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Premio Sapio per la Ricerca Italiana Edizione 2004





    
Soltanto nell’area del Mediterraneo vivono tra i 15 e i 25 milioni di portatori sani per il gene talassemico; questo significa che ogni anno nascono un migliaio di bambini talassemici per ogni milione di abitanti, ognuno dei quali, per una corretta terapia, necessita di una trasfusione di sangue ogni due – tre settimane.
Oggi è possibile curare la malattia effettuando il trapianto del midollo osseo; l’Istituto Italiano di Ematologia (IME) ha lo scopo di sviluppare un progetto di cura, formazione e ricerca in campo sanitario, per il trapianto di midollo osseo nella talassemia, oltre che in altre patologie ematologiche maligne.
Questo progetto nasce dall’esperienza accumulata dal professor Lucarelli e dal suo gruppo professionale all’Ospedale di Pesaro, che ha ora attivato a Roma un centro di eccellenza e di alta specializzazione.

Le talassemie sono un gruppo di disturbi ereditari dovuti ad alterazioni nella sintesi dei componenti di una molecola chiamata emoglobina.

L'emoglobina è una grossa proteina contenuta nei globuli rossi, la cui funzione è quella di trasportare l'ossigeno dai polmoni ai diversi tessuti.

Negli adulti circa il 97% di ogni molecola di emoglobina contiene due subunità di tipo alfa e due subunità di tipo beta.

Nei pazienti talassemici, l’assenza o la difettosa produzione di una catena globinica causa un abbassamento dei livelli di emoglobina nei globuli rossi, ma ha anche una serie di gravi conseguenze ematologiche che dipendono dall’accumulo della catena che non viene incorporata nell’emoglobina adulta.

Ne deriva la distruzione precoce dei precursori dei globuli rossi nel midollo osseo (eritropoiesi inefficace) e, in misura minore, la loro distruzione nella milza (emolisi).

A differenza delle ß-talassemie, dove la maggior parte delle mutazioni sono causate da delezioni nel cluster del gene della ß-globina, i difetti molecolari associati alle ß-talassemie sono generalmente mutazioni puntiformi, che determinano la sostituzione di singole basi, quasi sempre all’interno del gene della ß-globina. Le ß-talassemie sono un gruppo molto vario di malattie che hanno una forte rilevanza dal punto di vista clinico. Tra queste la ß-Talassemia Major, nota anche come Anemia Mediterranea, è la forma più grave. La probabilità che un bambino nasca affetto da Talassemia Major è del 25% se i genitori sono portatori sani; vale a dire se entrambi possiedono all'interno del loro corredo cromosomico uno dei due geni per l`emoglobina codificanti in maniera errata. Il difetto genetico che caratterizza la Talassemia Major è intrinseco alle cellule emopoietiche, le cellule progenitrici degli elementi figurati del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine) che sono presenti nel midollo osseo. Attualmente si conoscono più di 200 alterazioni di questo gene che possono causare una ß-Talassemia.

I pazienti affetti da ß-Talassemia Major dipendono dalla terapia trasfusionale a cui sono sottoposti; ma nonostante questo trattamento sia migliorato sensibilmente in questi ultimi anni, la ß-Talassemia è considerata una malattia progressiva, con gravi complicazioni - come l’accumulo di ferro in diversi tessuti o l’insorgenza di epatite - con esito letale.

E’ una malattia diffusa tra le popolazioni del Bacino mediterraneo, del Sud-Est asiatico e di alcuni paesi dell'Africa equatoriale che in seguito ai consistenti movimenti migratori verificatisi negli ultimi decenni è attualmente presente in quasi tutte le regioni del mondo.

Si calcola che soltanto nell’area del Mediterraneo, vivano tra i 15 e 25 milioni di portatori sani per il gene talassemico. Questo significa purtroppo che ogni anno nascono un migliaio di bambini talassemici per ogni milione di abitanti. Per una corretta terapia - peraltro non risolutiva della malattia, ma soltanto di supporto - ognuno di loro necessita di una trasfusione di sangue ogni due – tre settimane.

Inoltre, per cercare di limitare i danni dell’accumulo di ferro presente nei globuli rossi trasfusi in organi come fegato e cuore, essi devono essere sottoposti ad una terapia ferro chelante, costituita cioè dall’infusione sottocutanea giornaliera di un farmaco chiamato desferioxamina. Alla luce di ciò è quindi evidente quale sia il peso socio-economico di questa malattia per ogni singolo paese e come i pazienti talassemici, soprattutto in luoghi dove la capacità di reperire elevate quantità di sangue e di eseguire la corretta terapia ferrochelante sono limitate, vivano una vita diversa rispetto ai loro coetanei sani più fortunati. Se fino a poco tempo fa la corretta terapia trasfusionale ha rappresentato l'unico trattamento possibile, anche se non risolutivo, per il paziente affetto da Talassemia Major, oggi è possibile curare la malattia effettuando il trapianto del midollo osseo, attuando cioè la sostituzione delle cellule malate, con cellule sane. Il trapianto di cellule staminali raccolte dal midollo osseo o dal sangue periferico viene utilizzato da molti anni con successo per il trattamento di immunodeficienze, anemie aplastiche, leucemie e disordini genetici del sistema emopoietico.

Per effettuare il trapianto, tutti i pazienti devono essere sottoposti ad una terapia intensiva con farmaci o radiazioni, chiamato regime di condizionamento, che permette di eliminare l’emopoiesi malata del paziente e ripristinare le normali funzioni del midollo osseo dopo una fase chiamata di aplasia. Il donatore, generalmente un fratello o una sorella, deve essere compatibile con il paziente, cioè identico a livello del sistema maggiore di istocompatibilità, che nell’uomo è chiamato HLA (Human Leukocytes Antigens). La possibilità che tra il paziente e i propri fratelli ci sia un donatore compatibile è del 25%. La probabilità invece di trovare un donatore compatibile al di fuori dell'ambito familiare è bassissima: per aumentare tale probabilità, sono state create delle banche informatizzate che contengono i dati di migliaia di donatori volontari. Il Professor Lucarelli con il suo gruppo ha effettuato più di 1000 trapianti di midollo osseo nella talassemia.



Questo trattamento, se eseguito in soggetti senza complicanze, utilizzando un donatore familiare compatibile, produce una sopravvivenza libera da malattia del 90% in soggetti di classe 1, cioè in pazienti generalmente giovani, in cui i danni legati alla terapia trasfusionale e alla progressione della malattia stessa non sono ancora evidenti.

Tuttavia, circa il 60% dei pazienti non ha a disposizione un donatore HLA-identico familiare o non-consanguineo.

Per questi pazienti, l’utilizzo di nuovi protocolli di condizionamento e il trapianto aploidentico da cellule materne (trapianto aplo-madre) rappresentano attualmente le nuove strade che permetteranno di aumentare con successo l’utilizzo di questa terapia.

Inoltre è sempre attiva la ricerca per lo sviluppo di un sistema efficace per il trasferimento del gene della ß-globina all’interno di cellule staminali autologhe - cioè appartenenti allo stesso paziente - da utilizzarsi per la terapia genica nella talassemia.

Vista l’ampiezza del problema legato alla notevole diffusione della ß-Talassemia nel mondo e visto che in Italia esistono competenze scientifico specifiche di alto livello in questo settore, il Governo Italiano, all’inizio del 2003 ha costituito l’Istituto Italiano di Ematologia (IME) – nominando il dottor Ilja Gardi commissario - con lo scopo di sviluppare un progetto di cura, formazione e ricerca in campo sanitario, per il trapianto di midollo osseo nella Talassemia, oltre che in altre patologie ematologiche maligne.

Tale progetto nasce dall’esperienza accumulata dal professor Lucarelli e dal suo gruppo professionale all’Ospedale di Pesaro, ma che ha ora attivato un centro di eccellenza e di alta specializzazione a Roma. Contestualmente sta realizzando, nell’ambito della cooperazione e interscambio, un progetto “a rete” attraverso le relazioni e l’integrazione di strutture italiane ed estere, in particolare del bacino del Mediterraneo.

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Per il perseguimento delle sue finalità, la Fondazione sta coordinando e aggregando le competenze scientifiche specialistiche e le risorse presenti presso divisioni e strutture di realtà ospedaliere del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), mediante apposite convenzioni.

Tra queste va ricordato il San Raffaele di Milano, il Mayer di Firenze, il Gaslini di Genova e il San Camillo di Roma.

Il Prof. Franco Mandelli e il Prof. Guido Lucarelli sono stati nominati Responsabili clinico-scientifici di IME, rispettivamente, per la cura e la ricerca sulle malattie ematiche, e per il trattamento e lo studio della talassemia e delle emoglobinopatie.

La “sfida” di IME è quella di mettere insieme i capitali clinici e scientifici di professionisti in un progetto unico e condiviso, il quale parte dal postulato etico che le conoscenze e le competenze conseguite dai singoli determinino la loro autorevolezza e affidabilità, e debbano essere a disposizione di chi ne ha bisogno, ovvero delle comunità, sia dei pazienti sia dei medici e degli operatori sanitari.

Non solo concentrandole in una “scuola nazionale”, bensì impegnandosi per diffonderle in ogni area di confine, presso altre culture.

Il mandato istituzionale, poi, soprattutto a livello internazionale, consente l’incontro anche con le Istituzioni dei possibili Paesi partner, ossia con le rappresentanze che hanno influenza sulla vita delle rispettive popolazioni.

In questo senso, per IME, il viaggio è occasione di conoscenza diretta e non mediata e il mandato rappresenta una occasione per operare.

Detto ciò, è evidente che l’IME vuole essere una organizzazione sanitaria per la cooperazione allo sviluppo, in ambito nazionale e internazionale, specializzata in cura, ricerca e formazione, nel settore dell’ematologia, in pianificazione e organizzazione sanitaria.

La missione di IME è quindi quella di offrire le “best practice” nella cura delle malattie ematiche e delle emoglobinopatie; di fare ricerca clinica, anche in partnership nazionali e internazionali; di fare ricerca organizzativa/gestionale e informatico-tecnologica; di essere una organizzazione che impara continuativamente e che fa formazione; di viaggiare e incontrarsi sulla rete, per fare interscambi di saperi, competenze, aiuti e ospitalità.

Inoltre, di essere uno strumento di politica sanitaria nazionale e di cooperazione allo sviluppo in partnership con i migliori centri nazionali e internazionali con cui condividere la ricerca; per garantire la migliore cura e offrire formazione in più ambiti di conoscenze/competenze a più popolazioni.

Con l’obiettivo in ultima analisi di realizzare più interventi di interscambio, con la possibilità di intervenire concretamente nella direzione positiva dell’incontro delle culture, a partire dalla universalità dei bisogni.







 
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Un progetto di Cura, Ricerca e Formazione sulla Talassemia

 
 

A cura di:
Marco Andreani
Ph.D. - Direttore del Laboratorio di Immunogenetica e Biologia dei Trapianti della Fondazione IME - Istituto Mediterraneo di Ematologia, Roma

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