Il materiale ceramico nato anticamente nelle botteghe
artigiane è approdato nelle sale operatorie, passando
attraverso il laboratorio dell’Istituto di Scienze e
Tecnologie dei Materiali Ceramici (ISTEC) del Consiglio
Nazionale delle Ricerche e l’impresa spin off di ricerca
Finceramica, ad elevata tecnologia, entrambe con sede a
Faenza. Da questo processo virtuoso ricerca-trasferimento-
innovazione sono scaturiti materiali porosi che ricalcano
perfettamente la struttura e la funzione del tessuto
osseo spongioso naturale. Un materiale ceramico che nei
laboratori dell’Istituto di Scienze e Tecnologie dei
Materiali Ceramici (ISTEC) del Cnr diventa biointegrabile,
permettendo di sanare le fratture ossee e di sostituire
porzioni di cranio e di ossa lunghe.
Labiomedicina ha nuovi alleati.
Ossa di ceramica prodotte in laboratorio e biointegrabili
con il corpo umano. E’ il risultato ambizioso dell’Istituto
di scienza e tecnologie dei materiali ceramici (ISTEC)
del Cnr di Faenza che ha trasformato l’antica ‘arte’ in
alta tecnologia, i cui sviluppi rappresentano l’ultima
frontiera della medicina.
Il
composto poroso ottenuto ricalca perfettamente, mimandola,
la componente minerale dell’osso, in particolare il tessuto
spongioso, dove avviene la rigenerazione delle cellule
ossee in caso di fratture, traumi e/o malattie che comportino
la necessità di processi rigenerativo - riparativi.
Il passaggio del materiale innovativo dai laboratori all’applicazione
nelle sale operatorie è stato reso possibile grazie ad
un’impresa spin-off della ricerca, Finceramica, che ha
ottenuto la certificazione Europea per impiantare la ceramica
high tech sui pazienti. Tant’è che il composto è già distribuito
dalla Codman di Johnson & Johnson, per l’utilizzo in campo
neurochirurgico; nel caso di traumi cranici l’opercolo
asportato dal chirurgo difficilmente può essere riutilizzato
per chiudere il difetto poiché subisce un processo di
riassorbimento tale da non consentire più una perfetta
chiusura del foro.
Fino ad oggi si è ricorsi pertanto all’utilizzo di resine
acriliche responsabili non solo del rigetto nel 25% dei
casi, ma anche della necrosi delle cellule cerebrali a
contatto diretto. Ora invece il chirurgo può inviare la
tac del cranio con il difetto da riparare a Finceramica,
che, su questa immagine tridimensionale costruisce il
“pezzo osseo” custom made, ossia fatto su misura, perfettamente
compatibile con incidenza di rigetto uguale a zero.
Il passo successivo è stato quello di ingegnerizzare la
struttura ossea nella sua complessività, comprendente
l’elemento minerale e quello proteico naturale (il collagene).
Lo studio è oggetto di un progetto attivato nell’ambito
del sesto programma quadro dell’Unione Europea.
Gli sforzi sono indirizzati a coltivare questi impianti
artificiali insieme con cellule staminali del paziente
stesso in un bioreattore, così da originare un osso "quasi
autologo", cioè personalizzato, sfruttando la capacità
dei materiali di laboratorio di indurre una differenziazione
cellulare in grado di riparare anche contemporaneamente
più tessuti come nel caso dei siti articolari dove occorre
ripristinare la cartilagine e, nei casi gravi, anche l’osso.
Importanti risultati emergono anche sul fronte del "drug
delivery" poiché questi materiali, oltre a svolgere la
loro primaria funzione di rigenerazione ossea, sono in
grado di fissare o rilasciare in modo mirato farmaci antibiotici,
antitumorali e fattori di crescita a seconda della richiesta
terapeutica o fungere da carrier virali per la terapia
genica.
L’obiettivo principale è quello di rendere disponibili
per i pazienti soluzioni terapeutiche sempre più innovative,
validate attraverso metodologie e risultati condivisi
dai soggetti coinvolti nella sperimentazione clinica.
Si propongono in questo modo nuovi standards e linee guida
per un buon governo dell’innovazione.
Le
fasi della ricerca ::..
Negli ultimi anni la richiesta di impianti per sostituzione
ossea sta aumentando progressivamente in particolare nei
settori ortopedico, dentale, maxillo facciale e neurochirurgico.
Tutte queste discipline hanno la necessità di sostituire
osso mancante e di stimolare la rigenerazione ossea. Per
far fronte a queste esigenze, grazie a nuove conoscenze
e ad un innovativo approccio multidisciplinare, sono stati
studiati e progettati materiali biocompatibili e bioattivi
a base di composti calcio fosfatici che ricalcano la componente
minerale dell’osso umano.
I materiali di prima generazione hanno subito rivelato
i loro limiti, essendo prevalentemente costituiti da fasi
pure perfettamente stechiometriche e, come effetto rebound,
si è sviluppata una opinione negativa su vari composti
calcio-fosfatici il cui capostipite è l’idrossiapatite.
L’aumento della conoscenza ha portato ad una migliore
definizione della reale composizione del tessuto osseo
naturale inteso come sistema dinamico di più componenti
interagenti in un ambiente anch’esso complesso e, quindi,
della funzionalità dei gruppi attivi in essi contenuti.
Associando a tali conoscenze in un primo tempo esigenze
relative al comportamento fisico-meccanico e, in un secondo
tempo, una visione completa del dispositivo nel suo proprio
contesto fisiologico, è sorto il termine di biomimetico.
Oggi l’interesse si è spostato gradualmente dai materiali
bioattivi osteoinduttori a quelli osteoconduttori fino
ai bioassorbibili perfettamente biointegrabili e a questo
proposito come accennato sopra l’interesse si è spostato
verso le apatiti non stechiometriche e variamente sostituite
che mimano quelle naturali. Un attento esame della stechiometria
dell’apatite presente nel tessuto osseo umano ha messo
in luce la presenza di sostituenti anionici (droganti)
come il gruppo HPO4 2- o CO3 2- e cationici come Mg++,
Na+. Questi sostituenti presenti in concentrazioni tali
da non modificare la struttura cristallina dell’apatite
(se non piccole variazioni dimensionali dei parametri
di cella) ne alterano però drasticamente la solubilità
e quindi la bioriassorbibilità. Ottimizzata la stechiometria
in modo da mimare quanto più possibile quella dell’osso
umano si passa alla progettazione della forma più adatta
del sostituto osseo.
I granulati sono molto utilizzati come riempitivi ossei
grazie alla loro estrema versatilità, tuttavia non sono
adatti in interventi ricostruttivi dove sono necessarie
funzioni strutturali. In questo senso si sono rivelati
estremamente promettenti impianti realizzati con apatiti
porose; la porosità che può variare da una microporosità
< 1µm fino ad una macroporosità 400 µm deve simulare
la morfologia dell’osso spongioso e viene realizzata con
tecnologie differenti ciascuna delle quali privilegia
una determinata caratteristica: dimensione e forma del
poro, distribuzione porosimetrica, fattore di interconnessione,
etc.. Una delle metodologie per la produzione di ceramici
porosi che meglio riproduce la morfologia e tessitura
dell’osso spongioso è quella che prevede l’impregnazione
di spugne cellulosiche con sospensioni acquose di apatiti
biomimetiche (HA). Modificando le caratteristiche delle
polveri di HA e la reologia delle sospensioni è possibile
variare la dimensione e distribuzione porosimetrica del
ceramico in un range piuttosto ampio.
Il passo successivo alla preparazione dei ceramici porosi
è la scelta di una componente organica che può essere
naturale o di sintesi, con la quale rivestire e/o impregnare
il poroso stesso. Il materiale progettato per sostituire
il tessuto osseo diventa così un composito (fase inorganica/fase
organica) dove la componente organica può avere molteplici
funzioni: impartire una più alta elasticità all’impianto,
impedire la fuoriuscita di debrise durante le fasi implantari,
favorire la crescita cellulare come terreno di coltura
e infine fungere da riserva di molecole che possono venire
rilasciate nell’ambiente circostante.
L’impianto progettato sviluppa così anche le funzioni
di drug delivery potendo rilasciare sostanze con azione
farmacologica o fattori di crescita per la stimolazione
delle cellule ossee che lo devono abitare.
Questi compositi, ottenuti unendo la componente inorganica
ad una organica, tuttavia differiscono sostanzialmente
dal tessuto naturale per la mancanza di una reale interazione
tra le due componenti: interazione che modifica le caratteristiche
intrinseche dei singoli componenti stessi.
Per questo sono state progettate nuove metodologie di
sintesi, che sono state denominate “biologicamente ispirate”
le quali sfruttano la capacità dei sistemi biologici di
immagazzinare e trasferire informazioni a livello molecolare.
Utilizzando questo approccio sono stati preparati compositi
bioibridi a base di collageno ed idrossiapatite (HA) realizzati
nucleando direttamente nanocristalli di HA su fibre auto-assemblanti
di collageno. I compositi così ottenuti sono perfettamente
conformi ai tessuti naturali mineralizzati (osso) presentando
la fase minerale nanostrutturata con morfologia aghiforme,
ed orientamento dei cristallini di HA con l’asse di simmetria
senaria parallelo all’asse lungo della fibra di collageno.
CASO
1 ::.. Il paziente è un uomo di 38 anni
che nel 2000 subì un grave trauma cranico
da incidente stradale.
A causa dell’esteso difetto osseo, gli venne
proposto il dispositivo su misura in idrossiapatite
porosa, CustomBONE Service di Finceramica.
Dalla TAC tridimensionale, viene realizzato un modello
del cranio del paziente con la parte ossea mancante.
Su questo modello, viene progettato un prototipo
della protesi su misura in idrossiapatite.
Al controllo clinico e radiologico dopo circa 3
mesi il paziente ha recuperato una normale vita
e dalla TAC si confermava un ottimo risultato. (per
gentile concessione, Prof. Benericietti, Ospedale
Maggiore, Parma)
CASO
2::..
Il paziente, 42 anni, era affetto di una neoplasia
recidivata dopo trattamento inadeguato e protontherapia.
Per trattare questo paziente era necessaria una
resezione in blocco di 5 vertebre assieme alla massa
neoplastica e una parte della dura. Inoltre è
stato resezionato un segmento polmonare per adeguatezza
del margine oncologico.
Durante l’intervento, che ha impiegato più
di 18 ore totale, sono stati ricostruiti i corpi
vertebrali con l’utilizzo di idrossiapatitica
biomimetica studiata da ISTEC-CNR e prodotta e commercializzata
da Finceramica. Sono stati applicati sia ENGIpore,
idrossiapatite con elevata porosità, in forma
delle scaglie sia SINTlife, idrossiapatite arricchito
con magnesio, in forma di pasta.
Dopo l’intervento, il paziente soffriva di
paraplegia sensitivo-motoria ma già al controllo
a 3 mesi il paziente ha ripreso a camminare con
stampelle e dal controllo TAC, è stato visto
un rachide stabile.