Ambiente ed energia

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Celle solari innovative a base di nanotubi di carbonio

Tra i nanomateriali studiati per la progettazione di celle solari innovative ci sono i nanotubi di carbonio, scoperti nel 1991 da S. Iijima (Laboratori Nek, Giappone). Subito si sono rivelati come nanomateriali con caratteristiche chimico-fisiche straordinarie, molto promettenti per diversi tipi di applicazioni tecnologiche.



In una società globalizzata e industrializzata come la nostra, la domanda di energia è continuamente crescente e d’altro canto esiste la necessità di salvaguardare l’ambiente in cui viviamo. E’ sempre più necessario quindi cercare, sviluppare ed utilizzare energie alternative ecologicamente pulite e nello stesso tempo porre una maggiore attenzione al risparmio energetico. In questo scenario, l’energia da fonti rinnovabili (come ad es. l’eolica, l’idroelettrica, la geotermica e la solare) rappresenta la vera energia pulita. Tra queste, l’energia solare risulta la più praticabile su larga scala. Attualmente l’energia prodotta dalla luce del sole rimane meno dello 0,01% della domanda energetica globale. La radiazione solare sarebbe l’ideale per soddisfare la domanda prevista, ma è necessario sviluppare nuove tecnologie per raccogliere e trasformare la radiazione solare con maggiore efficienza energetica ed economica. La prima generazione di celle solari, basate sulla tecnologia del silicio, con efficienza intorno al 15% è attualmente in commercio.

Questi dispositivi soffrono di un alto costo di realizzazione e di installazione, che però il crescente utilizzo sta parzialmente abbattendo. La seconda generazione di celle solari è quella basata sui film semiconduttori policristallini a base di rame, indio, gallio e selenio, i cosiddetti CIGS, ma nonostante il notevole abbattimento dei costi, la loro efficienza energetica è ancora molto lontana da permettere di considerarle come un reale sostituto. Recentemente, l’avvento dei nanomateriali ha permesso di cominciare a sviluppare una terza generazione di celle solari che possono coniugare l’alta efficienza energetica ad un costo ragionevolmente ridotto. Nell'ultimo decennio, infatti, i nanomateriali, ovvero i materiali le cui dimensioni sono piccole quanto un milionesimo di millimetro, hanno visto un crescente interesse sia dal punto di vista della ricerca di base sia come elementi costitutivi per nuovi dispositivi tecnologici. Le celle solari di prima e seconda generazione convertono la luce in elettricità sfruttando l’effetto fotoelettrico che ha luogo all’interfaccia tra due semiconduttori. Ovvero, l’energia della luce viene assorbita da elettroni nella banda di valenza che vengono promossi nella banda energetica di conduzione (v. appendice), lasciando dei posti vuoti (le lacune: particelle con la stessa carica dell’elettrone ma con segno positivo) nella banda di valenza.

Le coppie elettrone-lacuna così formate, vengono separate all’interfaccia (giunzione) tra i due semiconduttori dove è presente un campo elettrostatico. Le cariche così separate fluiscono nel circuito e danno origine alla corrente elettrica, che viene generalmente detta fotocorrente, ossia corrente generata per effetto dell’illuminazione. Le celle di terza generazione utilizzano in genere un altro approccio. Esse si basano su un principio diverso, introdotto da Graetzel (da cui il nome della cella), molto simile alla fotosintesi clorofilliana in cui c’è una stretta relazione tra meccanismi chimici e fisici. La cella in questo caso è formata da due elettrodi immersi in un composto mediatore liquido o gelatinoso.

Uno dei due elettrodi è quello in cui è presente il materiale otticamente attivo. Nella tipica cella di Graetzel il materiale otticamente attivo è uno strato di colorante organico chimicamente legato alla superficie di uno strato di nanoparticelle di biossido di titanio (TiO2) interconnesse tra loro e depositate su un vetro trasparente e conduttore. Colpito dalla luce, il colorante l’assorbe e al suo interno si genera una coppia elettrone-lacuna; attraverso le nanoparticelle di TiO2 l’elettrone viene immesso nel circuito elettrico, mentre la lacuna viene trasferita dal colorante al composto mediatore che la trasporta fino al secondo elettrodo. In questo caso perciò l’assorbimento della luce e la generazione di corrente (ossia separazione delle coppie di cariche e introduzione di esse nel circuito elettrico) avvengono con l’ausilio di materiali diversi. Tra i nanomateriali studiati per la progettazione di celle solari innovative ci sono i nanotubi di carbonio. I nanotubi di carbonio sono stati scoperti nel 1991 da S. Iijima (Laboratori Nek, Giappone) e subito si sono rivelati come nanomateriali con caratteristiche chimicofisiche straordinarie, molto promettenti per diversi tipi di applicazioni tecnologiche. Essi si distinguono in nanotubi di carbonio a parete singola e a parete multipla. La forma dei primi è quella di un cilindro vuoto (tubo) la cui circonferenza di base ha un diametro dell’ordine del nanometro (un milionesimo di millimetro) e la cui lunghezza può variare dal micron (un millesimo di millimetro) fino al centimetro. Lo spessore della parete del tubo è quello di uno strato di atomi. Possiamo immaginare che il nanotubo si ottenga arrotolando uno strato monoatomico di atomi di carbonio (detto grafene o monostrato di grafite), disposti in modo da formare un reticolo esagonale, simile a quello osservabile negli alveari delle api. La sovrapposizione di tanti di questi strati forma la grafite, (usata ad esempio per fare la punta delle matite).

La grafite è un materiale che può condurre corrente elettrica con una certa facilità e proprio per questo non è in grado di generare fotocorrente. In un metallo infatti la coppia elettronelacuna formata per assorbimento di luce, si ricombina molto più velocemente che in un semiconduttore e quindi la probabilità di separare le cariche (che contribuiscono alla corrente elettrica) si riduce drasticamente.

A seconda del modo con cui avviene l’arrotolamento del monostrato di grafite i nanotubi possono comportarsi come semiconduttori o metalli. I nanotubi di carbonio a parete multipla sono un insieme di nanotubi a singola parete di diametro diverso, disposti l’uno concentricamente all’altro. Per anni si è ritenuto che i nanotubi di carbonio a parete multipla avessero un comportamento metallico, simile alla grafite. Il nostro lavoro di ricerca ha dimostrato che i nanotubi di carbonio a parete multipla possono essere usati come elementi otticamente attivi per generare corrente e hanno un’efficienza di conversione della luce in elettricità ben maggiore di quella dei nanotubi di carbonio a parete singola. La straordinarietà del risultato risiede nel fatto che, pur avendo questi materiali le caratteristiche di un metallo, essi non si comportano come un vero metallo (quale il rame, l’argento, ecc.) in quanto sono in grado di generare una fotocorrente se sollecitati dalla luce. La ragione potrebbe risiedere nel fatto che a causa della loro struttura nanometrica, il tempo di ricombinazione della coppia elettrone-lacuna è maggiore che in un metallo di dimensioni normali e conseguentemente aumenta la probabilità di separazione della coppia di cariche. Questi studi sono stati eseguiti apportando variazioni sia alla cella originale di Graetzel, sia nella progettazione delle celle solari convenzionali a base di silicio.

Schema tipologie costruzioni

Nel primo tipo di cella a differenza di quella originale di Graetzel, sono i nanotubi a riunire in sé la doppia azione del colorante e del biossido di titanio. Infatti essi assorbono luce e agiscono come conduttori per gli elettroni fino all’elettrodo e trasferiscono lacune alla sostanza mediatrice. Inoltre uno degli aspetti più interessanti di questo tipo di cella è che il massimo della fotocorrente si ottiene in un intervallo di lunghezze d’onda della luce che va dal violetto al vicino ultravioletto, dove le celle convenzionali a base di silicio sono meno efficienti. Questa scoperta è interessante in quanto promette di coprire, in tandem con altri elementi otticamente attivi, tutte le lunghezze d’onda della radiazione solare, aumentando così l’assorbimento totale e quindi l’efficienza della cella. Abbiamo anche messo in evidenza che depositando delle nanoparticelle metalliche di rame sulla superficie di questi nanotubi, riusciamo a raddoppiare l’efficienza di conversione della luce in corrente elettrica in tutto l’intervallo di lunghezza d’onda della luce visibile. Inoltre, sistemi di questo tipo possono essere realizzati a costo relativamente basso ed anche in strutture meno rigide e più versatili di quelle presenti attualmente in commercio. Riguardo al secondo tipo di cella, abbiamo realizzato dei prototipi da laboratorio più simili alle celle solari convenzionali, in cui uno dei due semiconduttori è il silicio, mentre l’altro materiale (semiconduttore o metallico) è costituito da nanotubi di carbonio. Nella cella i nanotubi possono essere utilizzati da soli o opportunamente decorati da molecole organiche o da nanoparticelle metalliche. L’efficienza di conversione luce-corrente fin qui osservata raggiunge il 10-15%. La principale funzione dei nanotubi in questo caso è quella di fornire un numero elevato di giunzioni, dove può avvenire la separazione delle cariche, con il silicio sottostante. L’efficienza di conversione della luce in corrente risulta chiaramente maggiore nel silicio che nei nanotubi, dando origine a un andamento dell’efficienza, in funzione della lunghezza d’onda della luce incidente, del tutto simile a quella del silicio. Utilizzare giunzioni di questo tipo silicio-nanotubi, potrebbe però abbattere notevolmente i costi di realizzazione delle celle solari, dato il costo relativamente basso di produzione dei nanotubi di carbonio. Questi studi preliminari, condotti per mettere in evidenza la capacità dei nanotubi di carbonio di contribuire alla generazione di fotocorrente in celle fotovoltaiche, potranno mostrare tutta la loro potenzialità attraverso una ingegnerizzazione dei dispositivi finora realizzati ed aprire nuove prospettive nel campo della conversione dell’energia solare in energia elettrica.

Appendice: Bande di valenza e bande di conduzione I materiali, naturali o sintetici, sono composti di atomi.
Le caratteristiche degli atomi (ad es. numero di elettroni) che li compongono e il tipo di disposizione di questi all’interno del materiale, danno origine a quella che viene detta la struttura del materiale e ne determinano il comportamento meccanico, elettronico, optoelettronico e magnetico. La classificazione dei materiali come metalli, semiconduttori e isolanti indica la loro capacità più o meno sviluppata di far passare una corrente elettrica. Ogni atomo è composto di un nucleo dotato di un certo numero di cariche positive (i protoni) e dello stesso numero di cariche negative (gli elettroni). Gli elettroni hanno massa quasi 2000 volte più piccola dei protoni, mentre il valore assoluto della loro carica è lo stesso. La meccanica quantistica ci dice che ci sono solo un certo numero di valori discreti dell’energia che gli elettroni possono acquisire. Via via che il numero degli atomi che formano il materiale aumenta, questi livelli energetici si avvicinano sempre di più, fino a unirsi in quelle che vengono dette bande di energia. Gli elettroni in un solido possono assumere solo i valori energetici presenti all’interno delle bande di energia. Quindi gli elettroni all’interno dei solidi non possono assumere certi valori d’energia. Si crea quello che viene detto il salto (gap) di energia tra le bande. Nei metalli gli elettroni più energetici occupano solo parzialmente la banda di energia più alta e si rendono di - sponibili alla conduzione elettrica. Invece nei semiconduttori e isolanti gli elettroni più energetici assumono tutte le energie disponibili all’interno di una banda (detta banda di valenza) mentre la banda di energie subito superiore (detta banda di conduzione) è vuota. L’ampiezza del salto energetico (gap di energia) tra queste due bande definisce il materiale come semiconduttore o come isolante. Se l’ampiezza dell’energia di gap è piccola, in modo tale che l’elettrone possa acquisire facilmente l’energia per passare nella banda di conduzione, il materiale è detto semiconduttore, altrimenti viene detto isolante.