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Premessa
Tutti oramai ci rendiamo conto di quanto sia modificata la percezione di ciascuno rispetto alla propria salute, alle condizioni necessarie per il benessere soggettivo e per quello che definiamo "qualità di vita". Fenomeni, disturbi e sintomi che magari in passato erano sopportati e considerati inevitabili oggi sono rifiutati e si richiede giustamente che vengono offerti tutti i trattamenti utili a rimuoverli o minimizzarli. Tutto ciò espande sempre più rapidamente i compiti della medicina, perché si espandono i confini dei bisogni e delle richieste dei cittadini. Ovviamente tutto deve esser commisurato con effettive potenzialità (fondate sull’evidenza scientifica e non solo sulla speranza o sull’illusione) di trattamento.
Il settore della medicina che più di ogni altro è al centro di questa trasformazione è la riabilitazione: cresce la domanda e parallelamente cresce la potenzialità scientifica di modificare menomazioni e disabilità precedentemente non trattabili con successo.
Il punto di origine di tutte le attività riabilitative, e delle connesse responsabilità professionali ed organizzative sta nel diritto della Persona, a fronte di qualunque menomazione e/o disabilità che alteri anche transitoriamente la sua autonomia ed autosufficienza, di poter ricevere una valutazione diagnostica, una prognosi e se possibile un trattamento adeguati al problema, globalmente correlati alla complessità bio-psico-sociale dell’individuo, condivisi e verificabili.
Questo diritto si correla all’omologo dovere della società di garantire a tutte le persone tutti gli strumenti idonei al mantenimento, più a lungo possibile ed al livello massimo possibile, della propria autonomia per la partecipazione ai compiti sociali, nonché all’esigenza della stessa società di ottimizzare e nel contempo verificare l’utilizzo adeguato dei molteplici strumenti di riabilitazione rispetto a parametri di efficacia/efficienza e di sostenibilità.

Questa puntualizzazione che può apparire superflua, in realtà non lo è affatto perché purtroppo in medicina, e molto spesso in Riabilitazione, può manifestarsi il meccanismo della autoreferenzialità di operatori e di cure, creando mistificazioni ed artifici anche gravi.

In tal modo si può correre il rischio di negare o limitare i diritti di tutela della salute delle persone disabili, per favorire talvolta l’affermazione di presunti professionisti, di posizioni economiche, di presunte terapie ed organizzazioni illusorie, prive di fondatezza scientifica e di reale efficacia sostanziale.

Nella crescita della riabilitazione talvolta si possono inserire anche illusioni, santoni di vario genere e vergognose speculazioni.

Ma anche per gli operatori più seri c’è sempre il rischio di manipolare le informazioni, le indicazioni e proposte di cura, il rischio di mistificare il ruolo terapeutico per trarne vantaggio personale o anche commerciale, venendo meno a essenziali doveri etici e deontologici oltre che mentendo sul piano della scienza e dell’evidenza.

Questo rischio attiene essenzialmente al rapporto con la persona presa in cura , alle modalità e contenuti di questo, alle procedure ed alla loro trasparenza rispetto ad altrettanto trasparenti sistemi di verifica che possano esser comprensibili e controllabili prima di tutto dalla persona stessa: ciò comporta tipologie di linguaggio, di relazione, di strumenti cartacei e persino di normative che favoriscano nei fatti quello che oggi viene definito “consenso informato” e che purtroppo molto spesso si riduce ad una pura formalità. Più di recente tutti noi ci siamo resi conto che anche tutte le problematiche della sostenibilità economica delle prestazioni, in rapporto proporzionato con la evidenza dell’efficacia e della adeguatezza delle stesse, devono esser trattate nello stesso modo: con piena trasparenza in termini di informazione prima delle scelte e nella verifica dei risultati sia nel caso singolo che nella popolazione. Queste sono riflessioni che ritengo debbano coinvolgere tutta la medicina, ma senza dubbio sono già da tempo divenute patrimonio profondo e condiviso della fisiatria italiana e sono state tra l’altro uno dei punti di forza del nostro grande sviluppo in questi ultimi anni.

Appare quindi sempre più chiaro come l’unitarietà e globalità della Presa in Cura si manifesta non soltanto sul piano clinico verso una metodologia di sintesi bio-psico-sociale (come indica ICF ) che superi la frammentazione di organi, apparati e cellule, ma anche sul piano gestionale per un “governo” condiviso delle valutazioni, delle scelte terapeutiche assieme con gli obbiettivi e le risorse: in riabilitazione tutto ciò può apparire forse un pochino ovvio, dato che sappiamo come sia particolarmente rilevante il valore della relazione di cura con la Persona, che richiede necessariamente una forte unitarietà e continuità di comunicazione, fiducia e controllo con il curante responsabile del complesso degli interventi e dei loro esiti.
Altrettanto rilevante sul piano gestionale sappiamo come sia l’esigenza del Sistema Sanitario di poter disporre della necessaria e sintetica gestione organica degli strumenti e delle risorse impiegate, in rapporto agli obbiettivi attesi ed ai risultati raggiunti; infine rilevante diviene anche, e sempre più rapidamente al trasformarsi delle realtà demografiche e socio-economiche, l’esigenza del Sistema del Welfare di poter disporre di un terminale sintetico per il necessario raccordo tra questi interventi e gli aspetti sanitari connessi.

Sappiamo come fortissimamente in crescita sia la domanda di salute e di cure, di recupero dell’autonomia e dell’autosufficienza personale che ci viene rivolta da fasce sempre più grandi di persone che per molteplici e diversissimi motivi vedono ridotta la loro condizione di benessere. Le ricerche e le acquisizioni cliniche della nostra disciplina ci possono offrire sempre maggiori possibilità positive di rispondere a questa domanda, sul versante del trattamento intrinseco, rieducativo e compensatorio con metodiche e procedure terapeutiche che sintetizzano risorse e potenzialità muscolo-scheletriche, cinesiologiche, neuropsicologiche, motivazionali, occupazionali etc. In questo senso è da sottolineare ad es. l’esigenza urgente nel nostro Paese di ampliare al massimo la formazione del Terapista Occupazionale, che è il professionista che più di ogni altro è in grado di sviluppare questo settore verso il functioning individuale e vocazionale della persona.


Il Progetto Riabilitativo, la Squadra ed il suo lavoro con la Persona


L’obiettivo centrale è definire chi fa che cosa, quando,come e con quale scopo.

L’accenno al Terapista Occupazionale ci consente di iniziare ad esaminare sinteticamente quali debbano esser le metodologie, le procedure, i contenuti e gli obbiettivi della interdisciplinarità e multiprofessionalità.

Il punto centrale è necessariamente il Progetto Riabilitativo Individuale che raccoglie e sintetizza tutte le premesse precedentemente espresse, e che concretizza la centralità reale che la persona deve poter avere in ogni fase ed in ogni intervento.

Progetto individuale come definito dalle linee guida nazionali sulla riabilitazione, che si incardina necessariamente su un Progetto di Struttura che deve dimostrare la piena coerenza ed adeguatezza (in termini di strutture, strumentazioni, competenze e responsabilità, casistiche ed esperienze validate etc.) con il luogo, od i luoghi diversi ma integrati e sinergici, ove possono esser realizzati i molteplici programmi di cura previsti nel progetto.

Nel progetto si giustificano i contributi interdisciplinari ( il medico di Famiglia ed altri specialisti medici oltre il fisiatra responsabile, altri professionisti sanitari, sociali e non solo, operatori culturali etc.) che arricchiscono come necessario di volta in volta il progetto sia nelle fasi valutative che di concretizzazione del percorso di recupero dell’autonomia.

Nel progetto si coniugano le competenze ed i compiti dei diversi operatori della Squadra Multiprofessionale che costituisce l’unità indispensabile della Presa in Cura Riabilitativa.

Questo metodo di lavoro sinergico ed integrato, fondato su una continua verifica reciproca, necessita di una grande capacità di comunicazione sia all’interno della Squadra che tra questa e tutti i contributi interdisciplinari necessari e questo nel mondo sanitario italiano è tutt’ora un grande problema per il tradizionali “individualismo” anche delle professioni.

E’ ad esempio molto importante il dibattito in corso in questi mesi su come debba esser strutturato il curriculum formativo di tutti gli operatori dell’area riabilitativa e quali legami debbano coniugarne la formazione, e parallelamente su quali contenuti deve acquisire ogni medico ed ogni infermiere nella propria formazione di base verso le tematiche della riabilitazione.

Il Progetto Riabilitativo Individuale definisce, riassume e verifica tutti i contenuti del percorso verso il recupero dell’autonomia possibile, e prima di tutto ha però l’esigenza di esser partecipato e condiviso dalla persona, ed anche di esser unitario e non mai frammentario. In caso contrario verrebbero meno sia i diritti della persona che le esigenze di controllo e verifica anche finanziaria oltre che clinica.
E’ quindi ovvia la necessità di una responsabilità unitaria ed unificante sia della valutazione diagnostica, prognostica e terapeutica del danno e della menomazione specifica, raccogliendo tutte le diverse ed opportune integrazioni interdisciplinari che consentano ad es. di comprendere al meglio in che modo le eventuali altre e diverse patologie, le problematiche biologico- psichiche, emozionali, affettive e relazionali, le condizioni socio-culturali contestuali possano interferire con le funzioni, con le potenzialità e con la volontà di recupero della persona.

Il fisiatra responsabile del progetto ha la formazione e la competenza per farsi carico dell’impostazione del percorso di recupero, dalla patologia di base alla dimensione personologica e contestuale, in un insieme organico e idoneo di interventi, per definire e raggiungere gli obiettivi di autonomia possibile e gradita, per definire le strategie anche compensatorie e per raccogliere e mobilitare tutte le risorse possibili.
Ciò rappresenta e costituisce la “presa in cura” in Riabilitazione.

E’ questo il compito medico centrale del Progetto Riabilitativo Individuale, che trova sintesi unitaria sia nella comunicazione alla persona che nella responsabilità legale. E’ un compito che si concretizza sempre e comunque in rapporto ad ogni tipologia e complessità di disabilità che alteri le condizioni di benessere soggettivo della persona e che presenti reali e valide possibilità di trattamento recuperativo.

Infatti appare necessario, a tutela della equità dei diritti delle persone con disabilità, che tali terminologie incongrue introdotte nel passato vengano eliminate.

Spesso la apparente semplicità del problema è solo effetto della incompetenza dell’osservatore, mentre la potenzialità di recupero funzionale sottende in realtà una complessità di interventi.

Come viceversa talvolta la apparente complessità e gravità può non sottendere purtroppo una reale prognosi riabilitativa; quindi una seria e competente responsabilità clinica e deontologica impone l’interruzione di trattamenti incongrui ed inefficaci, che possono invece esser indotti da bisogni socio-assistenziali i quali debbono invece trovare risposte su altri piani.


Proprio tale complessità anche in situazioni clinicamente in apparenza semplici o “minimali” può richiedere talvolta molteplicità di cooperazioni, ma sempre unicità di metodologia ed integrazione come nei casi apparentemente più complessi.

Ma per concretizzare tale complessa ed unitaria responsabilità clinica e deontologica verso la persona presa in cura il fisiatra ha il compito di attivazione, animazione, guida, controllo e verifica dell’operatività complessiva e specifica dei molteplici professionisti che di volta in volta sono da coinvolgere nell’azione di valutazione e di cura Squadra Multidisciplinare-Multiprofessionale; tale metodologia operativa e clinica si traduce anche nella coerente responsabilità gestionale della complessità sul piano organizzativo e finanziario. Rimane ovviamente ai singoli professionisti la specifica responsabilità del proprio “saper fare” nella integrazione efficace all’interno del team e nei confronti della persona presa in cura per le azioni di competenza.
Quindi interdisciplinarità e multiprofessionalità non significa solo un elenco di compiti specifici ma piuttosto una metodologia di cooperazione che deve esser conosciuta e praticata in rapporto alle esigenze del caso individuale, e del progetto da definire.
Ovviamente sul versante gestionale ed organizzativo deve esistere quanto meno un gruppo di professioni specificamente proprie dell’area riabilitativa che debbono caratterizzare il requisito minimo perché una struttura, una prestazione, un servizio, un Ospedale possa definirsi competente a prendere in cura delle persone con disabilità. Non possono esser sufficienti dei fisiatri spalmati all’interno di Ospedali, reparti o servizi, ma neppure dei Fisioterapisti o Massaggiatori distribuiti a pioggia, come non sono sufficienti dei logopedisti o neuropsicomotricisti per determinare l’esistenza di un Servizio di riabilitazione per l’età evolutiva. Le loro potrebbero esser solamente delle prestazioni isolate e probabilmente incongrue rispetto ai valori intrinseci dei bisogni riabilitativi; non sarebbe sufficiente neppure se fossero tantissimi, perché mancherebbe loro il requisito essenziale che è la globalità della presa in cura rispetto alla Persona, che si concretizza solo con il Progetto Riabilitativo.

Il Progetto Riabilitativo ha infatti il compito di definire la modificabilità del danno funzionale, quale presupposto per ogni corretto approccio riabilitativo, ha inoltre il compito della successiva definizione dei risultati attesi e verificabili; il tutto attraverso una serie di strumenti propri e specifici della riabilitazione, associati anche a verifiche strumentali, fondandosi su logiche e basi di evidenza scientifica.

La pratica clinica in riabilitazione si configura così come un’attività di programmazione e verifica progressiva dell’appropriatezza e congruità dell’intervento riabilitativo, che coinvolge elementi di responsabilità che si susseguono dal primo momento della presa in carico fino al termine dell’iter riabilitativo.

Il fisiatra trova in tutto ciò elementi fondanti di “peculiarità ” della propria disciplina rispetto ad altri Specialisti, in particolare rispetto a quelli che concentrano la loro competenza su organi, apparati, età o condizioni funzionali specifiche e settoriali e che quindi per loro natura, formazione e competenze non sono in grado di rapportarsi clinicamente con il complesso unitario della Persona e del suo Funzionamento come indica la Classificazione I C F dell’OMS.

Altra peculiarità evidente sta anche nel fatto di essere sempre e costantemente responsabile della gestione di una serie anche complessa di elementi produttivi e di risorse umane ed economiche.

Infatti quale dirigente medico deve responsabilmente confrontarsi con la realtà economica, per avere risorse utili a generare gli ottimali processi sanitari ed utilizzarle in modo razionale. Tanto più perché il fisiatra, in rapporto alla complessità del settore, alla crescita rapidissima della domanda ed alla esiguità purtroppo delle risorse destinate è di fatto responsabile anche di un attento uso delle stesse.

Ciò differenzia per le basi formative, ma anche in termini di problematiche e rischi medico-legali altri specialisti nei confronti del fisiatra, potendosi trovare essi più facilmente in condizioni di colpa professionale nel tentativo di gestire un progetto od un setting riabilitativo senza poter dimostrare competenza curriculare e metodologica a farlo.

Tutti questi in conclusione sono essenzialmente degli strumenti di lavoro che configurano un sistema di garanzie in favore della persona disabile ed a tutela del diritto di raggiungere il massimo risultato in termini di autonomia possibile.

Tale impostazione, che è prima di tutto una irreversibile scelta culturale e professionale, consolidata sul campo, si fonda sulle Linee Guida Ministeriali del ’98 e su tutta la letteratura internazionale in materia, purtroppo non è ancora del tutto patrimonio condiviso da tutti. Si assiste ancora a tentativi di autoaccreditamento di altri medici e di operatori non medici che mirano ad appropriarsi di parti della globale attività riabilitazione: gli effetti sarebbero devastanti sia sul piano della qualità delle prestazioni, che della tutela dei diritti delle persone che infine della sostenibilità economica dei servizi.
Questo dimostra che il dibattito sulla multiprofessionalità e su come debba esser regolamentata non è affatto un argomento teorico ma molto concreto e spinoso: è un punto delicatissimo per il Governo Clinico complessivo del settore ed ha trovato recentemente risposta in una serie di pronunciamenti della giustizia amministrativa rispetto a situazioni incongrue manifestatesi in alcune Regioni.

Prima in Sicilia, poi in Puglia, poi il Tar Lazio e, non ultimo, il Tar Veneto hanno, pur partendo da diversi presupposti, chiaramente indicato chi ha la competenza professionale per farsi carico della disabilità nella buona gestione del sistema riabilitativo nazionale e come gli altri operatori debbano cooperare sinergicamente.
Una grande responsabilità viene ben sintetizzata da una recente Sentenza del TAR Veneto: “…l’accesso alle prestazioni riabilitative si attua attraverso la visita FISIATRICA (ove viene effettuata la diagnosi) a seguito della quale viene redatto uno specifico Progetto riabilitativo individuale ove vengono individuati i trattamenti riabilitativi adeguati” …….. “tutti i componenti dell’equipe, dunque, espletano gli adempimenti professionali di rispettiva competenza in assoluta autonomia, nel solo rispetto delle prescrizioni- conformemente peraltro, alla previsione dell’art 1 del D.M.n.741/94- contenuta nel Progetto Riabilitativo, di carattere multidisciplinare, redatto dal FISIATRA, medico diagnosticante e responsabile della riuscita del Progetto stesso…”.

Queste riflessioni debbono servire a chiarire come la interdisciplinarità e la multiprofessionalità debbano esser una grande ricchezza sostanziale per la impostazione e realizzazione del Progetto Riabilitativo Individuale, in una logica di riconoscimento e rispetto reciproco tra gli operatori. Dopo aver superato, culturalmente ed organizzativamente con le Linee Guida, la frammentazione della riabilitazione per organi o malattie per raggiungere finalmente la presa in cura della Persona per costruire con lei il percorso verso l’autonomia, nel nostro Paese sta veramente concretizzandosi una Riabilitazione con valori e contenuti senza dubbio innovativi ed avanzati rispetto al quadro internazionale ed in particolare Europeo, di cui esser senza dubbio molto orgogliosi sul piano scientifico e operativo. L’organizzazione che a livello Europeo riunisce gli Specialisti della Riabilitazione UEMS ha accolto gran parte delle indicazioni italiane delle Linee Guida ed in particolare questi concetti essenziali di cooperazione culturale e professionale, per promuovere una visione unificante per l’attività riabilitativa in tutti i Paesi dell’Unione.


 
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Alessandro Giustini
Presidente SIMFER - Direttore Scientifico IRCCS Montescano - FSM Pavia

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