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Dalla disabilità alla diversa abilità

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Premio Sapio per la Ricerca Italiana Edizione 2004





 

Nel concetto di benessere, e di qualità di vita, si ricomprendono numerosi fattori, che noi oggi diamo per acquisiti e scontati. Due tra questi sono rappresentati:
a) dalle condizioni di buona salute e controllo del proprio corpo;
b) dall'apparire in una buona condizione estetica generale, sia nel privato, che nei rapporti interpersonali.
Naturalmente questi sono concetti generali, che riguardano ogni aspetto della vita; in virtù di
questo modo di pensare nel tempo si sono rese disponibili opportunità sempre più sofisticate.


In campo sanitario una delle branche che si è evoluta maggiormente, nel corso degli anni in questa direzione, è senz'altro rappresentata dall'odontoiatria.
Basta infatti pensare a cosa era, e a cosa offriva, l'odontoiatria solo pochi decenni or sono, ed invece a quali sono le opportunità e le opzioni di trattamento odierne.
Un esempio è rappresentato dall'utilizzo di materiali estetici, tipo la ceramica ed i vetro-polimeri di ultima generazione, dai trattamenti ortodontici di riallineamento, che possono essere applicati praticamente a tutte le età, dagli impianti endoossei, che permettono di riabilitare pazienti che hanno perso parte o tutto il loro patrimonio dentale.
E abbiamo accennato solo ad alcune delle possibilità, che permettono un buon ripristino funzionale ed estetico. Ma oggi cominciano a farsi strada anche trattamenti che hanno addirittura perso una connotazione terapeutica acquisendone una cosmetica.
Ribaltando il problema, possiamo dire che tutto ciò è oggi reso possibile grazie alla assoluta mancanza di dolore, che può essere normalmente garantita anche nelle pratiche più complicate.
Per quello che è il nostro stile di vita, tutto ciò è ormai "scontato", acquisito, e normalmente disponibile, alla portata di tutti, tanto che parrebbe perfino superfluo parlarne.
Invece, contrariamente a quanto si pensa oggi giorno, all'affacciarsi del terzo millennio, esiste ancora una categoria di persone per le quali tutto quanto è stato prima elencato, rappresenta una realtà ben lungi dall'essere acquisita.

Stiamo parlando dei soggetti disabili o meglio “diversamente abili”; per una buona maggioranza di persone che, loro malgrado, appartengono a questa categoria, la semplicissima seduta odontoiatrica rappresenta infatti un dramma, un ostacolo che a volte può essere insormontabile.
Questa asserzione non è così inverosimile come può sembrare se consideriamo che il presupposto fondamentale per poter fruire di tutte le moderne tecniche è rappresentato dall’ottenimento di una buona collaborazione del paziente nei confronti dell'operatore.
O, se si preferisce, in parole semplici, è essenziale che una volta dominato il dolore, il paziente riesca a controllarsi e a stare fermo.
Ed è quindi proprio la collaborazione il fattore limitante nel trattamento del soggetto disabile. Tanto da distinguere soggetti collaboranti (totalmente o parzialmente) da soggetti non collaboranti. Questa differenziazione rende merito della diversità e specificità dell’approccio necessario per poter trattare i pazienti affetti dalle varie patologie, approccio che deve tener conto sia della patologia di base del paziente, sia della sua capacità di sopportare una seduta odontoiatrica sia delle eventuali problematiche specifiche per quel paziente affetto da quella particolare patologia, trattata con quella data terapia.
Ed è in questo che l’odontoiatria per soggetti diversamente abili diventa particolare: nel modulare le modalità di approccio al paziente, arrivando ad utilizzare tecniche di controllo comportamentale con grado di sofisticazione crescente, che possono giungere fino all’utilizzo dell’anestesia generale nei soggetti non collaboranti.
L’ISTAT stima la presenza in Italia di circa 2.700.000 soggetti, sopra i sei anni, con una qualche forma di disabilità. Nella stragrande maggioranza dei casi queste sono persone che hanno difficoltà ad accedere ad un trattamento odontoiatrico sia esso semplice o complesso, per una serie infinita di fattori.

Fig. 1
Odontoiatria “cosmetica”, incollaggio di un brillantino in paziente senza handicap, 23 anni, a puri fini estetici.

Fig. 3
Qualità raggiungibile: esempio di otturazione effettuata in regime ambulatoriale in un bambino parzialmente collaborante (Tetraparesi Spastica 11 anni).

Fig. 2

Paziente collaborante con ritardo cognitivo, 12 anni. E’ evidente lo stato di degrado dell’apparato dentario, totalmente inadeguato il mantenimento igienico, carie destruenti su vari elementi ed infiammazione gengivale diffusa rendono drammatico l’impatto estetico.
Fig. 4
Effetto alone: Sindrome di Down, 4 anni, la condizione orale è completamente trascurata, l’igiene è inesistente, le numerose carie dei denti decidui rendono impegnativa la gestione del piccolo paziente.
Una adeguata istruzione e motivazione avrebbe impedito il raggiungimento di tale condizione, semplificando enormemente la gestione del caso.

Si possono infatti citare problemi legati all’accessibilità delle strutture, alla gravità della patologia che li affligge, al timore dell’odontoiatra di non essere all’altezza e di non saper trattare questi pazienti, alla paura delle loro reazioni durante le sedute operative.
Tale tipo di situazione poi configura una vera e propria tragedia quando si pensa che in Italia l’odontoiatria privata, che potremmo definire come convenzionale, rappresenta oltre il 95-96% dell’offerta odontoiatrica globale. Il che equivale a dire che il rinvio o la rinuncia verso un trattamento da parte di questa componente, di fatto costituisce una pressoché impossibilità di accesso ad un normale trattamento odontoiatrico, vista la scarsa offerta da parte della componente pubblica, nonostante negli ultimi anni siano sorti alcuni centri “dedicati”, i quali vengono saturati con estrema facilità.
Anche l’incidenza della patologia odontoiatrica non aiuta: molti soggetti presentano importanti limitazioni motorie e/o psichiche e le normali operazioni di igiene e prevenzione sono enormemente ostacolate. I pazienti necessitano di essere istruiti ed assistiti durante tali manovre e questo comporta, in caso ciò non avvenga, un aumento della patologia odontostomatologica quale l’incidenza di carie con le sue complicanze, e di malattia parodontale.
Naturalmente il trattamento di questi pazienti non può non tenere conto delle limitazioni imposte dalla disabilità del soggetto poiché, se da un lato non è umanamente, professionalmente e deontologicamente corretto rifiutare di cimentarsi con questi pazienti, dall’altro non è nemmeno corretto non voler ammettere la sussistenza di molte limitazioni.
Questo particolare aspetto della tematica inevitabilmente si riflette sulla qualità intrinseca della prestazione che può venire erogata, la quale non sempre potrà raggiungere gli standard qualitativi che riteniamo ottimali nel lavoro quotidiano su pazienti “tipici”.
Questa affermazione può essere un concetto di difficile comprensione e può suonare più come una scusa o una giustificazione verso trattamenti sommari, mentre invece va intesa come valutazione realistica delle difficoltà, proprio in virtù di tutte quelle limitazioni verso l’espletamento della seduta odontoiatrica.

E’ importante poi anche chiarire che l’esperienza personale porta a dire che per i singoli soggetti affetti da qualche handicap, ed ancor più per le famiglie di appartenenza, non è tanto importante l’effettuazione di una otturazione secondo i più recenti dettami delle tecniche più moderne, bensì la consapevolezza che esiste un sanitario disponibile a prestare la sua assistenza (anche qualora questo comporti compromessi sul livello qualitativo raggiungibile).
Il target di trattamento si pone in termini di qualità raggiungibile, intendendo proprio il massimo livello qualitativo che si può raggiungere in quel soggetto, che deve necessariamente tendere al livello standard per soggetti “tipici”, ma che può essere inferiore a questo in virtù di difficoltà operative opposte dallo stesso paziente.
Dalle brevi note, di carattere generale, sopra esposte risulta a tutti evidente come lo strumento principe nel trattamento del soggetto “diversamente abile” sia rappresentato dalla prevenzione.
E’ solo tramite una serrata attività preventodontica che si può sperare di mantenere basso il livello di incidenza di patologia odontoiatrica e di conseguenza bassa la necessità di trattamenti, con tutti i rischi che essi comportano specie nei soggetti non collaboranti.
L’attività di prevenzione assume una importanza talmente elevata da rendere necessaria una sua instaurazione quanto più precocemente possibile. E quando si dice precocemente si intende che sia iniziata immediatamente alla comparsa dell’handicap stesso. E’ infatti esperienza comune che nel momento in cui si diagnostica una patologia invalidante, quale essa sia, l’attenzione dei familiari è inizialmente rivolta verso gli aspetti specifici della patologia stessa tendendo a trascurare tutti gli altri ambiti.
Di fatto questo “effetto alone” porta a sottovalutare tutta una serie di problematiche, tra le quali quelle odontoiatriche, che giungono alla ribalta in tutta la loro drammatica entità solo in un secondo momento.
E’ auspicabile quindi che si tenda a riconsiderare la tematica dell’odontoiatria nel soggetto disabile sotto molte angolazioni, e soprattutto che aumenti la sensibilità verso questo problema proprio nei medici che per primi vengono a contatto con questi pazienti, siano essi neonatologi, neuropsichiatri o quant’altro. In questo modo è possibile indicare alle famiglie un percorso da seguire sia in termini di problematiche di cui occuparsi sia in termini di strutture di riferimento alle quali rivolgersi per ottenere l’aiuto e l’assistenza necessari per impedire la formazione di quelle situazioni disastrose che, purtroppo, ci siamo dovuti abituare a vedere e che in ultima analisi non fanno che tendere ad aggravare anche a livello visivo/percettivo l’handicap di base che affligge il soggetto stesso.











 
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A cura di:
Stefano Garatti
Consulente ambulatorio di odontoiatria per disabili, A.O. "Ospedale Civile di Vimercate", presidio ospedaliero di Carate Brianza (MI), Libero professionista in Monza (MI) e Piancogno (BS)
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