Lamalattia di Alzheimer sta assumendo
dimensioni drammatiche
in tutto il mondo.
A lanciare l’allarme sono stati i risultati
dello studio promosso dall’Alzheimer’s
Disease International pubblicato lo
scorso dicembre dalla rivista scientifica
Lancet. Dallo studio emerge una situazione
drammatica: nel mondo i malati
sono 24 milioni, 500mila solo in Italia,
e il loro numero è destinato a raddoppiare
ogni 20 anni. Questi dati ci permettono
di affermare che la demenza è
uno dei fenomeni quantitativamente
più rilevanti che caratterizza e che
caratterizzerà le problematiche della
salute nel Terzo Millennio. Una vera e
propria emergenza.
La
malattia di Alzheimer ::..
La malattia - che prende il nome da Alois Alzheimer
(1864-1915), il neurologo tedesco che, tra il 1907 e il
1911, ne descrisse le principali caratteristiche microscopiche
cerebrali - è un processo degenerativo che colpisce le
cellule del cervello, caratterizzato da perdita neuronale,
placche senili e grovigli neurofibrillari.
Tale degenerazione, che avviene in particolare nelle aree
che governano memoria, linguaggio, percezione e cognizione
spaziale, provoca quell’insieme di sintomi che va sotto
il nome di “demenza”, cioè il declino progressivo e globale
delle funzioni cognitive e il deterioramento della personalità
e della vita di relazione.
E’ la causa più comune di demenza. Non ha confini sociali,
economici, etnici o geografici. Non è né infettiva né
contagiosa né il normale risultato dell’invecchiamento.
Colpisce tutti gli aspetti della vita di una persona;
come è, come pensa, come percepisce e come agisce. Ogni
malato ne viene colpito in modo differente e in modo differente
reagisce a quanto gli sta accadendo. E’ difficile prevedere
quali saranno i sintomi, l’ordine con cui appariranno
e la velocità di progressione della malattia. Inizialmente
i sintomi possono essere così lievi da passare inosservati
sia al malato che ai familiari ed agli amici che gli stanno
attorno.
Con il progredire della malattia, però, diventano sempre
più evidenti e chi ne soffre diventa dapprima incapace
di svolgere correttamente le "attività strumentali", come
l'uso dei mezzi di trasporto o del telefono, e successivamente
le "attività di base" della vita quotidiana, come vestirsi,
andare alla toilette, alimentarsi. A questo punto il malato
diventa completamente dipendente dagli altri ed è la famiglia
che ne sopporta quasi sempre sola il peso e la responsabilità
e il carico di un’assistenza sfibrante. Attualmente la
malattia di Alzheimer non è guaribile, ma ci sono farmaci
che possono migliorare alcuni sintomi cognitivi, funzionali
e comportamentali e numerose tecniche e attività che possono
ridurre i disturbi del comportamento. Cento anni non sono
passati invano per chi come noi della Federazione Alzheimer
Italia si occupa di Alzheimer dalla parte del malato e
dei suoi familiari. Sono stati fatti molti progressi nel
campo della ricerca che è più vicina a capire il “puzzle”
dell’Alzheimer.
Oggi conosciamo meglio i sintomi della malattia, abbiamo
migliorato le tecniche di diagnosi. Ma adesso occorre
cambiare il modello assistenziale, la filosofia di cura;
passare da un approccio centrato sulla malattia ad un
approccio centrato sulla persona e sui suoi bisogni. Il
modello medico di “cure” ha l’obiettivo di trattare e,
se possibile, guarire la malattia. Questo modello, però,
ha portato a pensare che se nell’Alzheimer non si può
ancora arrestare la progressione della malattia o guarirla,
allora non ci sia “nulla da fare”. Considerando invece
l’Alzheimer non solo come malattia ma anche come causa
di disabilità, allora si capisce che è possibile rispondere
ai bisogni del malato e migliorarne la qualità di vita
sotto tutti gli aspetti: da quello cognitivo a quello
comportamentale, dalla sfera psicologica a quella fisica,
dalla cura individuale alla struttura dei servizi socio-sanitari.
“ Questo approccio richiede profondi cambiamenti nella
filosofia di cura basata sulla relazione e la soggettività
del malato e sull’organizzazione dei servizi. Per entrare
in relazione con il malato occorre imparare e capire la
comunicazione non verbale, conoscere non solo i suoi bisogni
essenziali, ma anche i suoi gusti, gli interessi, i valori,
i desideri.
E occorre capire quale capacità sono ancora conservate
per realizzare un “intervento” personalizzato che lo aiuti
a mantenere la sua dignità, la sua autostima tenendo sempre
presente che è necessario adattare continuamente questo
intervento all’evoluzione progressiva della malattia.
In Italia è urgente migliorare i servizi creando una rete
assistenziale intorno al malato e alla sua famiglia che
non li lasci soli ad affrontare il lungo e difficile percorso
della malattia. Una rete territoriale che comprenda medico
di famiglia, specialisti, centri di riferimento, assistenza
domiciliare, centri diurni, ricoveri di sollievo e ricoveri
definitivi. La creazione di questa Rete dei Servizi integrata
sul territorio è indispensabile sia per affrontare il
continuo mutare dei bisogni del malato sia per garantire
la continuità delle cure. E alle Associazioni dei Familiari
è riservato un ruolo di prima linea come è già stato sottolineato
tra il 2001 e il 2003 dalla Commissione di Studio Alzheimer
costituita presso il Ministero della Salute a cui la Federazione
Alzheimer Italia ha partecipato.
La Federazione Alzheimer Italia ::..
Vent’anni fa mia madre moriva di Alzheimer. In
quegli anni nessuno sapeva cosa fosse questa malattia,
né come evolve, né come ci si deve comportare con il malato.
Due anni dopo creai insieme ad alcuni familiari di malati
l’Associazione Alzheimer Milano e successivamente la Federazione
Alzheimer Italia. Avevamo capito che solo un’organizzazione
costituita da più persone sarebbe riuscita a unire, confrontare
e utilizzare le esperienze di tutti. E raggiungere un
obiettivo: diventare interlocutore autorevole presso la
società, la scienza e le istituzioni e contribuire a creare
le basi di un percorso di ricerca, cura e assistenza allo
scopo di migliorare la qualità di vita dei malati e dei
loro familiari.
Oggi la Federazione, nata il 30 giugno 1993, rappresenta
in Italia l’Alzheimer's Disease International (A.D.I.),
ed è membro della Federazione Alzheimer Europe, del Summit
della Solidarietà, del Consiglio Nazionale della Disabilità
(CND), della Lega per i Diritti degli Handicappati (LEDHA)
e della Federazione Italiana delle Associazioni Neurologiche
(FIAN). Con le sue 47 associazioni attive a livello locale,
è la maggiore organizzazione nazionale non profit del
settore e da 13 anni è in prima linea per far conoscere
la malattia, sostenere la ricerca medica e scientifica
in questo campo, aiutare e tutelare i malati e i loro
familiari e, soprattutto oggi, per offrire il proprio
contributo ad una programmazione di politica socio-sanitaria
adeguata alle reali dimensioni del problema. Attualmente
c’è maggiore attenzione per i malati di Alzheimer ma la
famiglia è ancora lasciata sola a sopportare il carico
di un’assistenza sfibrante mentre il fenomeno sta assumendo
dimensioni drammatiche in tutto il mondo.
Ecco perché la Federazione Alzheimer Italia, insieme alle
Associazioni Alzheimer di tutto il mondo, ha deciso di
utilizzare la ricorrenza del Centenario dalla prima diagnosi
di malattia e della XIII Giornata Mondiale Alzheimer,
lo scorso 21 settembre, per lanciare l’allarme e richiamare
governi, medici, stampa e opinione pubblica perché prendano
coscienza dell’aggravarsi del problema e programmino politiche
sanitarie che tengano conto delle reali dimensioni di
una malattia che si sta trasformando in una vera e propria
epidemia. Il rischio, altrimenti, è di trovarsi a dover
fronteggiare tra pochi anni una situazione ingovernabile,
una vera e propria “bomba ad orologeria”. Per far fronte
a questa emergenza la Federazione ha attivato sin dal
1991 “Pronto Alzheimer” (02-809767), il primo telefono
Alzheimer realizzato in Italia ed il primo servizio di
aiuto concreto ai familiari dei malati, che in 13 anni
di attività ha gestito 91.600 contatti ed erogato 5.435
consulenze legali e previdenziali, 8.777 consulenze sociali
e 1.647 consulenze psicologiche. Il secondo importante
strumento di informazione e contatto della Federazione
è rappresentato dal sito www.alzheimer.it che a maggio
di quest’anno è arrivato a 578.300 visitatori, con una
media di 1.200 visite giornaliere.
La Federazione pubblica inoltre un Notiziario trimestrale
e ha editato una serie di libri e manuali fra cui il Manuale
per prendersi cura del Malato di Alzheimer, giunto alla
sua terza edizione, il volume “Musicoterapia con il malato
di Alzheimer”, libro - documento sulle esperienze di un
gruppo di musicoterapeuti che lavorano con anziani e malati
di Alzheimer e il volume “Visione parziale, una testimonianza
diretta della malattia”. E’ attiva anche nell’attività
di formazione di operatori, familiari e volontari. Ha
inoltre realizzato, in collaborazione con l’Istituto di
Ricerca Mario Negri uno studio per valutare l’impatto
di un intervento strutturato di educazione e informazione
ai familiari dei malati. E quest’anno è stata protagonista
del più importante evento della XIII Giornata Mondiale
Alzheimer: il Concerto al Teatro Alla Scala di Milano
diretto dal celebre Maestro inglese Daniel Harding. Con
questa importante iniziativa la Federazione Alzheimer
ha inteso non tanto raccogliere fondi ma soprattutto sollecitare
l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni
verso questa malattia.
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Il Maestro Daniel Harding con
Gabriella Salvini Porro – Presidente Federazione
Alzheimer Italia – al termine del Concerto Benefico
tenutosi alla Scala di Milano in occasione della
XIII Giornata Mondiale Alzheimer e del Centenario. |
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A
cura di: |
Cooperativa Sociale Nazareno
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