Dobbiamo avere fiducia nella creatività della nostra specie, che ci
distingue, nel bene e nel male, dal resto del mondo animale.
Una sola cosa getta ombra su questa visione ottimistica: il continuo
taglio delle spese per l’istruzione e la ricerca che viene sistematicamente
effettuato dalla maggior parte dei governi nel mondo.
Come sempre la
lotta più difficile è contro noi stessi.
La futurologia esiste, ma non è una
scienza esatta. Un esempio, il problema
dell’approvvigionamento di
energia per il pianeta terra. Si tratta
sicuramente di uno dei problemi
cruciali per il XXI secolo. Citando
Richard Smalley (premio Nobel per
la chimica) ce ne sono altri nove: acqua,
cibo, ambiente, povertà, guerre
e terrorismo, malattie, istruzione,
democrazia e aumento demografico.
In realtà, ciascuno di questi è strettamente
correlato agli altri, tanto che
l’umanità affronta un unico problema:
la sopravvivenza sostenibile. Il
problema è estremamente complesso,
ha molte variabili e non esiste un’unica
soluzione. Le condizioni iniziali e le
leggi che governano il fenomeno non
sono note, quindi ogni previsione è
estremamente incerta, non-scientifica
per definizione. Tuttavia che le fonti
fossili di energia siano ad esaurimento
è cosa certa. Il quando non lo è. Dal
1970 ad oggi il “picco” del petrolio
(ovvero massimo sfruttamento prima
del declino di questa risorsa) si sposta
sempre più in là. Le cause di questo
prolungamento di agonia sono la scoperta
di nuovi giacimenti, la messa in opera di nuove tecniche di estrazione,
le nuove tecnologie di raffinamento
e anche quelle di utilizzo. Ad oggi, la
previsione per il picco petrolio sta fra
il 2015 e il 2040. Altre risorse di energia
sono in attesa di una riscossa.
La
più importante è il carbone, di cui abbiamo
immense scorte. Come tutte le
sorgenti fossili, che vengono “bruciate”
in qualche modo, l’uso del carbone
comporta un importante sfida all’ambiente.
Nel caso specifico richiede lo
sviluppo di nuove tecnologie di cattura
e sequestro dell’anidride carbonica
(CCS), il più importante tra i gas serra.
E’ curioso notare che già nel 1273
fosse stata promulgata una legge, da re
Edoardo I di Inghilterra, che vietava la
combustione di carbone in zone pubbliche.
La legge, che pure prevedeva la
pena di morte per i trasgressori, pare
fu totalmente disattesa.
Il tavolo dell’energia ha molte gambe,
petrolio, gas naturale, carbone, nucleare,
bio-masse, rinnovabili (eolico, solare
termico, solare fotovoltaico, fotoelettrolisi
dell’acqua).
Tutte le fonti di
energia disponibili devono essere considerate
da un punto di vista oggettivo
di convenienza energetica, ma anche
geografica e politica, e quindi le soluzioni
saranno diverse da paese a paese.
In assenza di tecniche efficaci di CCS,
le fonti “carbon-free” hanno un vantaggio
per l’impatto ambientale, e
meritano attenzione. Un’osservazione
importante nella storia della tecnologia
umana è la seguente: l’età della
pietra non è finita per mancanza di
pietre. Ovvero, cambiare per introdurre
nuove forme di approvvigionamento
energetico ha un senso anche
quando le attuali risorse non sono in
questione, se il cambiamento porta a
migliori condizioni di vita in generale.
Tra le varie soluzioni pulite ed economiche
consideriamo l’energia solare.
Sono ben noti gli argomenti a favore
e contro. In un romanzo di semifantascienza
in cui un premio Nobel
vuol sviluppare una nuova tecnologia
per la fotosintesi artificiale (Solar,
di Ian McEwan), si riporta questo
esempio: “Nella foresta devastata un
uomo, costantemente sotto la pioggia,
rischia di morire di sete e si ostina ad
abbattere gli alberi per estrarre poche
gocce di linfa da ciascuno. Tra breve
non ci saranno più alberi.
Lo fa perché
ha sempre fatto così, e non si fida di
quelli che propongono cose diverse, lo
fa perché ha ottimi strumenti di taglio
degli alberi ed estrazione della linfa,
sviluppati in tanti anni, e lo fa perché
non è capace di raccogliere l’acqua
piovana.”
Quindi un argomento tipico a favore
del solare in qualsivoglia coniugazione
è: c’è tanta energia solare che ci arriva
ogni giorno sulla testa, perché non
imparare a sfruttarla?
Si tratta di una
fonte pulita, generosa ed inesauribile
(entro certi limiti perché anche il sole
si spegnerà, ma almeno questo problema
possiamo rimandarlo).
La foresta distrutta sotto la pioggia è
un’immagine toccante, ma ingannevole,
perché suggerisce che la soluzione
sia a portata di mano, ovvia. Ma
questo non è vero. E’ molto improbabile,
se non impossibile, costruire in
tempi brevi abbastanza pannelli solari
da soddisfare il fabbisogno planetario.
E’ difficile immagazzinare l’energia
prodotta in questo modo, ed è difficile
trasportarla da dove si produce
(tipicamente un deserto sembra il posto
migliore) a dove serve (una città).
Il fotovoltaico quindi, per quanto sia
vero che la potenza della radiazione
solare sulla terra è diecimila volte il
fabbisogno del pianeta, per ora non è
la panacea dei problemi energetici, ma
parte della soluzione.
Cosa serve per
aumentare le possibilità di successo
di questa tecnologia (senza trascurare
le altre!):
1) maggiore comprensione
(vedi ricerca di base, soprattutto fisica);
2) nuovi materiali (vedi ricerca di
base, soprattutto chimica);
3) nuovi
processi (innovazione, che è difficile
dire da dove venga, possibilmente
dalla ricerca di base ad ampio spettro,
quella mai finanziata da nessuno e
che bisogna fare di nascosto).
Quale
fotovoltaico e in quale direzione?
Ci
sono molte proposte nel sotto-capitolo
energia-fotovoltaico. Il silicio non
si batte, perché la tecnologia è ben
sviluppata, perché ha un enorme potenziale
nella ricerca e sviluppo (vedi
industria della micro-elettronica) e
perché controlla il mercato. Tuttavia
il silicio non può essere l’unico materiale
da utilizzare. Costa molto e produce
essenzialmente un solo tipo di
prodotto. Altri materiali possono essere
considerati, e altri usi devono essere
immaginati. Il termine “portable” si
riferisce a tutte quelle fonti di energia
trasportabili, che possano essere facilmente
immagazzinate (per esempio
ripiegabili) eventualmente integrate
in tessuti, vestiti o altri accessori e
che siano poco costose. Circa il 30%
dell’energia consumata dal pianeta va
nell’uso domestico. Di questa frazione
una parte riguarda una miriade di
piccole applicazioni, quali la ricarica
o l’alimentazione di piccoli accessori,
come telefonini, stampanti, MP3,
ecc.
Perché attaccarsi alla rete per applicazioni
del genere?
Inoltre, perché
aspettarsi di trovare la rete ovunque,
spendendo soldi e risorse per portare
il collegamento elettrico in remote
località che usano poca energia?
Curioso
notare che la prima applicazione
del fotovoltaico negli anni sessanta fu
proprio quella delle luci per impianti
remoti.
Che tipo di impianti?
Quelli
di estrazione del petrolio!
Innovazione, nuovi materiali, nuovi
principi, tutto ciò richiama l’argomento
bio-mimetica. Si chiama così
l’approccio alla tecnologia che cerca
di riprodurre i sistemi naturali. Di per
sé una cosa importante, soprattutto
per comprendere meglio i fenomeni
naturali stessi, ma con record molto
basso di successi nella tecnologia. Alcuni
esempi lampanti sono la ruota
o il volo. Solo qualche strano insetto
ruota invece di correre, mentre il volo umano a propulsione jet è ben diverso
da quello degli uccelli. La somiglianza
di alcune soluzioni (la forma alare, la
planata) suggerisce che la strategia migliore
sia quella della ricerca bio-ispirata.
Con questo termine si intende
lo sviluppo di sistemi e prototipi solo
in parte ispirati dai sistemi naturali,
che contengono però componenti,
strutture o generalmente soluzioni
consone alle tecnologie umane. Così
la fotosintesi artificiale, cioè l’idea di
riprodurre il processo di conversione
dell’energia solare in energia chimica
che avviene nelle foglie e in alcuni batteri,
è un approccio, ma non l’unico e
forse non il più promettente. Invece,
ispirarsi ai sistemi naturali per realizzare
dispositivi allo stato dell’arte (per
la tecnologia umana) sembra la strada
migliore. Per fare ciò la comprensione
dei processi biologici e lo studio dei
fenomeni di interazione radiazionemateria
sono un’importante risorsa di
idee.
Il punto due, nuovi materiali, trova riscontro
nell’uso delle nanotecnologie.
Si tratta della realizzazione, anche in
grandi volumi, di oggetti molto piccoli,
in cui non solo la composizione, ma
anche la forma e il volume determinano
le proprietà del materiale. I nano
cristalli hanno dimensioni dell’ordine
di qualche nanometro cubo fino a
qualche decina di nanometri cubi.
Le
loro proprietà ottiche possono essere
controllate mediante la crescita, e così
anche le proprietà elettroniche (in parte
ancora da comprendere del tutto).
Possono essere organizzati in superstrutture
ordinate, oppure in miscele
con altri materiali, magari plastici.
I
polimeri semiconduttori sono un’altra
classe di materiali che attrae interesse
per le applicazioni fotovoltaiche. Diventa
semantica discutere se rientrino
o meno nelle nanotecnologie. Il livello
di progettazione e realizzazione di
strutture molecolari da parte dei chimici
di sintesi è tale da suggerire che si
tratti in effetti di nanotecnologia più
che di chimica tradizionale.
Infine, innovazione implica l’invenzione
di nuovi processi di conversione
dell’energia solare. Tra questi un’idea
perseguita da diversi laboratori di ricerca
nel mondo è la moltiplicazione
dei portatori. L’idea sembra geniale.
Per descriverla iniziamo a ricordare
come funziona una cella fotovoltaica
a semiconduttore. Un fotone viene assorbito
solo al di sopra di un valore di
energia di soglia. Oltre questo valore
il fotone forma una coppia elettronelacuna
che immagazzina una energia
pari al valore di soglia di quel semiconduttore,
e viene estratta dagli elettrodi
in forma di corrente elettrica.
Così un fotone nell’UV non crea più
energia di uno nel visibile.
L’energia in
eccesso viene dissipata (persa) in calore.
Al contrario, un nano-cristallo (per
esempio un cilindro di qualche nanometro
di diametro e decina di nanometri
di lunghezza) assorbe energia
dall’infrarosso all’UV. I fotoni nell’infrarosso
creano una coppia elettronelacuna,
quelli nel visibile due coppie,
quelli nell’UV tre coppie. Così tutta
l’energia di ciascun fotone dello spettro
viene utilizzata, e non dispersa in
calore.
Detto così sembra una soluzione
brillante e pronta all’uso. In realtà
nessuno è ancora riuscito a costruire
un dispositivo basato su questo principio
perché le coppie elettrone-lacuna
doppie o triple hanno il brutto vizio
di ricombinare (cioè dissolversi in
calore) in tempi estremamente brevi.
Questo caso contiene molti degli
ingredienti di base della ricerca scientifica
in questo campo: interazione
radiazione-materia, stati elettronici
dei semiconduttori, dinamica degli
stati eccitati. Gli aspetti teorici riguardano
la meccanica quantistica dei sistemi
condensati, quelli sperimentali
gli studi di spettroscopia anche risolta
nel tempo (cioè in grado di misurare
l’evoluzione temporale della risposta
di un semiconduttore dai femtosecondi
ai millisecondi). L’Istituto Italiano di
Tecnologia è fortemente impegnato
nelle tematiche dell’energia “portable”
a basso costo e di ultima generazione,
e ha massa critica per affrontare il problema
da più punti di vista con sinergia
tra le diverse competenze. In particolare,
il Center for Nano Science and
Technology (CNST) in costruzione
presso il Politecnico di Milano raccoglie
le esperienze dell’ateneo e quelle
dell’istituto IIT per creare un gruppo
di ricerca dedicato a questo tema.
Il
centro dispone della tecnologia stato
dell’arte per la realizzazione di celle
solari DSSC e polimeriche, entrambe
versioni bio-ispirate di celle solari che
utilizzano molecole e ossidi trasparenti.
Le celle polimeriche hanno notevoli
vantaggi nella fabbricazione, perchè
permettono di utilizzare processi rollto-
roll di stampa su substrati flessibili.
Questi dispositivi hanno efficienze
basse, ma costi molto contenuti, ed
inoltre caratteristiche particolari, quali
i colori, la semi trasparenza, la flessibilità
meccanica, la leggerezza.
Sono un
esempio della complementarità delle
soluzioni, senza primato di una su
tutte le altre.
Altre soluzioni arriveranno, non sappiamo
quali e quando ma dobbiamo
avere fiducia nella creatività della nostra
specie, che ci distingue nel bene e
nel male dal resto del mondo animale.
Una sola cosa getta ombra su questa
visione ottimistica: il continuo taglio
delle spese per l’istruzione e la ricerca
che viene sistematicamente effettuato
dalla maggior parte dei governi nel
mondo. Come sempre la lotta più difficile
è contro noi stessi.