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La possibilità di utilizzare protesi osseointegrate offre al medico una reale alternativa alla ricostruzione digitale quando altre metodiche chirurgiche non possono essere sfruttate. Nonostante rimangano aperti ancora molti quesiti, questa tecnica rappresenta un’importante soluzione nel trattamento protesico di queste patologie che altrimenti non potrebbero essere trattati con la tecnica convenzionale. All’interno del Centro Protesi INAIL di Budrio (Bologna) si è proposto ed avviato una sperimentazione finalizzata all’utilizzo della tecnica dell’osseointegrazione e protesi cosmetica in silicone per trattare le gravi amputazioni falangee.


INTRODUZIONE
Ogni anno si verifica un elevato numero di amputazioni e di malformazioni congenite che riguardano il distretto dell’arto superiore. Dai dati riportati nel grafico si evince che questi eventi riguardano principalmente il distretto della mano (Fig. 1).
Figura 1. Amputazioni e malformazioni congenite degli arti superiori. La colonna rossa rappresenta le amputazioni di dita.

Da un punto di vista protesico, le amputazioni o le malformazioni della mano rappresentano uno dei distretti corporei più difficili da trattare. L’attenzione dei ricercatori si è così concentrata su questa parte del corpo al fine di ripristinarne sia la cosmesi che la funzionalità.

Diverse tecniche di ricostruzione sono state descritte in passato, come trasferimenti di un dito del piede alla mano, pollicizzazione, procedure di allungamento e l’impianto di lembi liberi osteocutanei.

Queste tecniche sono le più utilizzate e presentano ciascuna indubbi vantaggi che però non sempre trovano indicazioni accettabili per il paziente.

Inoltre la particolarità del moncone d’amputazione falangeo e di mano (soprattutto nei casi di amputazioni falangee molto prossimali) rende questi monconi non trattabili sia chirurgicamente sia con le tecniche protesiche tradizionali. In questi casi si deve pertanto ricorrere a metodiche alternative: la nostra esperienza si basa sulla tecnica dell’osseointegrazione originariamente proposta in campo odontoiatrico negli anni cinquanta da Branemark P-I. e che, in ambito strettamente riabilitativo, ha permesso la definizione del fenomeno dell’osseopercezione [4, 5, 6].

L’osseointegrazione è un processo biologico in cui degli impianti in titanio (detti fixtures), dopo essere stati inseriti in un osso e dopo un opportuno periodo di scarico, si integrano perfettamente con il tessuto osseo circostante (Fig. 2).

Figura 2. Immagini al microscopio elettronico a scansione di cellule ossee “attaccate” ad un impianto in titanio.
Una volta integrata, la fixture viene connessa alla protesi e sarà di conseguenza sottoposta ad una serie di forze trasmesse via impianto all’osso circostante che risponde con un processo continuo di autorimodellamento che coinvolge il Sistema Nervoso Centrale (SNC) fino a raggiungere con il tempo e con l’esercizio terapeutico uno stato di equilibrio con l’impianto.

L’osseopercezione consiste nel fenomeno di assimilazione propriocettiva e sensoriale dell’impianto da parte del SNC: assume particolare importanza quando la protesi digitale osseointegrata inizia a comunicare con quest’ultimo nel tentativo di ripristinare la funzione perduta.

Nel presente studio abbiamo utilizzato il principio dell’osseointegrazione nel trattamento delle amputazioni traumatiche della mano. Tutti i pazienti trattati avevano dei monconi troppo corti sui quali non era possibile adattare perfettamente le protesi digitali standard.

Figura 3. Casi trattati al Centro Protesi INAIL.
Amputazioni totali (a) e parziali (b) di mano.
MATERIALI E METODI
All’interno del Centro Protesi INAIL di Budrio (Bologna) si è proposto ed avviato, circa quattro anni or sono, una sperimentazione finalizzata all’utilizzo della tecnica dell’osseointegrazione e protesi cosmetica in silicone per trattare le gravi amputazioni falangee, in particolare quando la “pinza” era compromessa [1, 2, 3]. Si sono trattati quattro pazienti che hanno subito l’amputazione parziale del primo dito (pollice) oppure amputazioni parziali di mano (Fig. 3).

I passi della tecnica sono:
1. Tecnica chirurgica.
2. Tecnica protesica.
3. Programma di riabilitazione. Tecnica chirurgica.

In ciascun paziente fu applicata una procedura chirurgica in 2 stage.

Il primo stage consisteva nell’inserzione di un impianto in titanio filettato (con sabbiatura in biossido di titanio sulla sua superficie[8]) nel canale midollare del moncone (Fig. 4).

Inizialmente fu eseguita un’analisi radiografica della mano amputata per determinare la lunghezza e la larghezza dell’impianto da utilizzare.

Successivamente il moncone fu prima aperto chirurgicamente sollevando un lembo di pelle sulla sua parte prossimale e poi fu perforato coassialmente tramite un apposito trapano al fine di inserire lungo il suo canale midollare l’impianto in titanio.

Figura 4. Impianto in titanio (o fixture) con sabbiatura in Biossido di titanio sulla sua superficie.
Infine, il lembo di pelle fu suturato e l’impianto fu lasciato senza carico per consentire l’osseointegrazione.

Nel secondo stage, circa 3 mesi dopo, il lembo di pelle fu nuovamente riaperto e uno speciale “abutment” fu fermamente ancorato all’impianto tramite una vite (Fig. 5).

Tecnica protesica. Dopo un periodo di guarigione di circa 2-4 settimane, la protesi digitale in silicone fu ancorata all’abutment.

La protesi in silicone fu costruita attorno ad una struttura centrale in titanio (chiamata “abutment protesico”) sagomata nella sua parte prossimale in modo tale da potersi adattare perfettamente con l’abutment (Fig. 6a).

Per costruire la protesi in silicone rispettando le proporzioni e la forma della mano sana, fu necessario lavorare su uno stampo in gesso di quest’ultima.


Figura 5. “Abutment” esterno bloccato all’impianto tramite una piccola vite.
Successivamente fu costruito e testato un prototipo di dito in cera per consentire al paziente di realizzare i primi tentativi di presa (Fig. 6b). Infine, se il prototipo funzionava correttamente, ci fu la costruzione della protesi in silicone finale.

L’intero sistema fu poi bloccato da un piccolo dispositivo a vite che il paziente poteva facilmente manipolare tramite un piccolo cacciavite. In questo modo la protesi può essere rapidamente tolta ed indossata dal paziente stesso (Fig. 7).

Programma di riabilitazione. Nessun antibiotico fu usato ma fu richiesta solo una buona cooperazione dal paziente.

La cura della pelle attorno l’impianto percutaneo non presentò grossi problemi e il paziente fu sottoposto ad una serie di trattamenti regolari di pulizia e di risciacquo dell’arto amputato. Il programma riabilitativo fu iniziato il più precocemente possibile e in ogni caso appena il chirurgo lo consentì.

Figura 6. Struttura in titanio, chiamata abutment protesico, attorno alla quale fu costruita la protesi in silicone (a). Prototipo di dito in cera per effettuare le prime prove di presa (b).
La rieducazione motoria, definita in un apposito protocollo elaborato dal Centro Protesi INAIL, rivestì grande importanza sotto il profilo riabilitativo e si sviluppò in due fasi principali: la fase pre-protesica e la fase post-protesica.

Obiettivo fondamentale fu quello del recupero della massima funzionalità, in particolar modo nelle attività di vita quotidiana.

Altro aspetto clinico non trascurato fu quello del dolore e quello della “sindrome del dito fantasma” che nella nostra esperienza si limitò alla sola amputazione del pollice e fu normalmente ben tollerata [10].

Le funzioni somatosensoriali della mano furono testate ad intervalli regolari da terapisti di provata esperienza prima, durante e dopo il training riabilitativo [7,11].

Utilizzammo un sistema computerizzato (NORRIS) per la valutazione comparativa della forza della pinza digitale e della forza globale di presa della mano. Presupposto indispensabile per esprimere valide attività lavorative, o recuperarle, è insito nel possedere buoni livelli di soglia di sensibilità tattile: per la loro valutazione furono utilizzati i filamenti di Semmes-Weinstein [12] ed una serie di diapason a frequenza variabile fra i 60 e i 240 Hz.

Figura 7. Amputato di pollice fornito con un impianto osseointegrato nell’osso carpale rimanente. L’impianto ha la capacità di ritornare sia funzioni meccaniche che sensoriali (osseopercezione).
Valutammo, inoltre, l’abilità mediante il Minnesota Manual Dexerity test ed il Nine-Hole Peg test.

Le modalità più elevate della sensibilità consistono nella propriocettività e nella stereognosia, quest’ultima testata mediante il classico Picking up test di Moberg [13,14] che consiste in un test di valutazione funzionale sintetica in cui il riconoscimento tattile necessita dell’integrazione e dell’interpretazione delle modalità sensitive elementari e dove ha soprattutto importanza il tempo impiegato per il riconoscimento degli oggetti (Fig. 8).

Figura 8. Alcune fasi del programma riabilitativo al Centro Protesi INAIL.
Non trascurammo, seppure sia a nostro avviso meno significativa nel contesto, la valutazione della sensibilità termica mediante strumentazioni elettriche dotate di apposite termocoppie.

Tutti i pazienti furono inoltre sottoposti ad un ciclo intensivo di esercizi passivi, attivi e attivi controresistenza di sblocco articolare e di rinforzo dei segmenti della mano residui, ponendo particolare attenzione ad eventuali vizi cicatriziali e, appunto, a limitazioni da non uso delle articolazioni residue.



Esercizi di rinforzo della muscolatura tenare e lombricale furono somministrati al fine di favorire una valida forza alle pinze digitali e laterali.

Anche la muscolatura flessoria ed estensoria intrinseca ed estrinseca furono tonificate per il recupero della prensione globale (Fig. 9).

Figura 9. Esercizi attivi e passivi su pazienti trattati con fixture in titanio osseointegrate.
Durante la rieducazione cercammo con il dialogo la massima partecipazione di ciascun paziente al proprio progetto terapeutico-riabilitativo: creammo un ambiente confortevole, isolato e silenzioso in maniera tale da favorire la massima concentrazione possibile dell’operatore e del paziente stesso.

Per ciascun paziente compilammo una scheda di valutazione globale ed analitica delle diverse funzioni, annotando scrupolosamente ogni variazione in positivo o negativo del quadro clinico: questo ci consentì di monitorare l’evoluzione del programma terapeuticoriabilitativo e di apportare le eventuali modificazioni qualitative e quantitative allo stesso.


RISULTATI
I casi trattati con protesi in silicone osseointegrate fornirono eccellenti risultati cosmetici e funzionali.

Figura 10. Un paziente mentre svolge attività di vita quotidiana.
In tutti i pazienti si riscontrarono problemi di iperestesia-disestesia, anche molto fastidiosi, dei monconi di amputazione e, pertanto, applicammo delle tecniche definite dagli autori anglosassoni di “desensitization” ed utilizzammo contatti sempre più appoggiati con materiali a differente densità e rigidità.

Tutti i pazienti riuscirono ad utilizzare la protesi nella gestualità quotidiana del mangiare, vestirsi, provvedere all’igiene personale (lavarsi i denti, il viso, pettinarsi, utilizzare i sanitari, etc.), muoversi ed interagire con l’ambiente circostante (afferrare piccoli oggetti, usare il telefono, aprire e chiudere cassetti e una porta, etc.) (Fig. 10).

Restituire a questi pazienti un buon grado di autonomia ha il significato di interrompere un circolo vizioso:
- ridotta autostima - depressione - atteggiamento passivo - ulteriore dipendenza - ridotta autostima.

Figura 11. Prototipi di un nuovo abutment esterno (a) e di un nuovo abutment protesico (b) progettati al Centro Protesi INAIL.
Il paziente riacquista così sicurezza e fiducia nelle proprie possibilità ed è invogliato a riscoprire le sue abilità e ad utilizzarle in ruoli nuovi ma comunque gratificanti.

L’osseointegrazione di protesi digitali, a differenza delle protesi cosmetiche tradizionali, non richiede un lungo moncone ed inoltre questa tecnica è “semplice” ed “economica” se confrontata con i metodi chirurgici tradizionali.

Gli impianti sono fermamente ancorati all’osso, durano nel tempo ed infezioni della cute accadono infrequentemente. Inoltre c’è un aumento della forza di presa della mano ed il paziente è in grado di percepire la rugosità degli oggetti tramite il suo arto artificiale (osseopercezione). Questi risultati non sono raggiunti dalle protesi estetiche tradizionali.

Durante questi quattro anni non si sono mai manifestate gravi infezioni da costringere all’espianto delle fixtures ma è stato necessario eseguire solo delle revisioni periodiche delle protesi in silicone. Attualmente, tutti i pazienti svolgono attività di vita quotidiana senza particolari complicazioni. Solo in un caso è stato necessario rimuovere l’impianto a causa di un’infezione da Staphylococcus Aureus dovuta ad un uso improprio della protesi da parte del paziente.


CONCLUSIONI
La possibilità di utilizzare protesi osseointegrate offre al medico una reale alternativa alla ricostruzione digitale allorquando altre metodiche chirurgiche non possono essere sfruttate. L’idea di utilizzare un impianto cuteperforante è intrigante in tutti i suoi aspetti. Dal punto di vista riabilitativo non può essere ignorato l’interessante fenomeno osseointegrativo fra materiale inerte (titanio) e materiale vivente (osso) che conduce, attraverso suggestive interazioni ormonodipendenti fra Sistema Nervoso Centrale e Periferico, all’altrettanto affascinante fenomeno dell’osseopercezione. E’ verosimile che quest’ultima sia mediata dal trasferimento di stimolazioni tattili, propriocettive e stereognosiche dal moncone di amputazione digitale ai nervi intraossei grazie all’impianto osseointegrato. Nonostante rimangano aperti ancora molti quesiti, questa tecnica rappresenta un’importante soluzione nel trattamento protesico di queste patologie che altrimenti non potrebbero essere trattati con la tecnica convenzionale. I risultati sperimentali insieme con l’analisi dello stato dell’arte dimostrano l’enorme potenziale delle dita protesiche osseointegrate in termini di accettabilità, estetica, integrazione e percezione. Comunque, miglioramenti sono necessari nell’area della strumentazione chirurgica, degli impianti e della protezione contro le infezioni. Lo scopo del nostro progetto è quello di restituire agli amputati digitali una normale abilità funzionale. La selezione dei soggetti deve essere eseguita con cura poiché il risultato dell’osseointegrazione dipende fortemente dallo stato del moncone osseo al momento dell’inserzione degli impianti (la rivascolarizzazione è un parametro fondamentale) e dallo stile di vita dei pazienti nel periodo post-impianto.

In futuro vorremmo perfezionare la tecnica concentrandoci sui seguenti obiettivi tecnologici:

- Migliorare la sicurezza degli impianti per evitare che cadute accidentali danneggino il moncone osseo nel quale essi sono inseriti.

- Progettare fixtures con appropriate caratteristiche: passo della filettatura, fixtures autofilettanti per evitare la necrosi ossea durante la procedura di perforazione, superficie trattata con sabbiatura, etc.

- Investigare se è possibile estendere questa tecnica nel trattamento delle amputazioni di mano, di braccio e di gamba.

- Garantire maggiore protezione contro le infezioni.

- Progettare abutments specifici per questo tipo di progetto (Fig. 11).


Questo articolo vuole essere assolutamente interlocutorio e propedeutico ad altri che, al di là dei buoni risultati osservati fino ad ora, dovranno tenere conto dell’acquisizione di nuovi casi e del follow up di questi descritti. La strada è aperta: sarà necessaria una sempre maggiore interdisciplinarietà a garanzia dei risultati funzionali ed estetici che tale metodica è in grado di mettere a disposizione di infortunati sul lavoro e non, che si vedano privati di una funzione così importante come quella di poter riconoscere e manipolare l’ambiente esterno.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1. Sacchetti R. et al. Osseointegration in the treatment of digit amputees. Villa Lemmi Congress (FI), 2001.

2. Lundborg G. et al. Osseointegrated thumb prostheses: a concept for fixation of digit prosthetic devices. The Journal of Hand Surgery 1996, Vol.21A(2), pp.216-221.

3. Manurangsee P. et al. Osseointegrated finger prosthesis: an alternative method for finger reconstruction. The Journal of Hand Surgery 2000, Vol.25A, pp.86-92.

4. Branemark P-I., Breine U. et al. Intraosseous anchorage of dental prosthesis: I. Experimental studies. Scandinavian journal of plastic and reconstructive surgery 3 (1969), pp.81-100.

5. Branemark P-I., Hansson BO et al. Osseointegrated implants in the treatment of the edentulous jaw: experience from a 10-year period. Scandinavian journal of plastic and reconstructive surgery Suppl. 16 (1977), pp.1-132.

6. Meyers R. et al. Anatomical basis of osseoperception. Experimental Study.

7. Branemark R. et al. Osseointegration in skeletal reconstruction and rehabilitation. Journal of Rehabilitation Research and Development 2001, Vol.38(2).

8. Prezzi A., Colombo D. Il titanio e le sue leghe in ortodonzia. Trento (Italy), Università degli Studi di Trento, Tesi, 2001.

9. Moscato T.A., Orlandini D. Amputato di arto superiore e di arto inferiore. Terapia occupazionale: metodologia ed ausili. Editore SOLEI press 14 (1996), pp.245-264.

10. Weiss T. et al. Decrease in phantom limb pain associated with prosthesis-induced increased use of an amputation stump in humans. Neuroscience letters 272 (1999), pp.131-134.

11. Bazzini G. I test di valutazione della mano. Quaderni di medicina del lavoro e medicina riabilitativa. Fondazione clinica del lavoro, Pavia, IRCCS, 1993.

12. Bell-Krotoski JA. Light touch-deep pressure testing using Semmes-Weinstein monofilaments. Rehabilitation of the hand (1990), pp.595-93.

13. Moberg E. Objective methods for determining the functional value of sensibility in the hand. The Journal of bone and joint surgery 40B (1958), pp.454-76.

14. Moberg E. Two-point discrimination test, a valuable part of hand surgical rehabilitation in tetraplegia. Scandinavian journal of rehabilitation medicine 22 (1990), pp.127-34.

 
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A cura di

M. Bicchierini
Centro Protesi Inail, Vigorso di Budrio (Bo)

R. Sacchetti
Centro Protesi Inail, Vigorso di Budrio (Bo)

G. Pilla
microchirurgo della mano al centro protesi Inail

S. Grassi

Centro Protesi Inail, Vigorso di Budrio (Bo)

A. Davalli
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D. Orlandini
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