Sicuramente nei prossimi anni saremo partecipi all’enorme sviluppo nella ricerca clinica di base ed applicativa delle cellule staminali.
All’inizio del secolo scorso, scoprire
che le cellule del sangue si rinnovano
continuamente durante l’intera vita
dell’organismo, ha condotto ad ipotizzare
l’esistenza di una popolazione di
cellule staminali, intesa come “serbatoio”
di cellule non differenziate, da
cui le cellule differenziate del sangue
derivano.
Oltre che dal midollo osseo,
cellule staminali sono state successivamente
identificate ed isolate da diversi
altri tessuti animali ed umani, quali
epidermide, cornea, mucosa del tratto
digerente, tessuto adiposo, polpa dentaria,
fegato, pancreas, cervello,
muscolo scheletrico, cuore, vasi sanguigni
e sangue periferico.
All’interno di ciascun tessuto le cellule
staminali consentono la rigenerazione
cellulare. La capacità differenziativa
delle cellule staminali adulte è in genere
tessuto-specifica: per esempio nelle cripte
intestinali le cellule staminali consentono
il rinnovarsi dell’epitelio dei villi,
così come le cellule ovali epatiche e i
pneumoniti di tipo 2 contribuiscono
rispettivamente alla rigenerazione del
fegato e del tessuto alveolare.
Allo stesso
modo le cellule staminali ematopoietiche
consentono il rinnovamento delle
cellule ematiche per tutta la vita.
Il concetto di “rigenerare” il sistema
emopoietico, cioè l’insieme delle cellule
del sangue e del midollo osseo,
attraverso le cellule staminali è nato
in ambito ematologico oltre 50 anni
fa grazie al ricercatore americano
E.D. Thomas a cui è stato assegnato il
premio Nobel nel 1990.
Le cellule staminali emopoietiche
sono dotate di due fondamentali proprietà:
automantenimento e capacità
di differenziarsi.
Grazie a queste caratteristiche
il midollo osseo mantiene
per tutto l’arco di vita dell’individuo la
capacità di sostituire giornalmente
l’enorme numero di cellule ematiche
senescenti. Infatti, la cellula progenitrice
dà origine a cellule figlie che
seguono vie differenti: una si manterrà
in uno stato quiescente impedendo
l’esaurimento della quota di progenitori
indifferenziati; la seconda andrà
incontro a un processo di differenziazione
originando i progenitori orientati
in senso mieloide o linfoide capostipiti
delle diverse filiere ematiche.
Le cellule staminali come agenti
terapeutici
Da anni le cellule staminali ematopoietiche
rappresentano una efficace
arma terapeutica nei confronti di
molte neoplasie ematologiche.
Le principali indicazioni al trapianto
di cellule staminali emopoietiche
riguardano malattie neoplastiche
come le leucemie, i linfomi ed il mieloma
multiplo o malattie trasmesse
geneticamente, come la talassemia.
La
prognosi di queste malattie è migliorata
nettamente dall’applicazione estensiva
di strategie terapeutiche comprendenti
il trapianto di cellule staminali.
La tecnica classica del trapianto di cellule
emopoietiche, che consisteva nel
prelevare cellule midollari a un gemello
o a un familiare HLA-identico o al
paziente e nel reinfonderle dopo aver
sottoposto il ricevente a terapia di condizionamento
(radio-chemioterapia
ablativa) è stata nel tempo modificata
in relazione alla messa a punto di procedure
trapiantologiche che differiscono
per “sorgente” di cellule staminali
ematopoietiche (midollo, sangue periferico,
sangue cordonale), “donatore”
(familiare, non familiare) e manipolazione
delle cellule trapiantate.
Nel 2008, in Italia, sono stati effettuati
2.900 trapianti di cellule staminali
autologhe, in cui il “donatore” è il
paziente stesso e 1.450 trapianti allogenici,
in cui il donatore è un familiare
del paziente, più spesso un fratello/
sorella, o un individuo donatore
volontario. Infatti, uno dei più importanti
sviluppi nel campo dei trapianti
di cellule staminali è stato la creazione
di registri nazionali ed internazionali
dove vengono registrate le caratteristiche
dei donatori volontari. Tali banche
dati sono “in rete” fra loro e contengono
i dati di oltre 10 milioni di
persone. In Italia, oltre 320.000 individui
sono iscritti al registro nazionale.
L’impatto clinico di questi registri è
notevole, in quanto nell’ultimo anno,
in Italia, circa il 40% dei trapianti è
stato effettuato con cellule provenienti
da donatori spesso provenienti da
altri paesi.
Inoltre, la creazione di vere e proprie
banche di cellule staminali del cordone
ombelicale ha permesso di aumentare
in maniera significativa il “bacino”
di donatori non familiari. Già ora,
circa il 15% dei trapianti da donatore
sono effettuati con cellule cordonali.
Un altro problema è rappresentato dai
limiti di età entro i quali è possibile
effettuare il trapianto di cellule staminali
allogeniche. Tale limite è tuttora
intorno ai 50-55 anni, in quanto
pazienti più anziani presentano un’eccessiva
tossicità. Lo sviluppo di nuove
strategie terapeutiche ha permesso di
sperimentare l’uso delle cellule staminali
anche nei pazienti di oltre 60-65
anni, fascia d’età in cui l’incidenza dei
tumori è molto alta.
Particolare interesse ha suscitato, negli
ultimi anni, osservare che le cellule
staminali, in particolare le cellule staminali
mesenchimali, sono in grado,
non solo di sfuggire al rigetto quando
iniettate in un organismo genotipicamente
diverso, ma anche di modulare
la risposta immune nei pazienti in cui
vengono iniettate. Queste osservazioni
hanno condotto alla proposta di utilizzare
queste cellule in soggetti con
patologie autoimmuni o in pazienti
leucemici trapiantati ed a rischio rigetto
(Graft Versus Host Disease).
Le cellule staminali come “medicina
rigenerativa”
La prima ricerca è stata condotta con
la riparazione del muscolo scheletrico.
Successivamente, è stato dimostrato
che, trapiantando circa 2.000 cellule
staminali emopoietiche, si può rigenerare
una popolazione di cellule muscolari
cardiache ed endoteliali dopo un
severo danno ischemico conseguente
alla legatura di un’arteria coronaria. Il
concetto stesso di cellula staminale è
diventato “plastico”: le cellule staminali
possono agire non solo localmente
nei tessuti di residenza, ma anche
essere reclutate fuori dal sistema circolatorio
ed essere impegnate nella rigenerazione
di tessuti a distanza.
Un’ipotesi attraente, dato l’attuale
stato delle conoscenze, è che una cellula
staminale, più che essere un’entità
cellulare precisa è, più propriamente,
una funzione biologica che può essere
indotta in molti tipi cellulari, anche in
cellule differenziate.
Lo studio dei meccanismi fondamentali
cellulari e molecolari che controllano
il passaggio da uno stato di staminalità
ad uno stato differenziato
della cellula, consentirà di comprendere
meglio come queste cellule promuovano
la rigenerazione tissutale.
L’identificazione di alcuni geni, che
svolgono un ruolo importante nella
determinazione e nel mantenimento
della staminalità, consentirà di ingegnerizzarli
in cellule differenziate presenti
nei tessuti adulti, facendo loro
riacquistare caratteristiche staminali
ed in linea di principio, ottenere cellule
staminali a partire da cellule dei tessuti
di qualsiasi individuo.
Nel sito web dedicato dal governo
americano alla registrazione di tutti gli
studi clinici (www.clinicaltrials.gov)
sono elencati oltre 100 studi che
riguardano l’uso delle cellule staminali
emopoietiche per rigenerare tessuti
diversi da quello di origine, il midollo
osseo. Pertanto, lo sviluppo continuo
della ricerca sulle cellule staminali
continuerà a fornire nel futuro nuovi
spunti terapeutici per i tumori, le
malattie degenerative e la riparazione
dei tessuti danneggiati.
Sicuramente nei prossimi anni saremo
partecipi all’enorme sviluppo nella
ricerca clinica di base ed applicativa
delle cellule staminali.