Innovazione ed energia

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Il costo dell'energia: l'impatto delle politiche energetiche sulla salute dell'uomo

Produzione dell’energia e salute dell’uomo sono molto più strettamente connesse di quanto non appaia a prima vista, soprattutto in termini di impatto che produzione, distribuzione, uso e gestione di una determinata risorsa energetica procurano all’uomo e all’ambiente.





Il 20 aprile 2010, un incidente alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della BP ha prodotto lo sversamento nel golfo del Messico di almeno 10 milioni di barili di petrolio, oltre a 11 morti e 17 feriti.

Il disastro ha prodotto danni diretti, ben visibili e quantificabili, come ad esempio:
• la distruzione della piattaforma valutata oltre 500 milioni di dollari;
• il costo dei soccorsi e della messa in opera dei sistemi di chiusura della falla e di limitazione e contenimento della fuoriuscita;
• il costo delle bonifiche;
• il costo del danno prodotto all’industria locale della pesca e del turismo.

Ma anche una serie di danni meno tangibili e direttamente quantificabili che ricadranno comunque su ciascun abitante del pianeta, come ad esempio:
• il danno alla salute attraverso l’immissione in ambiente di milioni di tonnellate di idrocarburi e di sostanze (tossiche) necessarie alla loro dispersione, che provocheranno, negli anni, l’aumento di patologie diverse (malattie respiratorie, tumori etc.) anche attraverso il lento infiltrarsi di queste sostanze nella catena alimentare;
• l’aumento del prezzo del petrolio.

Al di là del fatto in sé, questi eventi, più o meno catastrofici e nient’affatto rari nel settore dell’energia, evidenziano come produzione dell’energia e salute dell’uomo siano molto più strettamente connessi di quanto non appaia a prima vista. La connessione infatti non è solo diretta e connessa agli, in qualche modo intrinseci, incidenti sul lavoro legati alla produzione dell’energia, ma anche indirettamente in termini di impatto che produzione, distribuzione, uso e gestione di una determinata risorsa energetica procurano all’uomo e all’ambiente, in genere. Se è vero che questo tipo di problematica esiste, in generale, per ogni attività umana, nel caso dell’energia essa assume però un rilievo tutto particolare. L’aumento del fabbisogno energetico è infatti una invariante del progresso dell’umanità.



In Fig. I è riportato il tasso di crescita, nell’unità di tempo, del fabbisogno energetico in TW, suddiviso secondo le fonti energetiche maggiormente utilizzate, nel periodo dal 1965 al 2005. Come si vede per quelle più consolidate (petrolio, carbone e gas naturale) l’andamento osservato è quello tipico di una crescita ad un rate costante che, negli ultimi 40 anni, nel mondo, è stato di circa 0.5 TW/anno per ciascuna di esse. Nello stesso periodo la fonte idroelettrica è rimasta pressoché costante, segno di una sostanziale saturazione delle possibili sorgenti idroelettriche. Il nucleare ha invece fatto segnare un’iniziale crescita, in linea con le altre fonti, cui è seguita però una fase assai più contenuta proprio legata alle preoccupazioni sull’impatto di questa fonte energetica sulla salute dell’uomo. Complessivamente, l’intero fabbisogno energetico dell’umanità è oggi pari a circa 15 TW, equivalenti, in un anno, a circa 4*1020 J (G. Crabtree Physics Today March 2007).

Dal punto di vista dell’impatto che ciascuna delle fonti ha sulla salute dell’uomo, è interessante osservare che questa correlazione è generalmente evidenziata solo per la fonte nucleare: le altre risorse energetiche sembra che abbiano, nell’immaginario comune, un impatto assai più contenuto e dunque non vengono generalmente considerate da questo punto di vista. Ma le cose non stanno così: in realtà, come vedremo, qualunque scelta di politica energetica comporta un impatto sensibile sulla salute dell’uomo, tant’è che non è azzardato dire che i costi delle scelte di politica energetica dovrebbero sempre tener conto dei costi del loro impatto sulla salute per essere effettivamente realistici. Questo è ancora più importante quando si osserva che il fabbisogno energetico cresce in maniera sostenuta e, laddove si registrino effetti sulla salute, questi non possono che crescere anch’essi in maniera similare, a meno che non si intervenga con idonei correttivi.

In generale, si defi niscono “esternalità” in economia e nelle scienze sociali gli effetti indiretti di politica economica che non sono direttamente a carico dei soggetti che li hanno prodotti. L’individuazione delle esternalità (che potrebbero anche non essere necessariamente negative) è il primo elemento necessario per quantifi care in maniera corretta, anche dal punto di vista monetario, le scelte di politica economica.



La valutazione delle esternalità di un determinato settore non è però cosa semplice: richiede infatti la messa a punto e la condivisione di metodologie che, di fatto, possono determinare esse stesse il risultato. In virtù della rilevanza del settore energetico, è proprio in questo ambito che si sono concentrati gli sforzi maggiori per la determinazione di corrette metodologie atte alla valutazione delle relative esternalità (European Commission. ExternE: Externalities of Energy: Methodology 2005 Update. EUR 21951. Brussels: European Commission, 2005). In Fig. II viene riportato lo schema di principio che è alla base di questo studio. Nel caso riportato la sorgente energetica primaria, un impianto di combustione, viene valutata attraverso la sua specifi ca attitudine ad emettere particolato fi ne. Il secondo step prevede la valutazione di modelli di dispersione che consentano di ottenere una mappatura geografi ca dell’aumento della concentrazione del particolato stesso; il terzo step prevede l’utilizzo di modelli epidemiologici oltre che di studi tossicologici atti a determinare l’effetto dell’incremento nella concentrazione di particolato nell’atmosfera, sulla salute dell’uomo (per esempio l’aumento dei casi di asma); infi ne, c’è lo step della valutazione monetaria dell’impatto che l’aumento delle patologie ha sul sistema sanitario dei vari paesi (per esempio quanto costano al sistema, medicinali, ospedalizzazioni etc, relative all’aumento nei casi di asma).

Questo schema di principio si può adattare a situazioni diverse: è infatti immediato applicarlo ad una fuga radioattiva da una centrale nucleare, oppure agli effetti provocati da una rottura in un impianto di estrazione petrolifera, come è ad esempio stato il caso BP nel golfo del Messico. In questo caso ovviamente la valutazione monetaria non dovrà solo tener conto dell’impatto sulla salute, ma anche di tutti i costi connessi al recupero ambientale. In generale, i costi dovuti alle esternalità sono riconducibili a prassi non corrette nella produzione, uso, gestione e distribuzione di una determinata risorsa energetica che producono effetti sia sugli addetti ai lavori (mortalità, infortuni, malattie) sia nel pubblico (ancora mortalità, infortuni, malattie) e che comportano la messa in atto di misure di rimedio spesso assai costose. Secondo B.K. Sovacool, ad esempio, tra il 1907 ed il 2007, gli incidenti alla filiera energetica hanno prodotto (non considerando l’idroelettrico e con stime “prudenti”) circa 11.000 morti “diretti” e danni patrimoniali per circa 25 Md€, suddivisi a seconda della fonte energetica in accordo con quanto riportato in Tab. I. In particolare, per quanto concerne le minacce alla salute, in Tab.





II sono riportate raggruppandole secondo le due maggiori classi energetiche, i combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale) ed il nucleare, i veicoli più rilevanti del loro impatto sulla salute e le conseguenze direttamente ad esse riconducibili. Al di là del significato sociale che ha dunque la scelta dell’una o dell’altra delle risorse energetiche, emerge subito la questione dei costi che devono essere sostenuti per far fronte a queste conseguenze. Questi vengono, in genere, esternalizzati e dunque ribaltati sulle comunità, ma prassi corrette dovrebbero invece prevedere l’adozione di metodologie preventive e correttive già in fase di produzione, uso, gestione e distribuzione. Così facendo i costi verrebbero ad essere inclusi nei costi di fornitura consentendo, tra l’altro, confronti più corretti tra le diverse fonti energetiche e dunque scelte più consapevoli tra i cittadini e per i decisori pubblici. In Fig. III sono riportati i costi interni (indaco) ed esterni (rosso) di diverse fonti energetiche. E’ immediato osservare che qualora si tenga conto delle esternalità, la scala delle “convenienze” economiche tra le diverse risorse energetiche cambia.

Tutte le fonti rinnovabili come l’eolico e il solare, sono infatti caratterizzate da costi esternali abbastanza contenuti. Indicativo di questa nuova scala di valori è, ad esempio, il raffronto tra il costo per KWh del fotovoltaico e quello relativo all’energia prodotta da una classica turbina a combustione: si passa da una differenza di +3 c$/ KWh a vantaggio di quest’ultima, se non si tiene conto delle esternalità, ad una differenza di -3 c/KWh quando invece se ne tenga conto. E’ importante osservare, nello stesso grafico, anche l’assenza di costi esternali connessi con l’efficientamento energetico che rendono questa risorsa conveniente rispetto a fonti di energia considerate, tradizionalmente, assai vantaggiose, come è ad esempio l’idroelettrico. E’ bene osservare che si tratta di cifre complessivamente molto significative.



Ad esempio, i costi esternali associati a gas e petrolio ammontano annualmente a circa 1 Md di €. Sotto questa luce assume un rilievo ancora più particolare il pacchetto clima-energia approvato nel 2008 dal Parlamento Europeo e volto a conseguire per il 2020, tre obiettivi specifici:
1) ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra;
2) portare al 20% il risparmio energetico;
3) aumentare al 20% il consumo di fonti rinnovabili.

Come si può osservare, infatti, ciascuno di questi obiettivi ha un diretto impatto sulla salvaguardia della salute dell’uomo ed è in questo senso che devono perciò essere considerate le misure di sostegno all’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, come è ad esempio il conto energia nel nostro paese. Insomma, non solo una scelta economica ma una scelta di politica energetica che vuole guardare al problema dell’energia nella sua interezza, tenendo conto, tra l’altro, dei problemi di impatto sulla salute.