ANGELI SENZA ALI

art6I volontari del NOPC di Firenze svolgono una straordinaria missione di solidarietà: sono i fattorini, i corrieri, gli “angeli senza ali” che portano fisicamente le sacche di midollo osseo dal donatore all’ammalato.
Di Viola Centi, Nucleo Operativo di Protezione Civile di Firenze

Sono diecimila gli ex ammalati di leucemia che sono stati sottoposti a trapianto di midollo osseo, persone che hanno ricevuto in dono una nuova vita. E quel dono, quella sacca piena di preziose cellule che ha permesso loro di ricominciare, di riprendere in mano le proprie passioni o le semplici abitudini quotidiane, quel dono, è passato dalle mani dei volontari del Nucleo Operativo di Protezione Civile di Firenze. Venticinque anni di viaggi, avventure, sacrifici, resistenza, che hanno aiutato i medici a salvare la vita a diecimila persone, dall’Australia alla Germania, dall’Italia all’America, dalla Cina all’Argentina. Giovani, ragazzi, madri, padri, nonni e bambini, che devono la propria vita a chi ha deciso di spendere il proprio tempo donando.

I volontari del NOPC di Firenze, in questo grande gesto di solidarietà, sono i fattorini, i corrieri, gli “angeli senza ali” - come furono definiti da un medico anni fa - sono coloro che portano fisicamente le sacche di midollo osseo dal donatore all’ammalato. Tutta questa storia inizia con Massimo Pieraccini, che nel 1993 fonda insieme alla sorella Patrizia, il Nucleo Operativo.

Oggi Massimo è il direttore del Nucleo, ma la carica non lo ha mai fermato dall’essere in prima fila nei trasporti. Fu mentre trasportava organi solidi in Toscana, dove il Nucleo tenne a battesimo quelli che oggi sono considerati i più importanti centri trapianto della Regione, e per qualche specialità anche d’Italia, che intuì la necessità di un’organizzazione di persone capaci di affrontare anche trasporti internazionali. Senza rendersi conto che questo lo avrebbe portato fino ai confini del mondo.

Solo nel corso del mese di maggio 2018 sono stati impegnati in ben 50 missioni, e in una settimana, sono state toccate contemporaneamente dai volontari Melbourne e Taiwan, Londra e Buenos Aires, USA e Madrid, anche Tel Aviv: il giro del mondo. Perché i ‘fratelli genetici’ sono ovunque: considerata l’alta compatibilità che deve esserci tra donatore e ricevente, il donatore può essere trovato in ogni parte del mondo, ed è per questa straordinaria mission che il NOPC effettua circa 500 viaggi all’anno.

Ma il traguardo delle diecimila vite salvate è arrivato da poco, intorno alla metà di ottobre.

Nella grande famiglia dei circa settanta volontari, una buona parte dei toscani sono fiorentini mentre un nutrito gruppo viene dalla provincia di Pisa, ma ci sono anche volontari a Novara, Bologna, Genova, Verona, Udine, Bolzano e ultimamente anche in Argentina e Francia.

Recentemente due donne, una in Francia e una in Argentina, hanno fortemente voluto essere parte di questa realtà.

Tra i volontari ci sono giovani studenti (la più piccola ha 23 anni) o pensionati, c’è l’ex impiegato di banca abituato a una vita sedentaria e ora invece sempre in viaggio, e pure alcuni militari in congedo, e anche qualcuno ancora in servizio. Chi ancora lavora, investe i pochi giorni di ferie che ha durante l’anno per andare in missione, grazie anche alle famiglie che condividono l’ideale e li sostengono in caso di partenza. Ci sono alcuni volontari sempre con la valigia pronta, perché può capitare che arrivino richieste anche da un giorno all’altro, all’ultimo minuto; ma, come dice con orgoglio Massimo Pieraccini, al NOPC “Mai una missione rifiutata, mai una missione fallita”. “È ciò che di più dinamico, coinvolgente, appagante, che può esistere nel mondo - spiega Massimo.

Perché alla fine della missione, con le energie che ti restano, le ultime, ti senti vivo davvero e utile, hai appena salvato una vita”. Ognuno di quei diecimila viaggi è una storia a sé, è un’avventura personale e una vera corsa contro il tempo. Tra aerei, treni, autobus, taxi e metropolitane. Da quando la sacca con il prezioso dono è nelle mani del volontario, diventa ciò che di più caro ed importante ha al mondo, ciò che deve proteggere e salvare da qualunque cosa, soprattutto dagli imprevisti e dai ritardi, conservare con cura, a temperatura ideale e senza separarsene mai. Per questo, i volontari del NOPC, sono persone che hanno sì un grande senso di responsabilità, ma sono anche dotati di una grande capacità di adattamento, pazienza e meticolosità.

art6_bTutto viene organizzato dalla sede centrale di Firenze, dove Patrizia e Sabrina gestiscono tutta la parte organizzativa e di monitoraggio delle missioni in corso, aiutate occasionalmente anche da Marta, Viola, Chiara, Beatrice e re dedicano anche una parte di tempo a preparare i viaggi, le prenotazioni e tutto quel che serve per il trasporto, come allestire i box, sanificarli dopo ogni missione. Le cellule infatti vengono trasportate in box isotermici che contengono il necessario per proteggere e mantenere nel migliore dei modi il materiale biologico generosamente donato. Patrizia e Sabrina seguono costantemente l’andamento delle missioni, anche di notte, perché in caso di cancellazioni di voli aerei, maltempo, ritardi, ci sono da cercare soluzioni per far arrivare le cellule a destinazione, con il minor ritardo possibile.

Ci sono due viaggi di cui Massimo ricorda la particolare apprensione: “Da Richmond, in Virginia, quando dovemmo anticipare di un giorno e riorganizzare tutto per l’arrivo di un uragano. Sono passati anni, ma fu un davvero un’impresa – ricorda Massimo. E un altro, in cui mi sentii veramente gli occhi del mondo addosso, nonostante il tragitto non fosse dei più impegnativi.

Dovevo portare il midollo a Madrid per un bimbo piccolo, e il padre, che era un giornalista piuttosto conosciuto in Spagna, aveva creato una pagina Facebook che contava cinquantamila contatti, per trovare una compatibilità per il figlio ammalato; tutti sapevano che il midollo stava arrivando, mi sentii sotto pressione”. Il NOPC, in questi 25 anni, ha costruito importanti collaborazioni con ospedali e centri trapianti di tutto il mondo, e da 10 anni lavora a strettissimo contatto con la fondazione Carreras che ha scelto il NOPC per effettuare quasi tutti i trasporti del prezioso “dono” destinato ad ammalati spagnoli.

E nel 2017 ha scelto Massimo Pieraccini come testimonial straniero per una campagna di sensibilizzazione per la donazione, realizzando con lui un video in cui racconta la sua mission.


Le storie dei volontari
Proprio i racconti, le avventure dei volontari e le ragioni per le quali hanno intrapreso questo lungo viaggio di solidarietà, sono un bello slogan per la donazione di midollo osseo. Come Georges Jean Marianelli, residente in provincia di Pisa, ma nato in Francia. Un alto signore distinto di 69 anni, oggi in pensione, ex manager della Piaggio, che per il Nucleo è arrivato fino in Cina dove era stato trovato l’unico donatore al mondo per un ragazzo ammalato di leucemia ricoverato in Argentina, e per il delicato trasporto è stato chiesto aiuto a questa realtà italiana.

La missione si è conclusa con successo, dopo un viaggio di circa trentasei ore, e il Nucleo si è confermato ancora una volta eccellenza nell’importante e delicata attività di logistica dei trapianti. “Fu un mio collega a coinvolgermi in questa avventura – spiega Georges - perché sapeva che non avevo problemi a viaggiare. Ho messo la mia esperienza lavorativa al servizio dell’associazione e della vita”. Ma oltre ai veterani, ci sono anche le nuove leve, come Adriana Lotcu, residente a Milano, 40 anni, nata in Romania, che nella vita è una store manager nel settore del lusso. viaggia per il NOPC da poco, perché aveva bisogno di qualcosa di buono: “Ogni giorno - spiega - vedo situazioni che non sono 'vita reale', questo mi riporta alla vita vera.

Il giorno precedente alla prima missione che dovevo fare, con destinazione Barcellona, morì mia zia, a cui ero molto legata, ma partii lo stesso. Era come se la vita di un perfetto sconosciuto potesse alleviare il dolore della morte per una persona che amavo. Consegnare una vita, aiutare qualcuno, fu l’emozione più bella. E la sera in hotel, piansi un’ora”. Nel 2018 è arrivata anche Julieta Cecilia Ricchezza, 45 anni, argentina, giornalista. “Avevo bisogno di dare qualcosa di me nella vita. Non era sufficiente aspettare di morire e donare gli organi o aspettare di essere compatibile con il midollo – racconta Julieta. Oltre ad essere iscritta al registro argentino dei donatori da anni, e promuovere la donazione, adesso posso sentirmi davvero utile. Al NOPC ho trovato quello che mi mancava. Sento che ho così tanto amore da dare che supera la sfera familiare e poter dare agli altri è formidabile.

La missione più commovente è stata quella con destinazione Santiago de Compostela. Portare il dono fino a lì, in un luogo così sacro e pieno di significati, è stato come un mio personale pellegrinaggio, la mia strada per Santiago, ma una strada diversa da quella dei pellegrini”.

Le storie dei volontari sono davvero tante, e scavando nel passato, i ‘pionieri’ ricordano missioni che hanno lasciato un bel ricordo. Come quella di Gabor Desideri (47 anni, buyer forneria-pasticceria per una catena di grande distribuzione) in Canada. “Il viaggio che ricordo con più emozione, è stato senz’altro il primo transoceanico con ritiro a Vancouver – spiega. L’inglese era di livello scolastico e mi sentivo un po’ insicuro e in ansia. Per mia fortuna i canadesi furono molto bravi a farmi sentire a mio agio.

art6_dRicordo benissimo una delle prime persone con cui parlai e alla quale dissi di parlare lentamente perché non parlavo benissimo inglese, che mi rispose sorridendo “non ti preoccupare, siamo in Canada, nessuno parla bene inglese!”.

Fu una risposta semplice e disarmante e affrontai il resto del viaggio con molta più leggerezza, pur sentendo un grande senso di responsabilità sulle mie spalle.

Fare il volontario per il NOPC mi provoca tante bellissime emozioni, mi fa conoscere persone, di cui tante belle nell’animo, luoghi, situazioni, storie, vicende personali. E mi fa crescere interiormente, mi sento realizzato perché ho trovato uno scopo nella vita: essere di aiuto ogni volta a qualcuno”.

Gabor è volontario da circa 20 anni, e quando viaggia porta sempre con sé un piccolo gadget della città di Firenze, un portachiavi o una calamita, che regala al centro prelievi e al centro trapianti, testimonianza dell’attaccamento alla propria terra e la volontà di essere ambasciatore delle sue belle qualità. “Ambasciatore della solidarietà della Provincia di Firenze nel mondo” è il titolo onorifico che i volontari del Nucleo hanno anche formalmente ricevuto nel 2015.

Le storie dei volontari sono state raccolte anche in un libro, intitolato “Vite per la Vita”, scritto da Massimo Pieraccini insieme alla giornalista Nadia Fondelli, edito da Tassinari nel 2016, tradotto anche in spagnolo. Nel libro si raccontano le avventure e le forti emozioni delle missioni del NOPC, con semplicità e con l’intento di contribuire anche a divulgare la cultura della donazione di midollo.

“Nonostante tante associazioni si dedichino a questa attività, come Admo e Avis - spiega Massimo - ancora non si sa per esempio, che da qualche anno c’è anche una procedura che è molto meno invasiva rispetto al passato, o che non si può più iscriversi al registro dei donatori dopo i 35 anni”.

art6_dUn grande passo avanti nella divulgazione della cultura della donazione di midollo osseo fu fatto grazie a Fabrizio Frizzi, che divenne testimonial di Admo dopo aver egli stesso donato il proprio midollo a una bambina, Valeria.

Oggi, quella bambina, dopo anni da quella operazione che le ha ridato la vita, si è anche sposata.

Tutto grazie a un semplice gesto di solidarietà, perché - come ama dire Massimo Pieraccini - “Si diventa solidi solo se si è solidali!”.



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