comici… (e ce lo dicono proprio loro!) devono conquistare con fatica, attraverso un percorso liberatorio, quanto i nostri giovani esprimono invece con spontaneità.

I nostri filmati, se ben condotti, mettono in evidenza questa vitalità dei “nostri”: diventano, così, ambasciatori di se stessi, della loro ricchezza interiore.

CIAK 8: la finalità
Anche l’attività cinematografica, se ben gestita,può produrre quei processi benefici di autostima e gratificazione che possono innescarsi attraverso ogni attività creativa. Basta riuscire a canalizzare le molte positività di questi giovani che spesso non vengono valorizzate. Anche loro hanno capacità di rischio, vitalità, voglia di immedesimarsi in ruoli diversi, gusto di sognare. Insomma anche voglia di fare cinema.

Attualmente, troppo spesso e con presunzione, si attribuisce a ogni attività proposta il valore di terapia: idroterapia, ippoterapia, cromoterapia, musicoterapia, ludoterapia… Non vogliamo anche noi cadere nella trappola di far diventare terapia ogni esperienza. Però a volte, quando il piacere dell’espansione creativa-emotiva dell’operatore si allinea ed integra con il piacere dell’espansione creativa-emotiva del giovane disabile, ne scaturisce un contatto “incandescente”: allora può scoccare la scintilla della vera terapia. In questo caso, dell’arteterapia. Naturalmente c’è vero effetto terapeutico se la positività si generalizza in ambienti e situazioni diverse e si prolunga nel tempo. Ma se far cinema aiutasse anche solo a far star meglio e ad avere gioia di vivere nel qui ed ora, non sarebbe poi cosa da poco!

CIAK 9: il piacere degli spettatori
Godiamoci queste creazioni, piccole opere d’arte, sapendo che questi filmati si possono forse apprezzare del tutto solo all’interno del gruppo che li ha prodotti.
Siamo coscienti che uno spettacolo fatto da disabili porta con sé il rischio del grottesco o, come minimo, dell’ambivalenza: pericolo che è sempre dietro l’angolo, anche dietro le riprese. Non vogliamo fare “esibizioni” e neppure provocare “benevola compiacenza”.
Non ci piacerebbe l’emozione che nasce perché si è in una situazione in cui tutto è commovente; “perché sono diversi”. Non vogliamo che si battano le mani perché, comunque, “sono fin troppo bravi”! Vorremmo che ci si stupisca, non per quello che questi nostri giovani non hanno o non sanno, ma per quello che sono e che fanno.

CIAK 10: la promozione culturale
Ci auguriamo che anche nelle prossime edizioni del Festival del Cinema Nuovo e nelle numerose ripresentazioni dei cortometraggi del Festival, le persone che assistono alle proiezioni escano dalla sala con il sorriso sul volto e nel cuore accorgendosi finalmente che la disabilità non è solo problema.
Così il Festival del Cinema Nuovo esalta il senso della festa ed esplicita il suo valore culturale.

 




 
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A cura di:
Romeo Della Bella
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