LA NOSTRA MIGLIORE RICERCA

art2Lo European Brain Research Institute (EBRI) è un Istituto di Ricerca Internazionale fondato da Rita Levi-Montalcini nel 2005, per condurre ricerche di avanguardia nel campo delle neuroscienze, promuovendo l’applicazione clinica traslazionale dei risultati ottenuti.
Di Antonino Cattaneo e Enrico Cherubini, European Brain Research Institute (EBRI), Fondazione Rita Levi-Montalcini

Secondo la visione della sua Fondatrice, Rita Levi-Montalcini, l’EBRI ha l’obiettivo di studiare le funzioni cerebrali superiori quali apprendimento, memoria, emozioni e di comprendere i meccanismi molecolari e cellulari alla base di condizioni patologiche di estrema rilevanza sociale quali il morbo di Alzheimer ed altre malattie neurodegenerative e di malattie neurologiche come epilessia e dolore cronico. Inoltre, l’EBRI è attivamente coinvolto nello studio dei meccanismi che sottendono i disturbi dello spettro autistico. La Fondazione è strutturata in piattaforme tecnologiche centralizzate e dieci gruppi di ricerca indipendenti che utilizzano un approccio multidisciplinare e tecniche avanzate di genomica, biologia molecolare, elettrofisiologia, imaging ad alta risoluzione, optogenetica, comportamento e scienze computazionali per affrontare lo studio di un sistema complesso come il cervello.

All’EBRI afferiscono circa una sessantina tra ricercatori, tesisti, studenti di PhD, Post Doc e visitatori. La Fondazione si prefigge di facilitare il rientro di giovani ricercatori qualificati che hanno completato all’estero la loro formazione, dando loro l’opportunità di svolgere in modo indipendente le loro ricerche.

L’ambiente scientifico ricco e competitivo, l’interazione con prestigiosi Istituti di Ricerca sia nazionali sia internazionali, le risorse disponibili in termini di Facilities, strumentazione e know-how, sono tutti fattori che contribuiscono all’eccellenza e al successo. In conformità ai migliori standards internazionali, l’EBRI si avvale di un Comitato Scientifico di altissimo livello, che dà il suo parere sullo svolgimento delle attività di ricerca in corso, sui progetti futuri e sul reclutamento di nuovi ricercatori. A tredici anni dalla sua costituzione, l’EBRI è divenuto un punto di riferimento nazionale e internazionale nel campo delle Neuroscienze, ottenendo numerosi e significativi risultati scientifici. Nel corso degli anni, l’Istituto si è aggiudicato finanziamenti per progetti di ricerca competitivi, da parte della Comunità Europea (ERC, Cooperation, Marie Curie, FP7 ed Horizon 2020), dell’American Alzheimer’s Association, dell’UK Alzheimer’s Association, dell’Armenise-Harvard Foundation, e di altre agenzie Internazionali e Nazionali (MIUR, Telethon, Associazione Italiana Sclerosi Multipla, ARISLA, Regione Lazio, etc). Il progetto PAINCAGE (7th Framework Program), appena concluso, ha coinvolto nove partners europei provenienti da sei paesi, accomunati dall’obiettivo di identificare nuovi bersagli terapeutici per il dolore cronico. Il progetto MADIA (Horizon 2020), tutt’ora in corso, coinvolge dieci partners provenienti da cinque paesi ed ha l’obiettivo di identificare biomarcatori per la diagnosi precoce di malattie neurodegenerative.

art2_aInoltre, l’EBRI è entrato a far parte mediante competizione internazionale del “Flagship” Human Brain Project (HBP), che è tra le iniziative più impegnative intraprese negli ultimi anni dalla Comunità Europea con lo scopo di creare il più grande complesso sperimentale e tecnologico al mondo, per lo studio e l’approfondimento del cervello umano, della sua struttura e del suo funzionamento. Le ricerche portate avanti all’EBRI, hanno suscitato interesse da parte dell’industria farmaceutica e biotecnologica sia a livello nazionale sia Internazionale. Nel 2017, l’EBRI si è trasferito in una nuova sede presso l’Università La Sapienza, in un edificio completamente ristrutturato dell’ex complesso Regina Elena. Questa ricollocazione facilita il contatto con gli studenti e l’integrazione con altri gruppi di ricerca presenti nei numerosi Dipartimenti e Cliniche Universitarie del campus, e altre istituzioni quali l’Istituto Superiore di Sanità, il CNR, l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) con cui sono state stabilite collaborazioni strategiche. L’EBRI si propone di agire come catalizzatore delle attività dei ricercatori che già operano nel campo, contribuendo alla realizzazione di un Polo Romano di Neuroscienze che abbia una maggiore massa critica e visibilità.

Uno dei fili conduttori dei programmi scientifici dell’EBRI riguarda la malattia di Alzheimer, che colpisce in Italia oltre mezzo milione di persone, con costi umani e sociali elevatissimi. Nonostante massicci investimenti da parte di istituzioni pubbliche e private negli ultimi decenni, non abbiamo ancora una cura per questa devastante malattia, né criteri per effettuare una diagnosi precoce.

La sperimentazione clinica di nuovi candidati farmaci è costellata da insuccessi. Si ritiene che a causa di questi fallimenti la grande industria internazionale si stia ritirando dallo sviluppo di nuovi farmaci per l’Alzheimer.

La sfida è ora in mano alla ricerca. EBRI ha raccolto questa sfida ed ha formulato un programma Alzheimer con l’obiettivo di affrontare lo studio di questa malattia neurodegenerativa a molteplici livelli: individuazione di biomarcatori precoci; individuazione di nuovi bersagli terapeutici; sviluppo di farmaci biologici innovativi che possano essere portati alla sperimentazione clinica. Sono stati sviluppati biomarcatori innovativi basati sulla misura, con anticorpi ricombinanti, di proNGF/ NGF, di oligomeri del peptide Aβ e di un frammento della proteina Tau in campioni di fluido cerebro-spinale ottenuti da pazienti affetti da malattia di Alzheimer. EBRI ha sviluppato anche anticorpi ricombinanti capaci di silenziare selettivamente determinate proteine in diversi compartimenti subcellulari delle cellule nervose. Questo approccio è stato utilizzato per creare un modello transgenico in cui l’interferenza selettiva con la proteina Nerve Growth Factor nel cervello adulto altera i rapporti tra NGF e il suo precursore pro-NGF, determinando un fenotipo neurodegenerativo progressivo che riassume in maniera globale la maggior parte delle principali caratteristiche della malattia di Alzheimer.

Questo sbilanciamento proNGF/NGF è stato riscontrato anche nel cervello di pazienti Alzheimer. Pertanto, la somministrazione di NGF potrebbe contribuire in modo efficace alla cura della malattia di Alzheimer. Tuttavia, NGF ha una ben conosciuta attività algesica, che ne limita l’uso terapeutico. Prendendo spunto da una mutazione puntiforme nel gene che codifica l’NGF, presente in pazienti affetti da insensibilità congenita al dolore, i ricercatori dell’EBRI hanno ingegnerizzato una molecola di NGF detta “painless NGF”, che mantiene le proprietà neurotrofiche del NGF, ma non induce dolore.

I potenti effetti neuroprotettivi della nuova molecola painless NGF sono mediati da cellule della microglia, che sono state così validate come un nuovo bersaglio terapeutico per colpire la neurodegenerazione. Il painless NGF è attualmente oggetto di collaborazioni dell’EBRI con industrie farmaceutiche, verso la sua sperimentazione clinica sull’uomo. Utilizzando le proprie tecnologie sugli anticorpi ricombinanti, EBRI ha poi sviluppato anticorpi diretti contro oligomeri del peptide Aβ e contro un frammento della proteina Tau. L’uso di questi anticorpi in modelli murini di neurodegenerazione ha mostrato potenti effetti neuroprotettivi. È attualmente in corso la cosiddetta umanizzazione di questi anticorpi, che ne permetterà la sperimentazione sull’uomo.

La pipeline di nuovi composti terapeutici, che puntano a colpire la neurodegenerazione a vari livelli e con distinti meccanismi, pone l’EBRI in posizione molto competitiva nello scenario internazionale della Ricerca e Sviluppo nel campo della malattia di Alzheimer. L’EBRI è anche molto attivo nel campo del dolore cronico. Di particolare interesse è l’attività di ricerca relativa allo studio dei meccanismi che sottendono il dolore neuropatico, una forma di dolore cronico dovuto all’attivazione persistente dei circuiti nervosi del dolore con alterata risposta/plasticità degli stessi. L’uso combinato di tecniche elettrofisiologiche, farmacologiche, di immunofluorescenza e comportamentali vengono usate per studiare a livello della corteccia cingolata e somatosensoriale di un modello murino di dolore cronico (costrizione cronica del nervo sciatico), le modificazioni della trasmissione sinaptica eccitatoria ed inibitoria con particolare attenzione al coinvolgimento dei recettori dei cannabinoidi di tipo 1-2 come pure dei recettori vanilloidi di tipo 1 (TRPV1).

In particolare, è stato visto come il recettore-canale TRPV1 sia selettivamente espresso nel cervello sulle cellule della microglia dove svolge un ruolo chiave come sensore e modulatore dell’infiammazione. In caso di dolore cronico, il TRPV1 viene espresso anche nei neuroni piramidali della corteccia contribuendo in modo determinante a modificarne l’eccitabilità. Pertanto, il TRPV1 potrebbe essere utilizzato sia come target diagnostico sia come strumento terapeutico per patologie neuropsichiatriche con componente neuroinfiammatoria.

È noto come gli oppioidi siano poco efficaci nel trattamento del dolore cronico in quanto causano severi effetti collaterali. In questo campo, i ricercatori dell’EBRI hanno scoperto in modelli murini di dolore cronico un nuovo effetto analgesico a lungo termine. Nel corso del progetto europeo PAINCAGE è stato visto come l’azione analgesica di anticorpi diretti contro la proteina TrkA dura per oltre due mesi dopo l’ultima somministrazione, con un meccanismo d’azione che implica una modulazione epigenetica della trascrizione nei neuroni sensoriali. Questi risultati possono essere alla base di una nuova generazione di farmaci analgesici a lunga durata ideali per il trattamento del dolore cronico.

I circuiti neuronali vanno incontro a fenomeni di plasticità sinaptica dipendente dall’esperienza, considerati essere alla base dei processi di memoria e di apprendimento. Tali eventi presenti soprattutto nell’ippocampo vengono alterati in molte malattie neurologiche e psichiatriche. Recentemente, sono state sviluppate all’EBRI linee di ricerca atte ad identificare, mediante registrazioni elettrofisiologiche in vivo e test comportamentali, associati a stimolazione optogenetica e/o chemogenetica, i microcircuiti cerebrali coinvolti nella memoria sociale intesa come capacità di un individuo di riconoscerne uno della stessa specie. Questa forma di memoria è alterata in diverse condizioni patologiche inclusi i disturbi dello spettro autistico.

Inoltre, modelli murini di autismo vengono utilizzati per studiare i meccanismi coinvolti nella generazione dei ritmi cerebrali, ritenuti essenziali per le funzioni cognitive superiori.



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